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Dell’Aquila e il Leone #19 – Se non soffri, non vale

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Almeno un po’, almeno un pochino. Almeno un po’ di sofferenza deve esserci in ogni successo della effe. Stranisce maggiormente, in maniera piacevole ma stranisce, l’exploit contro Trieste rispetto alla vittoria contro Varese o Napoli, sudata o con brivido finale. 

D’altra parte, la storia della Fortitudo è fatta di fotta e sofferenza, non di strade spianate e gioie alla portata. Domenica scorsa il tabù sembrava sfatato a pochi minuti dalla fine, finalmente la vittoria lontano dal Paladozza ormai un lontano ricordo, si stava concretizzando. Il cronometro correva verso il 40° quando Parks ha deciso di riscrivere il finale, un finale che rischiava di vedere ancora una volta i biancoblu cadere negli ultimi secondi. Il sangue di Martino si è raggelato per più di un istante prima, invece, di uscire dall’apnea per la seconda volta durante la settimana. 

Questa è la statistica più importante di sottolineare, quella più banale e semplice da leggere: due vittorie negli ultimi 7 giorni. Detto che ogni vittoria per la Fortitudo è fondamentale, queste due lo sono un po’ di più. Una  perché colta contro una diretta concorrente alla salvezza e l’altra perché sblocca il successo esterno, anche mentalmente un fattore non tanto per i biancoblu quanto per gli avversari futuri. 

Se si fosse fatto bottino vincendo anche la partita con Sassari di mercoledì, il volto del campionato della effe avrebbe potuto farsi diverso, cambiare parzialmente prospettiva. Senza, come è in effetti andata, bisogna rimanere massimamente focalizzati sugli stessi obiettivi senza concedersi distrazioni consapevoli, però, di essere in grado di mettere in difficoltà tante formazioni, di poter essere temibile nei momenti topici.

Il prossimo potrebbe essere domenica prossima contro Tortona, difficilmente giocabile in casa dove sta costruendo una classifica soddisfacente ma “soffice” lontana dal proprio parquet. Proprio come la Fortitudo, la squadra di Ramondino ha vinto per la prima volta in stagione fuori casa una settimana fa. Un’altra gara da carpe diem dove servirà nuovamente un Benzing chirurgico per contrastare i tiratori dalla distanza di Derthona quali Macura, Wright e Daum e far lievitare il punteggio biancoblu ipotizzando che gli avversari non saranno da meno. Qualora questi ingredienti dovessero venire meno, allora la Fortitudo rischierebbe di cedere il passo. 

Passo che ha ceduto ufficialmente ieri John Axel Gudmundsson. Il play islandese già da qualche settimana era con le valigie pronte, andato a referto nelle ultime gare per sostituire Feldeine prima della rescissione consensuale del contratto. Questo potrebbe essere un indizio sul rientro imminente dell’americano, forse proprio a partire da domenica prossima. Sarà interessante capire la sua compatibilità con Frazier, il quale negli ultimi due incontri ha agito anche in cabina di regia andando ad alleggerire le responsabilità di un Durham ormai della manovra offensiva biancoblu. 

Finalmente Martino può contare su delle alternative, può permettersi di scegliere e non solo tra le guardie; il rientro di Totè fa ben sperare. Non è ancora ai livelli della scorsa primavera ma la prestazione del Pala Barbuto si avvicina, prezioso nei minuti finale in asse con Durham nel quarto quarto e pure ai liberi. Lunetta che, al contrario del derby, questa volta premia la effe, più fredda e meno intimorita, o magari semplicemente più spaventata di gettare al vento una sfida che per come si era sviluppata non poteva chiudersi con un ribaltone finale. E infatti finisce bene. 

Adesso si tratta di trovare quella continuità di risultato che è mancata finora. Gennaio è un mese da non fallire prima di un febbraio decisamente più proibitivo, la Fortitudo è partita abbastanza bene pur soffrendo e lottando con i denti per ottenere il risultato, ma questo fa, e ha sempre fatto parte, del DNA fortitudino. 

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