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I racconti del Commissario: l’ultima bandiera di Charlie

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Bye Charlie, see you next year!”. Ero solo uno dei tanti giovani commissari di percorso del Gran Premio di San Marino 2006, felice per avere appena terminato il fine settimana più atteso dell’anno. Lui era da anni direttore di gara della massima formula, un uomo dalla signorilità e dallo “humor” tutti inglesi che si muoveva veloce nel paddock con la sicurezza di chi, in quel mondo, si sente a casa. Io ero uno tra tanti. Difficilmente poteva ricordarsi di me dall’anno prima, quando ci eravamo conosciuti in direzione gara. Eppure si fermò con gentilezza, mi sorrise e mi strinse la mano come ad un vecchio amico. “Sure” mi rispose, ringraziandomi per il lavoro svolto in pista. Non potevamo sapere che il “next year” non sarebbe arrivato e quello sarebbe stato l’ultimo Gran Premio svolto ad Imola. Non potevamo saperlo, ma quella sarebbe stata anche l’ultima volta che ci saremmo visti. Perché sono passati parecchi anni da quel giorno di aprile ed un’embolia polmonare si è portata via quel signore canuto ed elegante di nome Charlie Whiting.

 

Sarebbe riduttivo descriverlo semplicemente come il direttore di gara della Formula 1, perché Whiting era molto di più. Responsabile della sicurezza, effettuava le visite ispettive per l’omologazione delle piste, era membro delle commissioni sportiva e tecnica. Ma soprattutto era un punto di riferimento per tutti quando si trattava di dirimere una controversia, fosse essa in pista o ai box. Era sempre nel mirino di chiunque (spesso meno preparato di lui) in occasione di ogni decisione presa. Era l’uomo a cui i piloti potevano urlare via radio: “Honestly Charlie, F..K OFF!” (Vettel docet). Ma da gran signore Whiting ha sempre continuato a lavorare dall’alto della sua preparazione. Non dimenticava che la sua storia era iniziata da capo meccanico nella vivace Formula 1 dei garagisti inglesi “70’s style”. In quegli anni lo scaltro Bernie Ecclestone lo scelse come uomo di fiducia sui circuiti per la sua Brabham capace di vincere due campionati del mondo con Piquet. Ma il “padrino” mirava a molto di più: voleva arrivare al controllo della massima formula, che puntualmente arrivò. A quel punto non restava che contornarsi di persone fidate sì, ma allo stesso tempo preparate. Come chi ha forgiato la sua competenza con passione in anni passati in pista. Proprio come Charlie, che dopo essere entrato in FIA nel 1988 ha svolto il suo ruolo di direttore di gara dal 1997 fino al 14 marzo del 2019.

Fino alla fine “sul campo”, come forse lui stesso avrebbe desiderato. Era difficile pensare ad un’altra figura altrettanto capace di riunire in sé così tanti ruoli in un mondo dove la specializzazione è diventata la regola e si pensa al presente più che al futuro. Era difficile immaginare come la sua perdita avrebbe cambiato definitivamente una Formula 1 costruita intorno a poche figure carismatiche e quasi istituzionali plasmata da Ecclestone. Era difficile trovare qualcun’ altro capace come lui di reggere a pressioni, critiche ed accuse (vedi il caso Bianchi) con la stessa eleganza e competenza. Ed infatti tutto sarebbe cambiato, con le sue mansioni smembrate tra diversi professionisti ma senza nessun personaggio. Figure valide ma incapaci di uno spessore umano tale da entrare in pista e negli animi altrui con l’autorevolezza e non con l’autorità. Ovviamente insaporendo il tutto con una sana dose di ironia elegantemente ed inequivocabilmente “British”. Ma la cosa più difficile per il piccolo mondo delle corse automobilistiche è stata ritrovarsi più povero da quel giovedì in Australia. Con una bandiera a scacchi abbassata di colpo davanti ad una leggenda che quella bandiera l’aveva calata centinaia di volte di fronte ai campioni del volante.

Bye Charlie, see you one day…

 

 

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