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Djordjevic: questa Virtus scenderà sempre in campo con l’obiettivo di vincere ogni partita. Ma è anche importante per gli sportivi non chiudere gli occhi davanti ai problemi della società

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foto 1000 Cuori Rossoblu

 

 

Finalmente, dopo tanto tempo, Aleksandar Djordjevic ha potuto incontrare nuovamente la stampa per fare il punto sulla situazione e presentare la Supercoppa che vedrà la Virtus Segafredo domani esordire a Cremona. È stata peraltro l’occasione per affrontare pure altre questioni di scottante attualità, come i, problema del razzismo in USA e la forte posizione assunta dai giocatori NBA.

“Da un po’ era nei nostri pensieri ripartire con una conferenza stampa, per parlare di quello che abbiamo fatto e stiamo facendo” ha esordito. “Da parte di tutta la squadra c’è tantissima voglia di fare, di allenarsi, di ricostruire quello che eravamo riusciti a fare l’anno scorso. Ci sono giocatori nuovi, anche importanti, e lavoriamo sul sistema che potrebbe darci buoni risultati anche in questa stagione. Fisicamente tutti stanno rispondendo bene, anche Markovic e Weems si sono reinseriti bene sul piano fisico. I nostri fitoterapisti lavorano tanto perché ognuno abbia il proprio corpo pronto a quello che ci aspetta.

Ritengo che questa Supercoppa sia un buon progetto, anche se molto impegnativo; non tutte le squadre sono nelle medesime condizioni per affrontare l’impegno, per i tanti motivi che conosciamo, spero che il gioco non ne risenta troppo e che lo sforzo non sia esagerato, prima di cominciare un campionato che si presenta come molto interessante e ci permetterà di riprendere contatto con i nostri tifosi che ci seguono sempre con calore.

Le prime partite sono sempre fatte per abituarsi, nel nostro caso anche alle procedure con obblighi e divieti, ma presto tornerà tutto normale e comunque è così che bisognerà fare. Il mio dovere è fare di tutto perché al più presto torni tutto a posto”

 Vi siete ritrovati ad affrontare situazioni nuove. Qual è stata quella che ti ha messo più in difficoltà?

 “È ovviamente stato tutto nuovo; all’inizio ci siamo dovuti concentrare sui comportamenti stabiliti dalle nuove norme, poi abbiamo cominciato a lavorare sia sul fisico che sulla mente dei giocatori. Ora, invece, possiamo dirci del tutto presi dalla pallacanestro, dallo studio del nostro sistema, della tattica. I tempi sono stretti, questo forse è stato il primo dei pensieri, ma desso è tutto sott controllo. Constato grande entusiasmo in tutti, il che non era scontato, a questo punto. Lo sforzo che abbiamo fatto era stato grande, poteva ripercuotersi nella testa dei giocatori che per due terzi sono stati confermati”

  Rispetto all’anno scorso cosa è cambiato nella squadra?

 “Un po’ l’impatto fisico, poi credo nient’altro. Di diverso c’è che l’head coach è presente dal primo giorno, che forse è un male, visto come sono andate le cose la scorsa stagione. Ma spero di fare meno danni possibili.”

 Qual è l’obiettivo che si pone primariamente domani contro Cremona?

  “Mi aspetto di rivedere quello che vedo in palestra ogni giorno: unità, un salto mentale sul piano dell’umiltà, la voglia di riaffermarsi, perché la fame deve essere intatta e deve guidarci tutta la stagione. “

  Vorreste dunque vincere questa Supercoppa?

  “L’obiettivo nostro sarebbe quello di vincere ogni partita, come ho sempre detto ed è normale per chiunque scenda in campo. Finché sarò qua gli obiettivi saranno le finali e i titoli, ma chi non gioca con queste stesse finalità? Poi personalmente non avverto ancora il peso di questo torneo, è una cosa totalmente nuova piena di incognite, anche sulla presenza o meno dei tifosi. “

 Soddisfatto dell’approccio mentale dei nuovi?

 “Sono all’inizio. Non mi aspettavo meno di così, ma io mi aspetto sempre di più. Si sono presentati tutti con l’atteggiamento giusto e dopo aver già lavorato bene nelle settimane precedenti; solo Adams risente un po’ della quarantena che gli è stata imposta”

 Domani saranno tutti disponili?

  “Sì, tutti metteranno la maglietta, poi è chiaro che Weems e Markovic, soprattutto quest’ultimo, risentono ancora del ritardo nell’inserimento.”

 Il discorso si è poi spostato su quello che sta accadendo in NBA, al quale Djordjevic non si è sottratto, anzi.

 “Sono contento di poter parlare di questo. Prima di venire qua ho chiesto ai giocatori cosa ne pensino, e devo dire che sono abbastanza orgoglioso della maturità delle risposte che ho ricevuto anche dai più giovani. Sono molto colpito da quello che sta facendo la NBA, che come organizzazione ha dato la giusta possibilità sia ai giocatori che ai proprietari di esprimere il proprio pensiero. La NBA è un po’ la guida, nel nostro sport, è l’organismo che ha maggior peso nel mondo; le loro parole hanno molto peso. Nella mia opinione ogni vita ha valore assoluto, senza alcuna differenza. Nella mia carriera ho vissuto il problema del bombardamento, nel ’99, in Serbia, mentre giocavo a Barcellona le finali di coppa Korac. Dopo la finale la mia società mi permise di mandare una comunicazione pubblica, poi io e Gurovic decidemmo di giocare senza nome sulle magliette per mandare un messaggio. Ora devo anche dire che va bene fermarsi un momento per creare, attraverso lo shock, un’attenzione particolare, poi però bisogna tornare in campo perché è solo grazie alla nostra professione che possiamo trasmettere questi messaggi. Sono perciò perché si torni poi sul campo, visto che è attraverso la nostra attività sportiva che ci siamo creati credibilità e seguito da parte della gente, quindi potremo rendere efficaci il nostro messaggio. Da giocatore ho vissuto l’embargo triennale contro la Serbia, esclusa da tutte le competizioni FIBA, in questo modo cancellando la nostra voce. Se ci viene tolta, perdiamo rappresentatività e rimaniamo semplici singoli con delle idee, cioè figure con molta meno forza di quanto può avere un movimento di successo. Certo le difficoltà generate in questo periodo ha prodotto una escalation di razzismo che non ci si poteva forse aspettare in un paese storicamente democratico, anche se il problema del razzismo è sempre presente. La NBA, con una così alta percentuale di giocatori afroamericani, ha sul piano mediatico molta influenza sul sociale, probabilmente potrebbe influenzare anche il voto politico, e quindi è importante che tutti coloro che possono dare esempi positivi si adoperino in tale direzione.

 Una cosa bella è che la NBA ha tanti giocatori non americani: a questi tutto ciò sia di insegnamento per poi portare anche presso di noi queste idee sulla partecipazione pure degli sportivi riguardo alle problematiche sociali.”

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