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12 Novembre, il punto su Basket City. L’effetto miracoloso della vittoria

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photo Lokomotiv - Fedor Aebor


Dopo le lacrime e le contumelie sparse lo scorso week end, almeno una bolognese oggi ha ritrovato il sorriso: sì, perché la vittoria della Virtus Segafredo a Krasnodar non può annoverarsi tra le imprese, ma per come è avvenuta e soprattutto quando è arrivata rimane pur sempre un risultato da incorniciare. Il Lokomotiv Kuban rimane una delle favorite alle finali di Eurocup, è tosta fisicamente e molto ben messa sul piano tecnico. Ha giocatori d’esperienza e almeno una stella, Jordan Crawford, con un vero trascorso in NBA, non come certuni che lo millantano per aver strappato una volta un contrattino, prima di spostarsi tra Asia ed Europa. Insomma, andare a vincere in Russia con la determinazione dimostrata in particolare nell’ultimo quarto priva di Stefan Markovic e di Awudu Abass, provenendo dal vortice delle polemiche innescate dalla inopinabile sconfitta con Brindisi, si può ben dire che sia stata la migliore medicina per squadra e tifosi, forse soprattutto per questi ultimi, perché la squadra, a mio parere, non sta facendo altro che seguire un programma che di sicuro non aveva messo in cantiere le tre-perse-tre fi qui in casa in campionato, ma presumibilmente sa che non dovrebbero rivelarsi causa di tragedie sportive. Note liete particolari provengono dall’ennesima conferma, quest’anno, della crescita di Pajola, dalla ritrovata (se mai si fosse smarrita) vena artistica” di Teodosic, ma soprattutto dalla riapparizione di quello spirito di squadra che rimane il miglior rimedio se si vogliono affrontare condizioni di difficoltà. Francamente trovo stucchevole stare a registrare prestazioni meno eclatanti di questo o quell’altro giocatore, nella fase attuale, giustificabili in mille modi senza dover inscenare processi sommari. Ancora una volta la squadra di Djordjevic ha mostrato di che pasta sia fatta: non è, occorre ripeterlo, la Virtus del 2001, per chi ancora non lo avesse compreso, ma complessivamente rimane pur sempre la migliore che da allora si sia vista da queste parti, ed è solo l’avvio di un progetto futuribile. Per cui, bando alle tragedie in casa bianconera, e si mostri un briciolo di pazienza se a volte la ciambella esce senza il buco poiché non bastano un forte investimento e brevi tempi di rodaggio per dar forma a una corazzata.

Note meno liete permangono in casa Fortitudo Lavoropiù, anche perché non ha avuto l’occasione per rifarsi dall’ennesima batosta in campionato. L’arrivo di Wesley Saunders rappresenta qualcosa di più di una semplice toppa a una screpolatura: il giocatore garantisce una intensità, una fisicità che il primo roster palesemente non possedeva. Non può peraltro rimanere l’unico rimedio a una situazione che francamente sorprende solo chi aveva seguito la costruzione della squadra con gli occhi bendati dalla passione. I difetti emersi nel pur breve periodo fin qui trascorso, chiaramente amplificati dalle sfortune che si sono succedute (ma piove sempre sul bagnato, si sa) si intuivano, a mio parere, fin dall’inizio. Sarebbe assurdo ora cercare un capro espiatorio, magari nel punto di forza maggiore dell’attuale progetto fortitudino, l’allenatore, anche perché bocciarlo prima di avergli dato davvero il tempo di dimostrare che lavoro potrebbe comunque ancora realizzare con gli uomini a disposizione saprebbe tanto di sentenza pilatesca. È abbastanza evidente che alla Fortitudo manca ancora almeno un rinforzo sotto i tabelloni, se non vuole continuare a soffrire enormemente, ma a questo punto tutto rischia di rimanere in sospeso perché c’è qualcosa di ben più imprevedibile che aleggia sull’intero campionato. Staremo a vedere, insomma, cosa potrà succedere al tempo del Covid-19. Certo che l’idea che sta sorgendo di ridefinire lo svolgimento del campionato, togliendo la retrocessione, darebbe quanto meno un briciolo di serenità maggiore che aiuterebbe a crescere anche una squadra che rimane, pur con mille contraddizioni interne, una curiosa macchina da canestri.

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