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23 Gennaio, il punto su Basket City. Prove di entusiasmo e di equilibrio

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L’arrivo un po’ a sorpresa in casa Virtus Segafredo di Devyn Marble completa, presumibilmente, il roster delle V Nere di quest’anno, con buona pace di chi si aspettava questo o quell’altro giocatore ma probabilmente col tassello giusto per affrontare prima un febbraio di fuoco, poi un finale di stagione che potrebbe rivelarsi dispendiosissimo. Marble è quell’esterno che a detta di un po’ tutti mancava alla squadra: atletico, dotato di una buona tecnica che, al netto di una tenuta fisica ottimale, dovrebbe garantire una buona affidabilità al tiro e in difesa. Il “vero” cambio di Weems, insomma. Per la verità, a questo punto la formazione di Djordjevic si presenta con tutta una serie di opzioni che la rendono sempre più interessante, se continuerà a confermarsi l’adeguatezza delle seconde linee emersa nelle ultime giornate: intanto, bisogna capire che la distinzione dei ruoli fissi 1,2,3,4, e 5 è divenuta pressoché obsoleta sia per le caratteristiche degli atleti che per l’impostazione che dà al gioco il coach serbo. Giusto il 5 rimane lo storico centrone (Gamble, Hunter e Delia) che da un’infinità di tempo non si declinava, a Bologna, con tanta completezza e complementarietà di figure. Poi, una infinità di esterni da dividere in registi (Markovic, Teodosic, Pajola), e ali di varie dimensioni e propensioni, da Gaines a Cournooh, da Weems a Marble, da Ricci a Baldi Rossi. Questi i dodici per l’Eurocup, mentre in campionato torneranno necessariamente presenti Nikolic e Deri, per questioni regolamentari, escludendo due dei “forestieri”. La cosa più interessante comunque è la duttilità dei giocatori a disposizione, che consente a Djordjevic di immaginare quintetti “fantasiosi” con una sola costante, la notevole presenza fisica. Pensiamo a un quintetto Markovic, Gaines, Marble, Weems e Gamble: chili e centimetri da Eurolega, con Teodosic, Hunter e Delia in panchina! Forse, il rebus potrebbe rimanere la difesa su un’ala forte di grande stazza e atletismo, ma questo potrebbe chiamare in causa la dedizione dei “Pippi”, Ricci e Baldi Rossi, che peraltro possono garantire tanto anche in attacco, se in giornata, come dimostrato nelle ultime, ottime prestazioni. La moltiplicazione degli impegni, se tutto andrà come deve, dovrebbe garantire per tutti spazi adeguati, e qui si vedrà che “squadra” riuscirà ad essere questa Virtus che, non scordiamolo, resta peraltro un cantiere in corso. Non è questa la stagione prevista per la consacrazione, mancano di sicuro passi importanti per arrivare a chiudere il cerchio nel processo di crescita sia tecnico che societario, ma intanto il tifoso si stropiccia gli occhi, perché è da “inizio secolo” che non godeva di tanta roba.

Anche se, a dire il vero, l’urgenza, oggi come oggi, rimane un’altra, e si chiama Venezia. Guai a elevarsi da terra col pensiero, si rischiano cadute a precipizio. Sabato al Taliercio sarà dura, la Reyer non è solo quella che giochicchia con la Fortitudo, è soprattutto quella che ha due vinte e una persa in Eurocup, esattamente come la Segafredo. Si è già confermato all’andata, al PalaDozza, quanto possa essere pericolosa, e in casa ovviamente lo sarà ancora di più. Per cui, occorrerà detergersi dalle scorie trentine e concentrarsi sull’ennesima partita importante nell’evoluzione della stagione, predicando la necessità di continuare ad entrare nelle partite con la determinazione di questi tempi. Ad ottobre con la Reyer non è stato così e la sofferenza è stata enorme, ma bisognerebbe poi anche, come martedì a Trento, non appisolarsi una volta acquisito un vantaggio. Tutti elementi caratteriali da smussare, per questa squadra, che peraltro comincia ad avere una decisa identità di assoluta piacevolezza per il tifoso virtussino.  

In casa Fortitudo Pompea un po’ si leccano le ferite, un po’ si recrimina su situazioni di gioco discutibilmente arbitrate, un po’ si cercano di scacciare gli spettri della sfortuna giunti a sostituire gli angeli della buona sorta di inizio stagione. Una vittoria al Taliercio sarebbe stata più che un miracolo, una mezza catastrofe in casa orogranata. Importante, oggi, è che l’infermeria si sia svuotata: la gara di domenica contro Varese non è da ultima spiaggia, ma dovrà essere giocata come tale perché i lombardi sono la classica squadra che può far male alla Effe, si è visto anche troppo bene all’andata. Ora occorre equilibrio: esaurito il momento di euforia conseguente ai piccoli miracoli prenatalizi che hanno consegnato una partecipazione alle Final8 inizialmente insperata, si tratta di accettare la realtà dell’esigenza di garantire una salvezza matematica (di fatto, raggiungibilissima) e solo dopo pensare a qualcos’altro, raggiunto l’obiettivo primario e francamente più logico. Da un po’ girano voci di mercato, sentenze di bocciature, qualche folle ha adombrato alternanze in panchina. Antimo Martino a parer mio resta il primo eroe di questa Fortitudo Pompea che ha fatto rinascere un certo orgoglio nella tifoseria sempre e comunque innamorata. Taluni difetti del roster erano noti fin dall’inizio, ma sono anche commisurati alle capacità del budget a diposizione; ritengo condivisibile la scelta di prediligere una certa tecnica alla fisicità, che a tutt’oggi ha pagato nei momenti topici delle gare. Non sarebbero mai giunte le vittorie con Milano e Venezia, al contrario. Quello però è il passato, il presente è un ritorno nei ranghi che impone sudore e dedizione in palestra che forse prima della sberla pesarese si erano presi una vacanza. Probabilmente a questa Fortitudo servirebbe una chiusura temporanea dei social per garantirsi maggior concentrazione e serenità, ma l’altro vantaggio che ha è di essere formata da atleti di esperienza, con casi di assoluto spessore: armi non sempre sufficienti ma sempre imprescindibili per conseguire importanti obiettivi sportivi.

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