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I Racconti del Commissario – la Ferrari americana di Penske

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1000 Cuori - Motor Valley

 

Un’incredibile storia tra USA e Motor Valley

Una vittoria fuori tempo massimo

Il 1970 è una stagione passata alla storia delle corse per la grande sfida Ferrari – Porsche sublimata nella “Corsa dei Titani”, quella 24 ore di Le Mans immortalata per sempre nell’omonima pellicola voluta ed interpretata da Steve McQueen. Lo scontro tra le sport 5 litri messe in campo dalle “armate” italiana e tedesca durò un’intera stagione ma vide prevalere le 917 preparate a Zuffenhausen. La bellissima 512S costruita a Maranello con un enorme sforzo economico riuscì a trionfare solo a Sebring, ma il “mago” Forghieri non si arrese migliorando la vettura in vista della stagione successiva. Lavorando soprattutto sull’aerodinamica, “Furia” creò di fatto una nuova versione riveduta e corretta della 5 litri del Cavallino denominata 512M (appunto modificata). Decisamente più spigolosa della progenitrice e con una coda tronca chiaramente ispirata a quella della rivale tedesca, la “M” esordì nella 9 ore sudafricana di fine stagione cogliendo una sonante vittoria con l’equipaggio Ickx-Giunti. Ma come titolò Autosprint “Kyalami è troppo tardi”.

Privati alla ribalta

La gara nel continente nero era di fatto una trasferta prestigiosa ma non valida per il mondiale sport-prototipi ed Enzo Ferrari, attentissimo a far quadrare i conti della scuderia, aveva deciso. Anche se la competitività era tale da impensierire le Porsche, la squadra ufficiale non avrebbe più corso con la 512M. La decisione può sembrare assurda ma fu in realtà estremamente oculata: le grandi sport da 5 litri avrebbero corso per il solo 1971 lasciando poi i prototipi da 3 litri a giocarsi la vittoria nel mondiale. Sarebbe stata quindi un’inutile spesa investire per combattere Porsche. Meglio impiegare il 1971 per sviluppare la 312 P che avrebbe potuto rivelarsi vincente nel 1972 contro Alfa Romeo e Matra, cosa che puntualmente si realizzò. Le 512 vennero così cedute alle squadre private che le schierarono in pista aggiornandole alla versione “M”. Accanto alle consuete compagini degli importatori esteri del Cavallino come Filipinetti, Francorchamps e Montjuich ne arrivò una del tutto nuova e sconosciuta in Europa: la Roger Penske Racing. Un oggetto misterioso che avrebbe sconvolto pronostici che parevano già scritti.

Da pilota a imprenditore

Ex pilota giunto a disputare un paio di gran premi nella massima formula passato alla compravendita di auto usate, Roger Penske a 34 anni aveva già avviato una brillante carriera da imprenditore. Dopo avere iniziato da ragazzo ad acquistare vecchie automobili che riparava e rivendeva, aveva dato vita alla sua squadra giungendo in soli quattro anni a disputare la 500 miglia di Indianapolis. Il giovane Roger aveva poi trovato anche un collaboratore fondamentale. Coetaneo di Penske, pilota ma anche fine collaudatore e tecnico, Mark Donohue era una colonna del team. In breve divenne anche la pedina fondamentale nello sviluppo della Ferrari appena acquistata. In casa Penske infatti non ci si limitò semplicemente a riverniciare la vettura nei colori giallo-blu del generoso sponsor Sunoco, ma si procedette ad uno smontaggio completo ed uno sviluppo aerodinamico della sport emiliana. La “M” venne dotata di un’ala posteriore a tutta larghezza ed adeguatamente bilanciata. Il programma per la stagione 1971 prevedeva solo quattro gare: le tre prove americane del mondiale sport-prototipi e la “regina” Le Mans. Ma a volte basta poco per entrare nella storia.

Esordio col botto

Portata in pista dal già citato Donohue coadiuvato dal britannico David Hobbs, la Ferrari “americana” arrivò a sopresa come guastatrice dei piani Porsche. conquistando all’esordio la pole nella 24 ore di Daytona. Si sa che nell’endurance le prestazioni delle qualifiche contano relativamente, ma giusto per smentire chi pensava si trattasse di una prestazione effimera la “Sunoco-Ferrari” dominò per le prime otto ore di gara. Solo un incidente in mezzo ad un nugolo di Porsche di classe GT sconvolse i piani della Penske Racing. Per riparare gli ingenti danni alla carrozzeria, la Ferrari venne “ricucita” ai box con parecchi giri di nastro. Il tempo perso fu tanto, ma alla fine arrivò comunque un inatteso terzo posto che suonò come un monito agli avversari: la 512M c’è!

Da Sebring a Le Mans

Dopo 2 mesi la rivincita era attesa alla 12 ore di Sebring. Ormai l’effetto sorpresa era svanito ma la 512M giallo-blu riprese prontamente ciò che aveva perso a Daytona: la testa della corsa. Ancora una volta tra la Penske Racing e la vittoria ci si mise un contatto con la Porsche di Rodriguez: ruota danneggiata e mesto rientro ai box col serbatoio olio demolito. Il decimo posto finale fu un’altra delusione per la squadra americana, ma restava la gara che da sola valeva una stagione: Le Mans. Sui lunghi rettilinei della Sarthe le Porsche volavano sfiorando i 400 all’ora grazie alle loro carrozzerie a coda lunga e la vittoria sembrava essere un affare privato tra le vetture della JW Automotive e quelle del Martini Racing. Eppure dopo tre ore di gara la Ferrari americana si era issata fino al terzo posto: tutto poteva ancora accadere. Peccato però che ad avvenire fu il cedimento del 12 cilindri di Maranello al termine di un doppio turno di guida di Hobbs. Una vera disdetta perché le Porsche a coda lunga furono vittime di problemi ed a vincere fu l’inattesa 917 “coda corta” di Van Lennep e Marko. Si, proprio quel Marko che oggi decide i destini dei piloti Red Bull.

 

L’ultimo hurrà

Restava un’ultima possibilità alla Penske Racing: la 6 ore di Watkins Glen. Il copione sembrava lo stesso delle altre prove americane: partenza in pole e fuga verso la vittoria. Questa volta ci si mise un guasto al piantone dello sterzo a fermare Donohue, mentre Hobbs rimase semplice spettatore ai box. Calò così il sipario sull’avventura della 512M in “salsa Yankee”. Le prestazioni messe in mostra dalla squadra americana lasciarono del tutto indifferenti i vertici del Cavallino e così la premiata ditta Penske-Donohue si mise a collaborare con Porsche. Obiettivo: battere le invincibili McLaren nella Can Am americana. Risultato: un dominio assoluto nel campionato più ricco e “sregolato” al mondo con dei mostri chiamati 917/10 e 917/30. La storia di Roger Penske continua ancora oggi con la sua squadra al vertice in Indycar, Nascar ed IMSA, ma anche con il suo impero nel ramo automotive. Le concessionarie Penske sono diventate una presenza fissa anche alle nostre latitudini, ma in pochi conoscono la storia di un’auto che mezzo secolo fa sfidò un colosso tedesco unendo il marchio più famoso della Motor Valley alla squadra più forte d’America.

A seguire: un breve filmato dell’epoca sulla stagione della Ferrari-Penske:

 

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