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Virtus Segafredo: la stagione 2019/20 è comunque da incorniciare

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È stata come un fulmine a ciel sereno l’interruzione della stagione per una Virtus Segafredo che quest’anno stava completando il proprio processo di ricostruzione di immagine sportiva, dopo tanti anni in cui le era effettivamente accaduto di tutto. Cominciato con intenzioni battagliere, è vero, perché l’investimento nel mercato estivo era stato di sicuro importante, l’anno per la Virtus nelle intenzioni iniziali forse doveva ancora rappresentare un momento interlocutorio nel riavvicinamento a certi livelli. Invece, l’inserimento di Teodosic in un meccanismo di notevole potenza fisica ma soprattutto già dosato sul piano della sagacia cestistica ha prodotto qualcosa di veramente considerevole, tale da giustificare la piazza pulita fatta di una squadra che in definitiva aveva riportato a casa un trionfo europeo, la scorsa stagione. Tanti hanno probabilmente sottovalutato quel trofeo, in Italia, poiché sostanzialmente neonato nella sua nuova formula; in verità, la Basketball Champions League ha riportato sulle Vu Nere gli occhi dell’Europa, riaccendendo una fiaccola spenta da quasi un ventennio, per cui non è stato poi così strano ritrovare i bolognesi nel circuito “nobile” della Euroleague Basketball, seppure sul gradino più basso dell’Eurocup. L’attenzione dei media era intanto giunta con l’arrivo di uno di quei giocatori che da anni pareva potersi permettere solo Milano, cui evidentemente cominciava a lanciarsi una sfida. Con l’incognita, tuttavia, di problemi fisici mica da ridere che consentivano di nutrire dubbi sulla validità dell’operazione. Qui è invece emersa la professionalità di una società che ha saputo rischiare ma fino ad un certo punto, sapendo di avere a disposizione un pool di specialisti che sa il fatto suo. Insomma, trascorse le prime fasi in cui trasparivano le potenzialità di una formazione a cui però pareva mancasse effettivamente qualcosa, nonostante Markovic avesse da subito messo in chiaro di sentirsi tutt’altro che in pensione e il resto della squadra avesse palesato qualità di primordine, la bella vittoria alla terza giornata di campionato contro Venezia con un Teodosic stellare è stata come l’annuncio di un ritorno sulle scene che un po’ tutti hanno immediatamente colto, tanto che le quotazioni della squadra di Alexandar Djordjevic si sono subito impennate. Da lì, in effetti, è cominciata una serie di vittorie sia in Italia che in Europa che l’hanno posta al vertice di entrambi i tornei e hanno reso relativamente amare le pochissime sconfitte, peraltro non prive di giustificazioni, a Cremona, Patrasso, Sassari e Andorra (tutte comunque in trasferta), prima della “settimana santa” di Natale con Fortitudo e Armani infilzate, nel nuovo grande palcoscenico dell’Arena Segafredo, con la determinazione del torero e una successiva maramalda trasferta trentina. L’anno solare si è pertanto chiuso con la Segafredo primissima in Italia (14 vinte, 2 perse) e nel suo girone europeo (8 vinte, 2 perse). Poi, la doccia fredda di Belgrado che ha insinuato i primi dubbi, accentuati a inizio febbraio dall’inopinata prima sconfitta casalinga coi serbi, da quella nella finale dell’Intercontinentale, da quella con Venezia, fin lì strabattuta, al supplementare in Coppa Italia. Viaggio finito? Tutt’altro: se in campionato la cavalcata non si era affatto interrotta, anche in Europa il colpo di coda della grande vittoria di Belgrado contro il Darussafaka rimetteva in linea di galleggiamento Santeodosic e compagni, pronti ad affrontare la sfida con Monaco senza alcun timore per le aspettative di rivincita dei monegaschi. Ci ha pensato un virus a frenare la Virtus, invece, e a questo punto è emerso di che pasta sia fatta la società. Nel marasma in cui sono precipitati Fip e Lega, incapaci di affrontare con razionalità la situazione, la Virtus si è distinta immediatamente nel tentare di reagire alla situazione con proposte operative interessanti, funzionali a non buttare alle ortiche non solo, o non tanto, un risultato sportivo, quanto piuttosto il mare di investimenti di un intero movimento. Sforzi vanificati da scelte quantomeno discutibili e pilatesche che hanno messo in archivio un sogno. Rimane da verificare quali saranno le scelte dell’Eurolega per la conclusione dei tornei continentali, attese per il 24 maggio, ma intanto non resta che guardare avanti e non fermarsi a leccare le ferite inferte da un destino un po’ beffardo. La Segafredo ha già ampiamente ribadito che l’ossatura della squadra resterà la medesima, avendo sotto contratto tutti gli uomini chiave e non solo quelli; certo, rinunciare a un Teodosic che ha letteralmente fatto strabuzzare gli occhi con i suoi tocchi d’artista, un Markovic che ha sorpreso per la concretezza, oltre che per la tecnica indiscutibile, un Weems che ha fatto innamorare di sé i tifosi per le doti umane, oltre che tecniche, un pacchetto di lunghi che ha quasi sempre dettato legge, un Ricci che è forse stata la sorpresa più grande, un Pajola che lo sarà sicuramente in futuro, ma anche un Baldi Rossi cresciuto tanto nel corso della stagione, sarebbe un mezzo delitto, considerata fra l’altro la solidità del gruppo che sembrerebbe essersi creata. L’AD Luca Baraldi, il DG Paolo Ronci hanno sotto questo aspetto dato rassicurazioni ai tifosi; oltre ai giovani che completavano il roster non è chiaro il futuro solo di Gaines e Cournooh, che pure il loro mattoncino lo hanno saputo porre con buona efficacia, e in dubbio potrebbe essere anche Delia. Ma ai tifosi non resta che fidarsi delle scelte di Djordjevic (il primo dei segreti di questi successi) e di una società che lo supporta con una competenza che potremmo definire d’altri tempi bolognesi, se non fosse che la nuova Virtus creata da Massimo Zanetti ha iniziato ad interagire col mondo intorno a sé come mai era successo in passato: iniziative con e per i tifosi, interazioni con le strutture che si occupano dei problemi sociali costituiscono un ampliamento di orizzonti per una società che pare aver chiaro che non è sufficiente vincere delle partite per sentirsi radicati sul territorio, mentre diviene sempre più concreto il progetto di una nuova Arena stabile alla Fiera di livello “europeo”. Ora la sfida si sposta sul terreno della politica sportiva, poiché la progettualità tecnica ha già dimostrato di esserci tutta. Oggi come oggi non si può certo fare a meno della realtà italiana, ma in un futuro auspicabilmente prossimo è in Europa che dovrebbe giocare le proprie carte una Virtus tornata senza velleitarismi ma con la solidità di un team di livello internazionale.

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