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Quando i motori rombano nel silenzio

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Imola, scegliete voi l’anno. Tende, fornelli improvvisati, balle di paglia per riposare meglio, piedi nel fango e sull’erba. Da giovedì all’alba sino alla domenica sera, solitamente a fine aprile, c’è un mondo che si muove verso l’autodromo Enzo e Dino Ferrari. Invasione e passione, due parole che fanno rima tra loro e con il Gran Premio di San Marino, perché per un quarto di secolo circa a Imola l’etichetta era questa. Gli appartamenti sulla Rivazza con gli striscioni appesi sui balconi, i panini e i gadget a peso d’oro. Lo sport, nell’ultimo anno, si è arrestato. O vogliamo chiamare sport tutto ciò che abbiamo visto negli ultimi dodici mesi? Urla nel silenzio, partite senza pubblico, gare con gli spalti vuoti. A Tokyo, alle Olimpiadi, nemmeno i familiari degli atleti potranno andare. 

Eppure facciamo finta di nulla. Seguiamo, ci arrabbiamo, contestiamo, ma comodamente seduti sul divano di casa che ormai ha un solco difficile da rimuovere. La Formula 1 non fa eccezione: ci siamo scordati la marea rossa dei Ferrari Club, la macchia arancione dei fan di Verstappen che soprattutto in Austria e Germania affollavano le gradinate. Cos’è Monza senza pubblico? Cos’è Imola senza pubblico? E’ un film senza finale, è un tavolo con sole tre gambe, è un teatro vuoto, dove è visibile solo il color grigio ferro di tribune vuote. Oggi, l’assessore all’autodromo, Elena Penazzi, ha cercato di rinvigorire una folla di appassionati depressi, in primis per una situazione sociale ancora inceppata, e per la quale non si vede ancora una luce in fondo al tunnel, e in secundis perché per chi lo sport lo vive sul campo è atroce stare chiuso in uno sgabuzzino a vivere un evento in modo passivo. Le parole della Penazzi al “Resto del Carlino” sono innanzitutto un annuncio: Imola ci sarà anche nel 2022, ed è lì che si punterà ad avere le gradinate piene. Stavolta senza virus che tenga (e vorremmo pure vedere…). 

La mannaia del destino è piovuta su Imola senza alcuna remora: quattordici anni senza gare di Formula 1 da queste parti, e un ritorno rovinato da una pandemia. Di certo, ciò che auspichiamo, è che Penazzi, o chi per lei, gestiscano senza intoppi anche la situazione biglietti: nel 2020, il 22 settembre, furono messi in vendita dei tagliandi divenuti poi tutti da rimborsare quando, a pochi giorni dalla gara, si decise di chiudere le porte a tutti. Pasticci all’italiana, as usual, di cui almeno quest’anno faremo a meno. Chi scrive non aveva alcuna speranza che sul Santerno si aprissero le porte al pubblico, e in fondo, dopo la terribile illusione di 7 mesi fa, è meglio così. Di un ulteriore “apri e chiudi”, oltre a quelli già verificatisi, non ne sentavamo il bisogno. Vogliamo pensare invece che sia l’ultimo anno di tutto: delle restrizioni, dei morti, dei contagi, del silenzio. Sui campi, dove si odono solo le urla dei giocatori, e negli autodromi, dove i motori che rombano sono l’unico rumore che si avverte. E che sia piuttosto l’inizio di una nuova storia tra Imola e la Formula 1. Un binomio che in un mondo che sotterra tradizioni e passato, deve tornare a vivere. Con la pacifica invasione di migliaia di innamorati delle corse.

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