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Il compleanno di Ettore Zuccheri, una leggenda tra le V Nere

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Una delle leggende delle V nere: proveniente dal settore giovanile Ettore Zuccheri disputò 12 stagioni in prima squadra, attraversando tutti gli anni ’60, dalla stagione 1959/60 a quella 1970/71. Nessun titolo vinto, ma tanti campionati ai vertici e la conclusione della sua carriera vale quanto un trofeo: al termine di una stagione oltremodo tribolata le ultime gare di Zuccheri furono quelle degli spareggi a Cantù, nei quali la Virtus ottenne una sofferta salvezza ai danni di Biella e Livorno. Riavvolgendo il nastro si ritrovano gli anni delle giovanili: nel 1958/59, con la squadra juniores allenata da Beppe Lamberti, giunse quarto alle finali nazionali di Padova; nella stagione successiva, la stessa formazione salì di un gradino nelle finali di Milano. In quella stessa annata sportiva fece anche una presenza in prima squadra, contro la Libertas Livorno il 10 ottobre 1959, in una gara vinta dalle V nere 78-60. Nella stagione seguente qualche presenza in più e anche l’esordio in Coppa dei Campioni, che in quell’anno la Virtus disputò al posto del Simmenthal. Poi Zuccheri divenne una pedina fondamentale, specializza sempre di più le sue caratteristiche difensive, anche perché, per esempio, nella sua carriera agonistica con la V sul petto ha sempre come compagno Lombardi (a parte l’ultima quando Gianfranco passò in Fortitudo) che amava molto tirare e segnare, molto meno impegnarsi a difendere il proprio canestro. Questa propensione alla difesa, non impedì a Zuccheri di disputare una memorabile partita contro il Simmenthal, il 13 febbraio 1966. Si giocava la quindicesima giornata, i milanesi erano appaiati all’Ignis in testa alla classifica e lo sarebbero stati anche al termine del campionato, con lo spareggio vinto da Varese e lo scudetto verso Milano per la posizione irregolare del varesino Reggiani. Era il Simmenthal epico allenato da Rubini, un quintetto con Pieri, Riminucci, Vianello, Masini e Thoren, che in quella stagione vinse anche la Coppa dei Campioni; quel giorno a Bologna, però, non ci fu storia. Lombardi mise a segno 33 punti, ma il giocatore chiave fu proprio il numero sette bianconero che, oltre a marcare Pieri, mise a segno 18 punti, con un perfetto 9 su 9 al tiro. Fu un trionfo per la Candy: 90 a 68. Zuccheri giocò anche in nazionale, mettendo a segno 104 punti in 20 gare distribuite tra il 1963 e il 1965, quindici delle quali nel primo anno, con la partecipazione ai giochi del Mediterraneo di Napoli e a Campionati Europei. Nei primi, che ebbero luogo a settembre, Ettore portò a casa la medaglia d’oro, battendo la Spagna 97 a 91 nella finale disputata al Mario Argento. Solo un dodicesimo posto, invece, agli Europei in Polonia il mese successivo, ma nella gara contro Israele Ettore realizzò 15 punti, suo maggiore bottino azzurro. Zuccheri già mentre giocava si dedicava ad allenare i piccoli dei primi cesti, ma fu dopo l’abbandono dell’attività agonistica (aveva ripreso da un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio, ma il fisico non gli permetteva più l’atletismo di prima e, dopo quella sofferta salvezza smise relativamente giovane) che si dedicò pienamente al settore giovanile. L’inizio fu eclatante: subito lo scudetto Juniores nelle finali nazionali di Castelfranco Veneto. Era la Virtus dei Benelli e del figlio d’arte Stefano Ranuzzi, che avrebbero vinto con la Virtus la Coppa Italia nel 1974, dei Sacco e dei Martini, campioni d’Italia in bianconero nel 1976 e il secondo anche nel 1979 e 1980. Superato il girone con avversarie Napoli, Pescara e Gorizia, la squadra bolognese superò in semifinale la Forst Cantù dopo un supplementare per 94 a 85, con 41 punti di Sacco, poi in finale la Mobilquattro Milano 79 a 69, con 26 punti di Benelli e 22 di Sacco. L’anno dopo sfiorò il titolo cadetti con in squadra Bonamico e Valenti, che poi portarono alla Virtus, rispettivamente, due e quattro scudetti, oltre a qualche Coppa Italia; ma c’era anche un altro figlio d’arte, Andrea Rapini e quel Marco Sanguettoli, che sicuramente apprese da Zuccheri (oltre che dal padre Franco, a sua volta allenatore delle giovanili bianconere) molti trucchi del mestiere sui quali costruire una carriera di affermato allenatore dei giovani. Dopo una felice parentesi al Gira (dei Masini e dei Sacchetti), rientrò alla base: nella Sinudyne campione d’Italia si era liberato il posto di vice di Peterson, John McMillen era infatti andato ad allenare la Fortitudo, e allora fu Ettore a occuparlo. Era già il Professor Zuccheri, diplomato all’Isef, insegnante a scuola. Furono due stagioni di secondi posti in campionato, ma anche dell’esperienza in Coppa dei Campioni e in Coppa delle Coppe, quest’ultima persa per soli due punti nella finale di Milano. Partito Dan per andare ad allenare l’Olimpia, Zuccheri restò a fare il vice di Driscoll e furono due scudetti, mentre andò meno bene nelle coppe europee. Partito anche Driscoll, per Ettore si aprirono le porte della prima squadra. Purtroppo non c’era più Cosic in campo, giocatore considerato da Ettore il più grande straniero mai giunto in Italia. Il doppio impegno campionato – coppa è sempre impegnativo. Nella competizione nazionale dopo un’iniziale difficoltà, tre sconfitte nelle prime quattro gare, la squadra si riprese e con la vittoria di Torino dell’11 gennaio il record era di 15 vinte e 8 perse. Meglio erano andate le cose in Coppa dei Campioni. Vinto il girone eliminatorio a punteggio pieno con sei vittorie, le V nere iniziarono il girone finale con due grandi imprese: a Mosca e in casa con quel Maccabi che poi avrebbe vinto la Coppa proprio in finale contro la Sinudyne a Strasburgo. In totale otto vittorie in otto gare. In totale 23 vittorie e 8 sconfitte, 74,19% di partite vinte. Tuttavia i 36 punti di Villalta a Torino (mai Renato ha fatto meglio con le V nere in serie A) non bastarono a salvare la panchina di Ettore, il cui destino era già stato deciso. Fu l’accoppiata Renzo Ranuzzi – Nikolic a chiudere la stagione con due finali per una Virtus menomata da una serie sfortunatissima d’infortuni. Quando lascò la panchina delle V nere Ettore aveva solo 37 anni, ma già una carriera ricchissima di esperienze. Da allora ha continuato a dispensare la sua saggezza cestistica ai giovani (con cui ha svolto un lavoro lontano dalle luci della ribalta ma altrettanto importante) e a chiunque abbia il piacere di ascoltarlo e leggerlo.

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