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I racconti del Commissario – La Ferrari di Minardi

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Foto Claudio Fargione


Passione romagnola

Il nome Minardi in Romagna è sinonimo di Formula 1 fino dal 1985. Pochi però sanno che l’assaggio con la Formula 1 per la squadra faentina era avvenuto quasi dieci anni prima con una monoposto Ferrari. La storia era iniziata nel 1972 con la fondazione della Scuderia del Passatore, che conquistò il titolo in Formula Italia l’anno dopo con Giancarlo Martini. Il trionfo fu il preludio all’arrivo di uno sponsor importante come Everest Gomma, che consentì la partecipazione al Campionato Europeo di Formula 2 1974. Alla fine di una stagione avara di risultati avvenne però l’impensabile: Gian Carlo Minardi venne convocato a Maranello per un incontro con Enzo Ferrari. Dopo un incontro durato ben tre ore nello studio del “Drake”, le intenzioni di Ferrari vennero svelate attraverso un comunicato stampa. Per la stagione 1975 la Ferrari avrebbe fornito in gestione alla Scuderia Everest una 312 B3 di Formula 1 con cui iniziare un programma di test dedicato ai giovani piloti italiani Giancarlo Martini, Lamberto Leoni e Gabriele Serblin tra Misano e Imola. Inoltre l’accordo prevedeva anche la possibilità di utilizzare il circuito di Fiorano per le prove delle vetture di Formula 2 della Scuderia Everest alla quale sarebbero stati forniti i motori Ferrari Dino V6 con cui equipaggiare le monoposto nella stagione 1977. 

Dalla concessionaria ai GP

L’accordo ebbe l’effetto di una bomba. Ferrari decideva di scendere in campo in prima persona fornendo una delle sue amatissime vetture ad una squadra privata. Lo stesso Minardi rimase a dir poco felicemente sconvolto alla notizia: in meno di tre anni si ritrovava una rossa di Formula 1 parcheggiata nella concessionaria FIAT di Faenza, tra una 127 e l’altra. Dopo un 1975 passato tra le sessioni di prove a Misano e la partecipazione all’Europeo di Formula 2, nel 1976 arrivò un prestito ancora più importante. Ferrari affidò agli uomini di Minardi una 312 T per partecipare a due gare non valide per il mondiale: la Race of Champions di Brands Hatch e il BRDC International Trophy di Silverstone. Il telaio che la Ferrari affidò a Minardi era il numero 021, ovvero la vettura che aveva esordito al Gran Premio del Sudafrica del 1975 con Clay Regazzoni e corse successivamente in Spagna, Svezia, Olanda, Germania e vinse poi il Gran Premio di Svizzera a Digione. La Scuderia Everest poteva utilizzare la monoposto solo per questi due eventi senza prendersi troppe libertà. La differenza più evidente rispetto alle vetture ufficiali era immediatamente evidente: la colorazione della voluminosa presa d’aria motore. Nelle intenzioni della squadra romagnola la parte normalmente bianca doveva essere dipinta con il blu scurissimo che avrebbe poi caratterizzato le vetture del Minardi Team. A Brands Hatch non tutti gli sponsor avevano dato il nulla osta e solo la parte alta prese la tinta desiderata. Ma si trattava di un problema secondario: quel che contava era che la Ferrari del “programma giovani” poteva finalmente ballare coi lupi alla Race of Champions. Era il 14 marzo 1976.

Un esordio rimandato

Purtroppo dopo essersi qualificato quindicesimo, ovvero penultimo, Martini fu protagonista di un’uscita di pista nel giro di allineamento che non gli permise di schierarsi sulla griglia di partenza. Una beffa atroce dopo tanto lavoro, ma restava un’altra possibilità per rifarsi della delusione giusto un mesetto dopo all’International Trophy. A Silverstone la Ferrari della Everest fu finalmente dipinta come desiderato ed anche Martini sembrò aver preso le misure al bolide del Cavallino Rampante. In qualifica il pilota di Lavezzola conquistò la decima piazza su diciotto partenti, mentre in gara si tenne lontano dai guai concludendo nella medesima posizione dalla quale aveva preso il via, distaccato di un giro dal vincitore James Hunt.

Destini paralleli uniti dalla stima

Si trattò di un risultato non esaltante ma dignitoso, un punto di partenza per esperienze successive. Tuttavia dopo quel 14 aprile 1976 l’esperienza si chiuse e la 312 T tornò silenziosamente a Maranello. La fornitura dei motori Dino alla Scuderia Everest, poi Minardi Team, venne confermata sino al 1978 senza ottenere i risultati di rilievo. Il rapporto di stima tra Gian Carlo Minardi ed Enzo Ferrari però non venne meno nel corso degli anni. Minardi coronò il sogno di portare in Formula 1 una vettura col suo nome nove anni dopo mentre Ferrari si spense nel 1988. Ci sarebbe stato un nuovo incrocio Minardi-Ferrari nel 1991 quando la casa di Maranello fornì i propulsori alla scuderia faentina per equipaggiare le M191 che ottennero ottimi risultati nel mondiale di quell’anno con Pierluigi Martini, nipote di quel Gian Carlo che non ebbe una seconda possibilità. Anche questa storia si chiuse al termine dell’annata, come un matrimonsio tra Emilia e Romagna che la Motor Valley non ha mai potuto festeggiare come avrebbe potuto.

 

Un raro filmato della Race of Champions 1975, l’anno prima dell’esordio della Ferrari-Everest (British Movieton su YouTube)

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