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Dell’Aquila e il Leone S2 #5 – USA Calling

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Fortitudo, abbiamo un problema.

Fortunatamente, solo uno. O meglio, uno non si può proprio nascondere, e più passano le settimane più appare complicato possa risolversi. E’ chiaro a chiunque segua l’ambiente Effe: si parla del rendimento di Steven Davis.

Colui che arrivava come un giocatore in grado di spaccare la categoria, forte di numeri da assoluto protagonista nel recentissimo passato, si è rivelato, per il momento, il suo lontano cugino.

Da tempo i roster delle squadre di serie A2, con delle eccezioni, si costruiscono su un’asse formata da due americani contornati da italiani d’esperienza o alle prime armi. I due a stelle e strisce recitano la parte dei protagonisti.

Qui non sta andando esattamente così.

Ancor più di Thornton che, invece, pur non immediatamente, è riuscito ad emergere come protagonista della squadra, il talento di Davis non lo ha seguito a Basket City.

Tempo uno, due, tre e poi quattro turni, la Fortitudo ha ingranato, trovato continuità di risultati ed un’identità di squadra. I giocatori cominciano a capirsi e ad entrare in sintonia col gioco proposto da Coach Dalmonte, tutti tranne lui. 

Proprio lui, il potenziale go-to-guy della Fortitudo rinascente dopo le delusioni dell’ultimo anno. Questo ruolo se lo è preso, senza concorrenza verrebbe da dire, il connazionale sopra citato mentre Davis rimane ai margini delle soddisfazioni biancoblu del periodo.

Sul parquet ottiene ancora la fiducia dell’allenatore, tanto da rimanere “starting five” è vero, ma è anche vero il suo minutaggio complessivo sta calando lasciando il passo al pari ruolo decisamente più decisivo Cucci. Quando è in campo appare fuori dai meccanismi di gioco. Se in difesa il fisico gli permette di contribuire alla causa fortitudina, quando l’azione si sposta nell’area avversaria, ecco che la sua figura si eclissa e, di fatto, i compagni si trovano spesso a giocare in quattro.

Questo è un problema, della Fortitudo indubbiamente ma soprattutto del giocatore. Se la stagione di Davis dovesse proseguire incolore, per la Effe significherebbe aver sbagliato l’americano ma al tempo stesso potrebbe correre ai ripari, lui rischierebbe il taglio. Non si confonda questo ragionamento con un’ipotesi, finché si vince il  resto passa in secondo piano, nel momento in cui si dovesse attraversare un momento di flessione, il tema diventerebbe di grande attualità.

C’è però un dettaglio in tutta questa vicenda che ci permette di intravedere uno spiraglio di ottimismo. Un’immagine di sabato sera. Siamo nei minuti finali di Fortitudo-Chiusi, partita apertissima, Davis riceve palla sul perimetro, tira ed infila una tripla che segna il passo, non decisivo ma quasi, della sfida. Tutti i compagni di squadra corrono ad abbracciarlo mentre tornano in panchina per il time-out. Gesto che si riserva o a un giovane esordiente che trova i primi punti o a chi ha bisogno di un’iniezione di fiducia. 

La squadra è con lui, forse ha compreso una sua difficoltà, e vuole che torni ad essere lo Steven Davis che a Biella giocava da MVP Lnp. Non sarà facile se non lo è stato fino ad adesso, ma grazie alla serenità sportiva che avvolge in questi giorni la Fortitudo, il terreno può essere reso fertile anche per lui.

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