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I racconti del Commissario – C’era una volta l’Imola Classic

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Come nasce un amore?

Mi sono chiesto più volte cosa possa spingere verso la passione per le corse di automobili. Un’attrazione irresistibile e puramente irrazionale verso oggetti sofisticati ma allo stesso tempo capaci di scatenare emozioni totalmente istintive. Un “mix” esplosivo, tale da generare un richiamo che fino da bambini guida nelle scelte di vita tutti quelli che sentono di trovare il loro ambiente naturale in un autodromo o sulle strade di un rally. Proprio come il sottoscritto. Non avevo trovato risposta alla mia domanda fino a cinque anni fa, quando mi sono trovato sulla pista di casa accanto alle vetture dell’Imola Classic. Era 23 ottobre 2016 ed all’ Enzo e Dino Ferrari di Imola era arrivato l’ultimo evento dell’anno. Organizzatore francese (Peter Auto) ed otto gare in programma nell’arco di due giorni. Roba da ridere quando da ufficiali di gara si è abituati a programmi che prevedono una quindicina di gare in una giornata e pause inesistenti. Che ci si trovasse davanti ad un evento totalmente diverso lo si percepiva appena si metteva piede nel paddock. Ad attenderci non esisteva la solita processione di bilici allineati ma eleganti gazebo bianchi, ognuno riservato ad una delle vetture in attesa di scendere in pista. Tutte con lo stesso spazio, tutte perfettamente allineate e con una targa recante modello, anno e piloti. Come se si entrasse in vero museo aperto a tutti coloro che volevano scoprire la storia dell’automobile. Non c’erano barriere: l’Imola Classic era la condivisione di un’unica passione attraverso i modelli che hanno fatto la storia delle corse.

Candidi gazebo e GT allineate per entrare in pista: questo era il paddock dell’ Imola Classic (Foto Claudio Fargione)

Miti su ruote

A colpirmi subito furono le vetture del “Trofeo Nastro Rosso”: un plotoncino di Bizzarrini 5300 GT, Ferrari 250 SWB e 275 GTB4, Maserati A6 GCS/53, Alfa Romeo Giulietta SZ o tra tutte la “regina”: la Ferrari 250 GT Drogo (per gli amici “Breadvan”). Una trentina abbondante di milioni di euro messi su ruote, ma il valore monetario passava in secondo piano davanti alla meraviglia di un pezzo così unico. Non c’era tempo per soffermarsi troppo perché accanto al mini-paddock delle “Nastro Rosso” si trovavano le vetture della Classic Endurance Racing: prototipi e Gran Turismo degli anni in cui il mitico “Mondiale Marche” sovrastava in popolarità la Formula 1 e i piloti dei Gran Premi gareggiavano in coppia per portare alla vittoria il costruttore. Automobili da “pelle d’oca” per gli appassionati: Alfa Romeo 33/3, Ferrari 512M e 312 P, Porsche 908 LH facevano bella mostra accanto a Porsche 935 K3, Ferrari 512BB LM, Lancia Beta Montecarlo e BMW M1, quella splendida berlinetta che doveva nascere in casa Lamborghini. Tutte vetture originali, spesso nelle livree dell’epoca, in cui diventava appassionante ricercare gli adesivi originali recanti le gare disputate.

 Stile non elegante quello della Ferrari “Breadvan”, ma era lei la regina dell’ Imola Classic 2016 (Foto Claudio Fargione)

Stradali arrabbiate

Mentre il paddock era riservato a “Nastro Rosso” e “CER”, i box erano invasi dalle Gran Turismo della “Sixties’ Endurance” accanto alle Turismo della “Heritage Touring Cup” e della “U2TC“. Le prime sono un’imponente gruppo di mitiche Gran Turismo anni sessanta che nel pomeriggio del sabato riempivano la griglia di partenza fino alla ventiquattresima fila (mai visto a Imola uno schieramento simile di “storiche”). In testa a tutte comandavano le imprendibili Cobra, seguite da Porsche 911, Alfa Romeo Giulia GTA, Morgan, Lotus Elan, Ford Mustang o Jaguar E Type  Ma lo spettacolo nella Heritage Touring Cup non era certo da meno. Protagoniste in questo caso erano le auto del Campionato Europeo per Vetture Turismo negli anni ’70 e ’80, quando le gare gare per derivate di serie erano ancora delle vere endurance e la regina tra loro era la mitica 24 ore di Spa. Tanto per fare qualche nome: Ford Escort 1600 RS e Capri 2000 RS, BMW 3.0 CSL e 635 Csi, Volvo 240 Turbo e anche 2 rarissime Ford Mustang GT V8 ″Pinepac”, ancora coi numeri di gara della Bathurst 1000, la gara più prestigiosa d’Australia. Scendendo verso l’uscita della corsia box si poteva trovare un gruppo di derivate di serie un po’ più datate e dalla cubatura inferiore, una bella successione di Mini Cooper S, Alfa Romeo Giulia Sprint GTA, BMW 1800 Ti e Ford Cortina Lotus: le vetture della “U2TC” (Turismo sotto 2 litri). Piccole vetture ma grandi nomi, visto che a giocarsi le gare si ritrovavano grandi delle gare anni ’90 come Steve Soper (protagonista oltremanica con la BMW 320 E36) o un mito come il 5 volte vincitore della 24 ore di Le Mans Emanuele Pirro.

 Una Ferrari 512 BB esce dai box (Foto Claudio Fargione)

Il senso di tutto

Il tempo volava via veloce nel weekend dell’Imola Classic, ma senza l’ansia tipica di altri weekend di “lavoro” per noi ufficiali di gara. Le “vecchiette” ci davano qualche grattacapo, con tanto lavoro per ripulire la pista dall’olio perso che causava un “rosario” di bandiere rosse nelle prove e parecchie corse a spargere filler per la pit lane. Ma le fatiche passavano in secondo piano ascoltando il rombo fragoroso di certe vetture e conoscendo dei veri “gentlemen” pronti a mostrare le loro auto prima di scendere in pista per puro piacere. Poter condividere la passione e la meraviglia con chi, più o meno appassionato, entrava gratis nel paddock non aveva prezzo. Ciò che più contava era trasformare queste macchine da corsa in macchine del tempo, capaci di riportare la nostra fantasia nella notte di una Le Mans di fine anni ’60 piuttosto che all’Eau Rouge tra decine di turismo in lotta. Ad un tratto avevo capito: mi ero ritrovato tra gli oggetti che avevano fatto volare la mia fantasia di bimbo nato nella Motor Valley cambiandomi per sempre la vita. Grazie Imola Classic!

Il video dell’ Imola Classic 2018 confezionato dall’organizzatore: emozioni allo stato puro (Peter Auto su YouTube)

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