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31 Ottobre, il punto su Basket City. Piedi per terra, con fiducia

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Non si può non partire da quell’ultimo canestro sulla sirena. Con quel tiro Milos Teodosic entra ufficialmente nell’empireo virtussino, con il video che resterà per sempre nella rete. Non sarà il tiro da quattro, nemmeno la tripla nel derby di Dusan Vukcevic, ma, come certificato da Ezio Liporesi, storico per antonomasia delle vicende in bianconero, “mai un giocatore delle V nere aveva segnato un canestro vincente con così poco tempo a disposizione: un secondo e tre decimi”. Al di là del gesto tecnico da campione, resta comunque un dato incontrovertibile: la Segafredo di Sale Djordjevic ha un carattere pazzesco, che le sta consentendo di aggiustare situazioni apparentemente insanabili con una discreta ricorrenza. Ovvero, quello che non si vedeva più, in casa Virtus, da quasi un ventennio. Bisognerebbe peraltro interrogarsi sul perché di queste situazioni, visto che un altro dato, questa volta negativo, dice che la Virtus non riesce ancora ad “uccidere” la gara anche quando potrebbe, o dovrebbe. Non è questo il caso di ieri sera, perché col Monaco nessuno penso si aspettasse di poter dominare, ma in precedenza si sono avuti segnali di tal fatta lamentati dallo stesso coach virtussino. Insomma, i lavori sono ancora largamente in corso, come dimostra pure la latitanza di Delia dal parquet, che si aggiunge a quella dell’oggetto misterioso Stefan Nikolic (peraltro in campo i primi cinque minuti scarsi ieri sera con una discreta presenza). Nel frattempo l’attenzione rischia di spostarsi un po’ troppo sulla questione palasport, essenziale, certo, in ottica societaria, ma non vorremmo si replicassero le sgradevoli vicende edili/urbanistiche che caratterizzano da decenni il territorio emiliano, non esente dalle dilazioni di origine politico/burocratica tipiche del nostro paese in generale. Tornando alla questione tecnica, dopo aver salutato la vittoria di Brescia come momento molto importante nel prosieguo in campionato, perché tornare coi due punti da Brescia potrebbe significare tanto in prospettiva, mi concentrerei su alcune considerazioni: 1) la Virtus Segafredo è prima in solitaria in campionato, ma il calendario fin qui non la ha di certo danneggiata, giusto per spegnere prematuri esagerati entusiasmi dei tifosi; 2) come si alzerà l’asticella, il predominio sotto le plance potrebbe sparire. È vero che ieri mancava Weems, ma se Delia non fosse quello che tutti ci si aspetta potrebbero essere dolori, andando avanti, perché fin qui il controllo del pitturato è stato determinante, per i bianconeri, e già ieri sera sono suonati campanellini d’allarme. Non credo siano Hunter o Gamble il problema, ma un intimidatore in più in difesa per farli rifiatare senza conseguenze non sarebbe sgradito; 3) Pajola è ormai un fattore, in difesa, e anche in attacco sta facendo progressi considerevoli, Gaines pare invece entrato in un loop mentale che ne frena il rendimento, altalenante anche nella stessa gara, come ieri sera, eccellente per metà, poi come evaporato. Sono giocatori dai quali pretendere un’incisività chiaramente differente, entrambi però quasi imprescindibili per gli equilibri di squadra. Così è pure per Baldi Rossi, cui forse viene dato attualmente meno spazio di quanto potrebbe meritare: sa tutto Djordjevic, ma se lo si vorrà sempre pronto (grande tripla la sua ieri sera) nei momenti cruciali magari potrebbe essere utile coinvolgerlo maggiormente. A questo proposito, i pochi minuti giocati col doppio “4”, Ricci e Baldi Rossi, non sono andati poi male: un’altra freccia per talune emergenze nella faretra del coach? 4) La percentuale non eccellente nel tiro da tre invece ritengo sia solo un problema mentale, tanto che anche ieri le triple decisive sono entrate dopo i cross e le tabellate di inizio partita; lo stesso dicasi per i tiri liberi: tutto lavoro per Djordjevic e i suoi collaboratori, non del DS e delle sue competenze sul mercato. Per il resto, godiamoci la poesia della gestione della palla di Santeodosic e del suo compare Markovic: dovesse alla fine non vincere titoli, questa Virtus avrà comunque avuto il merito di aver riportato al proprio pubblico un grande basket, e trattandosi di piedistallo per un progetto con mire protratte nel tempo bisognerà non cedere alla tentazione di emettere sentenze definitive. Da parte di tutti.

In casa Fortitudo Pompea la situazione è inevitabilmente diversa, per certi aspetti più complicata. La F non è così forte come la classifica lascerebbe intendere, ma nemmeno così scarsa come sostengono alcuni detrattori. Fin qui le è andato quasi tutto bene, nonostante gli infortuni già pesanti registrati: il calendario è stato d’aiuto, la temporanea letargite di alcune avversarie pure, ma il fieno messo in cascina si rivelerà fondamentale nei momenti bui che prima o poi arriveranno. A gennaio la Fortitudo potrebbe avere già posto le basi di una sicura salvezza, potendo così guardare al campionato con altri occhi che non siano rivolti principalmente indietro. Prima, calma e sangue freddo, sperando di recuperare subito l’imprescindibile Leunen. A Roma la sconfitta si è esageratamente amplificata oltre i demeriti dei bolognesi, con Pistoia la vittoria ha assunto proporzioni maggiori delle differenze viste sul parquet. Martino però sta davvero dando l’impressione di avere tutto sotto controllo, condividendo il percorso con una società che ha lasciato per strada molti degli atteggiamenti un po’ folkloristici che ne hanno caratterizzato la storia recente. In campo, ci pensa sempre più Robertson, anche se il ritorno di Sims in attacco ha già dimostrato cosa possa rappresentare. L’incognita continua ad essere la difesa nei momenti di vera intensità di gioco, limite frequente nelle formazioni dove i senatori sono componente essenziale. La partita con Brescia, domenica, sarà un gran bel test, perché i lombardi rappresentano proprio il tipo di squadra che potrebbe dare problemi in questo senso. Meglio incontrarla al PalaDozza, in questa fase, certo, per il supporto morale garantito dalle tribune. Poi verrà la trasferta di Cremona, che oggi come oggi è un briciolo in crisi, quindi Milano in casa: trittico terribile, dal quale uscire con due punti sarebbe al limite del clamoroso. Fosse così sarebbe tanta roba; dovesse, la F, rimanere in bianco, potrebbe giovarsi dei punti in classifica raggranellati per non rischiare il panico. Quindi, piedi per terra, ma con fiducia, perché rimane comunque il fatto che quelle che almeno per ora bisogna ancora considerare avversarie dirette l’organico biancoblu se lo scordano.

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