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Buona vita un cazzo, Taroz!

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Non sopporto chi si occupa di cose che non conosce, quindi tranquillizzo subito gli amici baskettari: la mia “invasione di campo” è solo per rendere merito a una persona che stimo. Marco Tarozzi non è più l’addetto stampa (oggi si dice “uomo della comunicazione”, ma io sono vecchio e mi esprimo in arcaico…) della Virtus. Detta così, sembra una notizia della rubrica “Chi se ne frega”, invece è un fatto importante. Conosco Marco da parecchio tempo. Le nostre strade professionali si intrecciarono sul finire del secolo scorso: lui aveva un contratto fisso di collaborazione a Stadio e nessuna possibilità concreta di trasformarlo in contratto da redatttore, mentre io – assieme a Carlo Chiesa e con la benedizione di Marino Bartoletti – avevo dato vita a un’azienda che all’epoca inventò un mensile di grande successo, Calcio 2000, e volevo rinforzare la struttura redazionale. Lo contattai, gli chiesi la disponibilità a sottoporsi a una settimana di prova e ottenni la sua adesione. Doveva essere una settimana, la prova; a metà mattina – vedendolo lavorare – Carlo e io lo prendemmo da parte e gli dicemmo che se a lui andava bene, quello era il contratto e poteva riempire i cassetti della “sua” scrivania. Svolse il praticantato, andò a Roma a sostenere l’esame, diventò giornalista professionista. Lui dice di essermi grato di tutto questo, ma io oggi pubblicamente vi ripeto quello che gli dico da sempre: io non ho fatto altro che dare il giusto peso a quello che tutti potevano vedere, ovvero doti professionali (e umane: cazzo, ci sono pure quelle e contano!) fuori dal comune. Marco aveva (ha!) grande capacità di scrittura, in quello che scrive mette il cuore e il lettore se ne accorge. È anche bravo a fare gruppo, particolare importante perché la redazione di un giornale o l’ufficio stampa di un club non differiscono molto da una squadra. Insomma, Tarozzi ha qualità davvero importanti, poi alcuni accadimenti (una truffa, un fallimento, un ictus: tutta roba mia…) hanno fatto in modo che i nostri percorsi si distanziassero, ma la stima (reciproca, mi auguro) ha fatto da collante in questi ultimi anni. Non seguo il basket, non ho una squadra del cuore, però sapevo che la comunicazione della Virtus era in buone mani. Adesso Marco volta pagina: non so che cosa gli capiterà di fare (credo non lo sappia neanche lui), ma sono sicuro che lo farà bene. Confesso che mi dispiaceva saperlo alle dipendenze di due persone che non stimo, il dottor Zanetti e il dottor Baraldi: adesso, da “uomo libero”, tornerà a dare il meglio di sé. Quando era un mio… dipendente, tutti i giorni entrava in redazione sorridendo: «Buongiorno a tutti!», la sua esclamazione. E io, nascosto dal mio Mac, gli replicavo «Buongiorno un cazzo, Taroz, dai che abbiamo mille cose da fare!». Un modo, magari non raffinatissimo ma efficace, per dare la sveglia a tutti noi. Oggi, salutando i colleghi che seguono le vicende cestistiche, ha chiuso il suo messaggio con un laconico «Buona vita». Occasione ghiotta, per quanto mi riguarda: «Buona vita un cazzo, Taroz, muoviti che ci sono tante cose da fare!». E sono sicuro che le farai alla grande…

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