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I racconti del Commissario – Michele vince per Gian Carlo

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Foto Claudio Fargione

Un nuovo costruttore

C’era una volta la Formula 2, un campionato europeo vera fabbrica di campioni. Una categoria che tra la fine degli anni Sessanta e la meta degli Ottanta dello scorso secolo è stata palestra di piloti e sfida tra costruttori artigianali e grandi case impegnate come motoristi. In questo contesto ben lontano dall’appiattimento tecnico dei monomarca, ecco apparire un piccolo costruttore romagnolo che segretamente sognava il grande salto verso la Formula 1: Gian Carlo Minardi. Dopo le esperienze nelle categorie propedeutiche come Scuderia del Passatore e Scuderia Everest, il piccolo team faentino era passato al campionato cadetto con un telaio progettato internamente diventando costruttore a tutti gli effetti contro marchi consolidati come March, Ralt e Toleman. La stagione 1981 era iniziata con grandi speranze ed un cronico problema: un portafoglio decisamente sottile. I finanziatori scarseggiavano sulle rive del Lamone e le eleganti livree blu notte con fregi gialli delle monoposto faentine erano praticamente prive di sponsor. Nonostante il rischio di non terminare la stagione fosse concreto, patron Gian Carlo mostrò una dote che lo avrebbe sempre caratterizzato: preferì partire senza certezza del domani ma dando la possibilità di esprimersi a due piloti talentuosi piuttosto che ad una coppia di gentleman paganti. Si trattava di Jonny Cecotto, già campione sulle due ruote passato alle quattro con ottime prospettive, e Michele Alboreto. Il milanese poteva vantare un titolo di campione europeo in Formula 3 ed un contratto da ufficiale Lancia in Endurance. Oltre ad un altro, ben più importante, come pilota Tyrrell in Formula 1. L’accumulo di impegni non spaventava di certo Michele che diventò ben presto il pilota di riferimento del Minardi Team.

Una partenza difficile

Come previsto l’avvio di stagione non fu facile per il Minardi Team. L’unica soddisfazione venne da Cecotto che colse un buon quarto posto nella tappa inglese di Thruxton, ma dopo la gara del Mugello il venezuelano salutò la compagnia per accomodarsi al volante della March-BMW dell’ Horag Holz Racing. Alboreto invece stava accumulando zeri in casella fino al primo “raggio di sole”: il podio colto sull’anello siciliano di Pergusa. La stagione si avviava al termine, ma restava ancora una gara molto sentita per la scuderia romagnola. Il calendario della Formula 2 prevedeva infatti la penultima corsa di campionato il 6 settembre all’Autodromo Santamonica di Misano Adriatico. Romagnoli in terra di Romagna: il Minardi Team non poteva sfigurare in Riviera. Per la corsa di casa le Minardi iscritte erano addirittura quattro: una a motore Ferrari per l’argentino Miguel Angel Guerra e tre a motore BMW per il solito Alboreto, Daccò e la “wild card” Roberto Farneti da Ravenna, per dare un ulteriore tocco di “romagnolità” alla squadra.

Tante speranze e poche attenzioni

Sulle rive dell’Adriatico i riflettori erano puntati soprattutto sulla lotta per il campionato che vedeva il favorito britannico Geoff Lees insidiato da Boutsen, Elgh e Corrado Fabi. Nelle qualifiche furono proprio il belga e l’italiano a monopolizzare la prima fila mentre in casa Minardi le speranze erano tutte riposte in Alboreto, pronto a scattare dalla quarta fila. Guerra qualificato cinque file più indietro e Farneti in fondo alla griglia non avrebbero potuto aiutare più di tanto il milanese, mentre Daccò aveva addirittura mancato la qualificazione. Tuttavia, sarà stata la magia dell’aria di casa o forse il sole che quella domenica illuminò il Santamonica, il Minardi Team sentiva che la giornata poteva essere quella giusta al di là delle considerazioni tecniche. Perché chi vive in pista “fiuta” quando qualcosa di inatteso sta per accadere. 

Una gara piena di sorprese

Alla partenza, mentre Paletti saltava sulle ruote di Danner , Boutsen prese la testa deciso a giocarsi le sue carte per il campionato. Dopo soli tre giri però il cambio della March iniziò ad essere di opinione contraria ed il belga scivolò velocemente indietro lasciando spazio a Lees e Fabi. Alboreto intanto comandava il gruppo dei primi inseguitori iniziando lentamente a recuperare. Al 14° giro superò Boutsen, due tornate dopo guadagnò la seconda posizione gentilmente donata da Fabi, appiedato dalla rottura del motore BMW. A quel punto il pilota milanese iniziò a spingere riducendo il vantaggio dal battistrada stabilendo anche il giro più veloce. Mentre in casa Minardi la prima vittoria sembrava possibile, il cambio di Lees iniziò a rifiutare l’innesto della seconda. Alboreto capì immediatamente le difficoltà dell’avversario iniziando una lenta e paziente successione di azioni di disturbo, senza mai sferrare l’attacco. Il britannico era costretto a trattenere la leva ogni volta che innestava la seconda marcia per evitare che il rapporto “saltasse” ed al 38° giro dovette cedere all’attacco di Michele all’interno della curva della Quercia. A Misano stava succedendo l’incredibile: la Minardi Fly 281 numero 10 conduceva la gara ad una ventina di giri dalla bandiera a scacchi. Forse i giri più lunghi nella carriera sportiva di patron Gian Carlo.

Una storia infinita

Non ci furono scossoni: Alboreto vinse portando per la prima ed unica volta alla vittoria una vettura nata a Faenza. Disse quel giorno Michele: «Avevo promesso una vittoria a Minardi e per me questa era l’ultima occasione. La macchina ormai da alcune gare è molto competitiva, ma dovremmo avere più appoggio da chi di dà motori e gomme. Per quanto mi riguarda sono davvero contento perché ho dimostrato di essere ancora capace di vincere». La gioia del pilota era bilanciata da quella altrettanto incontenibile di Gian Carlo, che da parte sua si espresse così: «Questa vittoria mi ripaga di tutti gli sforzi ed i sacrifici di tanti anni. Voglio ringraziare gli sponsor che hanno avuto fiducia in me, in un giovane costruttore italiano, e ringrazio tanto anche Michele che ha sempre dato il massimo». Sembravano dichiarazioni di stima eterna tra pilota e costruttore, ma la storia ci racconta di due carriere proseguite su binari distinti e paralleli nella massima formula. Minardi dal 1985 portò nella massima formula quella squadra che ancora oggi esiste con altro nome, mentre Alboreto fu capace di cogliere le prime vittorie con Tyrrell prima di un intenso quinquennio a Maranello. Ma per dirla alla Venditti “certi amori non finiscono, fan giri immensi e poi ritornano”. Proprio come la storia tra Minardi ed Alboreto, che nel 1994 si riabbracciarono per un’intera stagione, l’ultima in Formula 1 per il pilota milanese. Un cerchio che si chiudeva, una specie di lungo addio che suggellava una bella storia di stima tra due gentiluomini che andava ben oltre lo sport. Mentre a tutti gli appassionati veri resta il ricordo dolce di un giorno d’estate in riviera in cui una gara di Formula 2 insegnò a tutti che i sogni possono diventare realtà quando si nasce nella Motor Valley.

 L’incidente che costò ad Alboreto la gara di Pau. Si rifarà a Misano (Racing Archive su YouTube)

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