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I racconti del Commissario – Il passaggio di Giovannino

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Esordio mondiale

Imola, 26 settembre 2004. Giunto al termine della prima stagione da ufficiale di gara per le gare di auto nel mio circuito di casa, era arrivato per il sottoscritto anche il momento di sperimentare una nuova esperienza: esordire nello stesso ruolo anche con le due ruote. Il mondo del motociclismo era per me del tutto nuovo e per iniziare cosa poteva esserci di meglio della prova del Mondiale Superbike? Imola era per il terzo anno consecutivo inserita nel calendario tra le prove conclusive (e quindi decisive) per il campionato delle derivate di serie. Ovviamente tutto il pubblico era per la Ducati, impegnata a due passi dalla sede. Anche in quel 2004 erano i due piloti ufficiali di Borgo Panigale James Toseland e Regis Laconi a giocarsi il titolo, ma accanto a loro la sorpresa dell’anno era un ragazzo australiano che con la Honda del Team Ten Kate aveva infilato già quatto vittorie. Il suo nome? Chris Vermeulen, giunto nella Motor Valley in testa alla classifica di campionato.

 

Un box molto particolare

Del tutto a digiuno delle dinamiche del motociclismo, mi approcciai con molta curiosità a questa nuova avventura. Il box a cui venni assegnato mi aiutò non poco a scoprire i risvolti più genuini della specialità. Come giovane apprendista mi dovevo infatti occupare della punzonatura gomme in un garage riservato a due piccole squadre del Mondiale Supersport (la categoria a supporto della Superbike) e di una sola moto della classe maggiore, una Ducati 998 RS nera con il numero 200 condotta da un pilota molto particolare. Si trattava un personaggio che sembrava uscito dal “Continental Circus” anni Settanta, il carrozzone variegato dei piloti non professionisti che costituivano l’ossatura dei partecipanti al Mondiale. Un mondo tutto da scoprire fatto di passione, pochi soldi e figure eccentriche. Proprio come questo pilota dalla figura un po’ allampanata, una folta barba rossiccia ed una tuta in cui la scritta “Rock n’Roll Rider” sovrastava una frangetta di pelle che sembrava rubata ad una giacca di Little Tony. Tutti lo chiamavano “Giovannino” ed era uno degli idoli del pubblico. Non potevo saperlo, ma il suo vero nome era Giovanni Sebastiano Bussei, Rampollo della dinastia Agnelli da parte del ramo Barone Nasi. Insomma non proprio uno qualunque, ma la passione e la simpatia che emanava erano davvero contagiose. Ero capitato nel posto giusto, al momento giusto.

 

Battaglia vera

Ovviamente “Giovannino” non era coinvolto nella battaglia mondiale, che infuriò in una spettacolare gara 1 la domenica mattina. I ventuno giri previsti furono una successione di staccate e “numeri” con i quattro primattori del campionato a lottare per ogni centimetro di pista. Le tre Ducati di Laconi, Toseland e Haga se la dovevano vedere con la solitaria Honda di Vermeulen, deciso a rompere le uova nel paniere alle rosse di Borgo Panigale proprio “a casa loro”. Alla fine fu il franco-sardo Laconi a prevalere sull’australiano, fastidioso quanto un imbucato ad un buffet in quella che doveva essere una festa tutta Ducati. Con James Toseland terzo e piuttosto infastidito dall’affermazione del compagno di squadra, gara 2 si annunciava davvero esplosiva.

 

Appuntamento alle 15,30

Nella Superbike degli anni d’oro il programma prevedeva il via di gara 2 alle 15,30. Un rito praticamente sacro per gli appassionati, una piccola corsa contro il tempo per le squadre e noi ufficiali di gara che alle 13 eravamo impegnati anche con la gara del Mondiale Supersport. Ma importava poco quel giorno: eravamo tutti elettrizzati per la sfida che avremmo potuto gustarci in pista. Nel frattempo al mio box era giunto in visita anche l’ex amministratore delegato Fiat Paolo Cantarella, giusto per ricordarmi che quel simpaticissimo pilota con cui condividevo le mie giornate dal venerdì mattina non era un “rocker” prestato alle due ruote. Ma gli occhi di tutti erano rivolti allo scontro finale Ducati-Vermeulen quando il gruppone si mosse dalla griglia per il giro di allineamento.

 

Il volo al Tamburello

Pochi secondi dopo, l’urlo dello speaker Carlo Costa uscito dagli altoparlanti della pista fece trasalire il pubblico. All’ingresso del Tamburello la CBR 1000 RR di Vermeulen si inchiodò letteralmente per un problema tecnico, proiettando in aria il povero Chris che finì il volo atterrando rovinosamente nella via di fuga. Dai monitor ai box vedemmo la corsa disperata dell’australiano che, nonostante una caviglia acciaccata, corse nella ghiaia per cercare di riavviare la sua moto. Sforzo inutile, la Honda era ormai inutilizzabile e le speranze di titolo sembravano distrutte con lei. Peccato per Chris, ma non c’era tempo per pensare: dovevamo schierarci sul muretto per la formazione della griglia, il resto del gruppo stava per arrivare. Quando ormai lo schieramento era formato arrivò la grande sorpresa: Vermeulen stava rientrando ai box! Come? Beh grazie ad un generoso collega che non esitò a caricarlo sul codone della sua moto per l’intero giro di allineamento. E chi poteva essere il “tassista” se non Giovannino Bussei? Il pubblico esplose in un applauso per il pilota della numero 200, mentre io mi accorsi che un membro di una squadra stava saltando sul muretto proprio accanto a me. Ero pronto a fermarlo come da procedura (al primo giro solo gli ufficiali di gara possono restare sul “pit wall”) ma un amico commissario mi urlò: “Lascialo passare, è Gerrit Ten Kate!!!”. Non ce ne eravamo accorti, ma il team aveva già schierato la moto di riserva per Vermeulen che, aiutato dal suo caposquadra, saltò dalla pista alla pit lane per mettersi subito in sella e partire dalla corsia box in coda al gruppo. Ero sbalordito. Ma anche ammirato dalla grinta e dalla passione di quel ragazzo.

La caduta di Vermeulen nell’allineamento di Gara 2 a Imola (TBK.FAMEFLAME.DK2 su YouTube)

Una bella scoperta

La gara si risolse in un lungo duello tra le 999 ufficiali di Laconi e Toseland, con il francese primo al fotofinish sul britannico dopo la caduta che alla Piratella mise K.O. Haga. Nel frattempo un Vermeulen ben lungi dall’essere domo rimontò fino alla sesta posizione finale. Non proprio quanto sperato, ma comunque una prestazione incredibile che teneva aperto il discorso mondiale. Un risultato per il quale doveva ringraziare la generosità di “Giovannino” Bussei. Ma a fine gara, tra le solite pacche sulle spalle di fine giornata, mi accorsi che anche io dovevo ringraziare il “Rock n’Roll Rider”. Per avermi fatto scoprire quanto poteva essere affascinante, caldo ed appassionato quel mondo della Superbike nel quale ero appena entrato in punta di piedi. E che mi avrebbe accolto con la mia divisa arancione per altre sei volte sulla “mia” pista.

 

 

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