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6 Febbraio, il punto su Basket City. Nulla è perduto!

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Nulla è perduto. Questo vale per entrambe le formazioni di Basket City, più o meno improvvisamente risvegliatesi da un sogno, una che si credeva Cenerentola al ballo col principe ma ha scoperto che le favole sono tutta un’altra cosa, l’altra che ieri sera, con una sconfitta importante ma non decisiva, deve essere brava a non ingigantirne le conseguenze. Perché la partita persa in un finale infuocato col Partizan ha forse ridimensionato la Virtus negli occhi di chi la vedeva già pronta per chissà quali traguardi, ma in definitiva ha poi solo alzato l’asticella dell’impegno, costringendola ad andare assolutamente a vincere in Turchia per non vedere svanire l’obiettivo europeo, benché, anche avendo vinto, il risultato della prossima trasferta sarebbe stato in ogni caso determinante, con un rischio di eliminazione.

La Virtus Segafredo ha cominciato non nel modo migliore il tour de force di febbraio, gettando alle ortiche, se vogliamo, un risultato prestigioso quale sarebbe stato battere un Partizan che a me pare già squadra potenzialmente da Eurolega. Un nonnulla: un rimbalzo, o una persa di meno, o un fallo fischiato nell’ultimo, incandescente minuto, avrebbe magari ribaltato le cose e adesso si starebbe magnificando l’impresa. Invece, la sconfitta potrebbe in definitiva rivelarsi anche utile per correggere i difetti che la squadra non è così strano che abbia, a questo punto della sua costruzione. La Virtus attuale è composta di due campionissimi e un manipolo di bravi giocatori che si stanno affacciando ad una ribalta ove sperano, per ora, di diventare protagonisti, e purtroppo ci sta di aver toppato, in certa misura, una gara che ha fatto rivivere al PalaDozza fasti di decenni passati. Dopo un buon primo tempo, reso tale soprattutto, oltre che da una grande difesa, da una media al tiro da tre onestamente insperata, nel secondo alcune lacune a livello di mentalità, con un attacco meno prolifico, si sono evidenziate in una difesa incapace adesso di contenere più che la costruzione di gioco degli avversari alcune individualità, prima fra tutte Walden. Si potrebbe anche lamentare l’assenza di Gaines, in origine deputato principale al compito di difendere su quelli come lui, ma nel basket la difesa è prima di tutto questione collettiva, con aiuti e trappole che dovrebbero risolvere certi problemi, che è poi quello che sono riusciti a fare i serbi contro Markovic e Teodosic nell’ultimo, pesante quarto da 14-21, che ha ribaltato il primo finito 18-13. I parziali dei due centrali sono stati speculari: 29-22 il secondo, 21-28 il terzo. Troppi, certo, i 49 subiti in venti minuti, ma li è emersa la differente lucidità dei giocatori di Trinchieri che di per sé non è che abbiano chissà quale pedigree o palmares, rispetto ai bolognesi, ma intanto sono alla seconda stagione guidata dal coach italiano, sono alla seconda top16 di Eurocup e probabilmente sono più abituati, come squadra, a navigare in acque agonisticamente così accese.

Da domani cominciano le finali della Coppa Intercontinentale e per la Virtus ci sarà subito una prima occasione di “riscatto”, seppure io non creda che ce ne sia veramente bisogno. Non trovo del tutto giustificato stracciarsi le vesti prima di verdetti definitivi o anche lamentarsi di non aver ottenuto risultati in definitiva superiori a quelli fissati ad inizio stagione. Il buon andamento avuto sin qui ha spinto alcuni, anche in società, ad accelerare i tempi di realizzazione di un progetto che viceversa necessita di calma, metodo, serenità, per poter intervenire con lucidità sui problemi che inevitabilmente possono emergere via via. Dovesse vincere a Tenerife la Virtus avrebbe già giustificato buona parte della stagione, in caso contrario si passerà oltre con la consapevolezza che gli obiettivi principali sarebbero altri, tutti ancora perseguibili, se la squadra saprà continuare a crescere. Se non lo sarà, allora, sì, bisognerà intervenire con gli adeguati correttivi. Ma nel frattempo godiamoci la partecipazione ad una manifestazione che anche solo un anno or sono poteva apparire una chimera. Giacché, come scritto all’inizio, almeno per ora nulla è perduto. 

In casa Fortitudo Pompea è uguale, fatte le debite proporzioni. La stagione da neopromossa, a meno di non avere disponibilità finanziarie da sceicco, è fatta di pazienza per costruire le basi di un futuro migliore. Chi si è illuso che l’attuale roster potesse puntare a traguardi antistorici ha sbagliato di grosso, questa è una squadra fatta per salvarsi senza patemi, raccogliendo magari qualche soddisfazione, qua e là, come è lecito che sia per le neopromosse. Non ha insegnato niente l’anno del ritorno in A della Virtus? Eppure, forse accecati dalla necessità di un confronto costante coi “cugini”, la straordinarietà di alcune vittorie al PalaDozza ha lasciato comparire insani miraggi, purtroppo pare non solo tra i tifosi, per i quali è più naturale che succeda. Il campionato è ancora lungo, deprimersi ora per le sconfitte anche inopinate sarebbe solo autolesionistico, bisogna stare vicini a coach Martino e dimostrargli tutta la fiducia possibile, consapevoli del fatto che anche lui è poi un esordiente. E lo stesso vale per i giocatori, invece di metterli sulla graticola come in qualche caso si sta cominciando a fare. Non so se alla fine la Effe entrerà nei playoff, immagino invece che difficilmente proseguirà la propria avventura in Coppa Italia. Il suo compito principale peraltro resta quello di guardarsi alle spalle, raccogliendo tutto quello che è possibile lungo la strada, sfruttando innanzi tutto il vantaggio del PalaDozza. Poi, a salvezza matematicamente raggiunta, bisognerà pianificare le stagioni prossime, anche facendosi i conti in tasca. Arrivare ottavi o noni cambierebbe qualcosa? Giocare un paio di partite in più modificherebbe di così tanto il giudizio sulla stagione? Calma, quindi, e vietato deprimersi, perché almeno per ora proprio nulla è perduto, e così sarebbe anche in caso di un ulteriore malaugurato inciampo casalingo sabato sera contro la Virtus Roma.

 

 

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