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6 Marzo, il punto su Basket City. In alto i calici! (ma con moderazione)

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foto Darussafaka

 

 

È stato un po’ come se si fosse sciolto l’incantesimo. Come una bella addormentata nel bosco la Virtus Segafredo è riapparsa nella sua miglior forma, dopo tre settimane di stop assoluto, esibendo tutte le proprie qualità alla Stark Arena di Belgrado, il luogo simbolo del basket serbo, altro segno di un destino assai burlone, in questo periodo. Non si è trattato solo di una buona qualificazione ai playoff di Eurocup: la squadra di Djordjevic doveva allontanare spettri di ogni genere, dopo il crollo nervoso di febbraio, che a questo punto si conferma soprattutto di carattere fisico. Spremuti, stremati, quasi tutti i giocatori hanno pagato un tour de force appesantito da infortuni determinanti (primo fra tutti quello di Gaines) e la sosta “allungata” dall’emergenza sanitaria paradossalmente pare essere giunta come un toccasana. Ieri sera, peraltro, è emerso un altro dato: a livello di puro talento la Virtus ha un potenziale enorme, come dice aver segnato 106 punti a una difesa mostruosa, la stessa che aveva bloccato Brescia a 35 punti, fin qui attorno ai 70 punti di media subiti. Viene in verità da interrogarsi su quanto abbia contato giocare a porte chiuse, anche al di là del campo neutro. L’impressione è che il clima da “amichevole”, senza pubblico sugli spalti, possa essere stato di giovamento ad una formazione certamente umorale come questa Segafredo, conferendole particolare tranquillità. È un caso il 21/25 ai liberi di una squadra che fatica ad arrivare al 70%, di solito? Insomma, ieri ha vinto indubitabilmente la migliore, sul piano tecnico, ed ora inizia la seconda parte della stagione, quella veramente decisiva, con fasi finali di Eurocup (con prossimo avversario Monaco) e di campionato, lasciando delle coppe di inizio 2020 un ricordo malinconico ma non poi così negativo: una Intercontinentale persa in una finale quasi impossibile per mille ragioni, la Coppa Italia conquistata da primi e persa dopo un supplementare giocato in situazione tutta particolare. Un’altra bella notizia viene dal fatto che tutto il roster a disposizione delle Vu Nere ha risposto alla grande, garantendo una lunghezza di panchina davvero notevole (il solo Cournooh non è stato utilizzato, ma davanti aveva troppi compagni che hanno fatto faville); ottimi segnali sono venuti da un sempre più incisivo Pajola, da un Gaines decisamente ritrovato, da un Marble ancora un po’ “tenero” ma di grande efficacia, cosicché nessuno è dovuto stare in campo più dei 27 minuti di Ricci e di Weems, Markovic si è concesso il lusso di giocare meno di Pajola dovendo rimettersi da qualche acciacco, i tre centri si sono spartiti i minuti senza particolari cali di intensità, seppure Hunter abbia avuto qualche passaggio a vuoto.

Adesso però ci vuole della calma: la Virtus Segafredo deve rimanere quella degli obiettivi originari, se non si vuole rischiare di buttare tutto nel rusco, in attesa di risultati che potrebbero sorprendere, magari, a questo punto, più sul territorio nazionale che altrove, in particolare se a Milano riuscisse l’impresa di proseguire lo sfiancante viaggio in Eurolega. Tuttavia non è che ad ogni successo, per quanto esaltante, si debbano pretendere numeri da grande slam. La Virtus Segafredo sta ponendo le basi per garantirsi un futuro che rinnovi il proprio blasone, ma questo insistiamo a ripetere che potrà avvenire solo ponendo solide basi ad ogni livello, sia tecnico che societario. Questa società, sotto ogni aspetto, è ancora in fieri, e ne è consapevole: che lo siano anche i tifosi e i media in generale.

All’ombra delle Due Torri continua la propria corsa pure la Fortitudo Pompea, ultimamente caduta in una sorta di limbo, dopo gli entusiasmi della prima parte di stagione. Se certi successi andavano presi con il giusto criterio, non è che adesso ci si debba fasciare la testa più del necessario: quanto guadagnato fin qui è un bottino di tutto rispetto che dovrebbe permettere di mantenere una meritata serenità, a meno che non si vogliano compiere passi più lunghi della gamba. 22 punti in classifica garantiscono già quasi la salvezza, non essendo credibile che le formazioni a tutt’oggi dietro comincino a viaggiare con ritmi da playoff, anche se come di prammatica si stanno rafforzando per tentare il tutto per tutto. Inoltre, un paio di vittorie darebbero pressoché una certezza matematica. Quindi, forse si poteva cominciare a lavorare più sul futuro che sull’immediato, come si può dire sia stato sostituire Robertson con Dyson, quasi a tamponare un buco. Lasciando perdere le voci sulla questione finanziaria, di cosa potrebbe aver paura questa squadra? Della stanchezza fisica dei suoi veterani? Dyson sul piano delle potenzialità offensive è vero che dovrebbe garantire tanto, ma in difesa non è che sia proprio un mastino, e sotto questo aspetto non è che aggiunga granché. Se è stato preso per garantirsi l’accesso a un primo turno dei playoff ne sarebbe valsa la pena? Oppure si ritiene che questa squadra possa davvero procedere oltre, in campionato, con l’intenzione di scaldare gli animi dei tifosi, in prospettiva di eventuali “public company”? Confesso, a questo punto, di non capire bene dove voglia andare la Fortitudo, a meno che non sia davvero con l’acqua alla gola sul piano economico. In questo caso, giocare a porte chiuse diventerebbe un’altra iattura non da poco, ma come ha ripetuto anche ieri sera Djordjevic a Belgrado, “la salute è più importante di tutto”.

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