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Il Personaggio della settimana – Gilles Villeneuve

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In pista non conosceva limiti. Andava sempre oltre. Con il suo stile di guida ha incantato tantissimi appassionati che oggi a quarant’anni dalla sua scomparsa lo ricordano come un mito. Talento e irruenza che sono costati pezzi su pezzi alla Ferrari, ma il Drake gli voleva bene. Con il suo viso da ragazzino aveva conquistato tutti compreso il Commendatore che gli perdonava sempre tutto. Purtroppo quell’anima da bambino che si manifestava nella sua purezza e nella sua ingenuità lo ha risucchiato in un vortice burrascoso, come quello delle corse, dal quale non ha più visto la luce

Un diamante dalla la neve

Gilles nacque in una delle province più vaste del Canada, il Québec, precisamente a Saint-Jean-sur-Richelieu. Il padre Seville accordava pianoforti e in quella che era la sua realtà le gare automobilistiche sembravano qualcosa di estremamente lontano. Di fatto il piccolo canadese si avvicinò al mondo dei motori con un mezzo più congeniale alle sue radici e alle rigide temperature della sua terra. Cominciò a correre con le motoslitte da neve insieme al fratello, dimostrando subito talento e grande velocità per le corse che poco dopo lo avvicineranno alle auto e lo aiuteranno a sviluppare doti in situazioni estreme che si mostreranno anche nella sua carriera a bordo delle monoposto di Formula 1. Il passaggio fu breve e nel 1977 non sfuggì all’occhio di Hunt e della McLaren che gli proposero dei test e la partecipazione al Gran Premio d’Inghilterra.

L’aviatore

Quel talento e quel modo di correre non poteva però passare inosservato dalle parti di Enzo Ferrari che facendosi consigliare da persone a lui care e fidate tra cui Chris Amon decise di dargli una chance tra lo stupore generale di chi non poteva credere che il patron della rossa di Maranello potesse mettere su uno dei suoi sedili un giovane sconosciuto senza esperienza. A Ferrari le sfide piacevano e sostituire il partente Niki Lauda con Gilles era una di quelle scommesse pazze ma nella quale l’imprenditore modenese ci aveva visto lungo. Il primo incontro a Maranello fu subito positivo e Villeneuve debuttò a Mosport in Canada, a casa sua, sulla rossa campione del mondo che l’austriaco aveva lasciato appena dopo aver conquistato la corona iridata. L’inizio non fu dei migliori ma ciò che si intravedeva nel diamante grezzo canadese era una scintilla che sarebbe potuta diventare fuoco oltre ad uno stile di guida estremo e oltre il limite con il quale mise sotto stress la macchina e le componenti oltre che a correre grossi rischi. Il volo alla seconda gara in rosso in Giappone al Fuji fu un simbolo di ciò che sarà poi Gilles agli occhi di tutti. Un contatto con la Tyrrell di Peterson con il quale si alzò in aria e si schiantò contro le barriere distruggendo la macchina e provocando la morte di due ragazzi che non dovevano essere lì. Ma l’Aviatore ne uscì completamente illeso. 

Io sono così

Gilles era questo dentro e fuori la pista. Lui che quando arrivava a Maranello non si fermava, ma prima di scendere si esibiva in tre testacoda. Oppure quando si è improvvisato pilota rally sulle strade adiacenti ad Anderstorp tra i boschi di betulle con Forghieri che impaurito cercava di fermarlo ed invece lui se la rideva e si divertiva descrivendosi in tre semplici parole “Io sono così”. Villeneuve si è mostrato sempre per come era, non aveva maschere o veli che lo rendevano un personaggio. Gilles è quello dello storico duello a Digione contro Arnoux e il turbo della Renault che andava di più della sua Ferrari. È quello dei botti e dei colpi proibiti dai quali però è sempre uscito sulle sue gambe come a Imola 1980 quando uscì di pista alla curva prima della Tosa che oggi porta il suo nome. È quello di Zandvoort 1979 quando completò il giro per rientrare ai box, dopo una gomma esplosa, su tre ruote. E fosse stato per lui avrebbe pure continuato la corsa, se non fosse stato per la macchina non riparabile sul momento. Anche le vittorie restano momenti memorabili nella storia del canadese. La prima a Montreal nel 1978 dopo mesi e mesi di critiche per la sua guida e per gli scarsi risultati fin lì ottenuti. La vittoria di Monaco nel 1981 o la prima del 1979 in Sud Africa. Ma Gilles era anche un compagno e amico leale come si dimostrò con Jody Scheckter. Quell’anno la Ferrari 312 T4 era una macchina spettacolare e fortissima. I due piloti sapevano che il mondiale era una questione tra di loro. Alla fine il sudafricano fu bravo a massimizzare i punti durante la stagione e questo gli consentì di arrivare a Monza nell’ultima gara assicurandosi che il candese gli facesse da guardaspalle per tutto il gran premio garantendo così all’amico la vittoria iridata. D’altronde lo aveva ammesso anche al direttore tecnico della scuderia – “Se toccherà a me fare un passo indietro, lo farò”. Lealtà che ha dimostrato alla squadra anche gli anni successivi quando la T5 era una macchina inguidabile ma in quel caso la maturazione dell’aviatore venne fuori. Nel 1980 massimizzò i risultati con una macchina che era difficile e poco affidabile dimostrando di essere il talento che tutti vedevano in lui anche nei momenti di difficoltà. 

L’ultimo volo in cielo

8 maggio 1982 a Zolder in Belgio durante le qualifiche Gilles spicca il volo, di nuovo. Una dinamica già vista altre volte, ma in questo caso fu fatale. L’aviatore si elevò nell’aria per l’ultima volta con la sua Ferrari che andò in mille pezzi, e lui scaraventato fuori dall’abitacolo colpì un palo delle reti di sicurezza a bordo pista. Prima della tragedia di quel giorno però dobbiamo fare un passo indietro per capire cosa portò a quell’incidente. Per quella stagione la Ferrari ingaggiò Didier Pironi. Pilota francese e molto veloce. La Ferrari 126 C2 era una macchina da titolo. Gilles si trovava di nuovo a competere contro il suo compagno di squadra, un uomo molto diverso da lui, ma con il quale aveva instaurato un buon rapporto. Il campionato però non inizia nel migliore dei modi fino a Imola. Sul circuito romagnolo è una storia tutta rossa con i due piloti del Cavallino che rimasti soli al comando si divertono a dare spettacolo per il pubblico presente. Gilles è davanti e pensa che ormai sia fatta per la vittoria. A ragion veduta dopo il cartello segnalato dal muretto box dove viene detto ai due piloti di rallentare senza strafare, ma senza chiarezza sul congelare le posizioni. “Il tradimento” del francese arriva pochi giri dopo. All’ultimo giro della gara, quando per Villeneuve è già tutto scritto, Pironi gli tira la staccata alla Tosa e passa in testa andando a vincere il gran premio, senza la resistenza del canadese che non si aspettava quel gesto e ingenuamente quasi inerme non azzardò una difesa sul possibile attacco. Didi fece il suo gioco e Gilles ci cascò. In un momento non felice per lui si aggiunsero tensioni in pista con la sua amata squadra che erano premonitrici di qualcosa di brutto, accaduto pochi giorni dopo in Belgio. Gilles si sentiva tradito, ancora di più quando andò dal Drake che senza giri di parole alle riluttanze del canadese per quanto successo a Imola sembra che rispose così: “Mi stupisce che tu sia così arrabbiato. In fondo ha vinto una Ferrari”. Nonostante la squadra fosse dalla parte del pilota per supportarlo lui si sentì completamente abbandonato e sfociò in una frustrazione che lo portò alla morte. Gilles non era più sereno e nelle qualifiche di Zolder quando vide Pironi davanti a lui con un tempo migliore volle in tutti i modi tornare in pista per batterlo. Forghieri gli accordò un giro, ma poi sarebbe dovuto rientrare come da accordi. Il giro lo finisce ma il tempo non migliora con pneumatici usati. Nel giro di rientro non rallenta e come spinto da un fuoco di rabbia continua a spingere trovando però sulla sua strada Jochen Mass che tentò di scansarsi ma nella manovra l’incomprensione. Villeneuve prese con la sua anteriore la posteriore del pilota tedesco e decollò per l’ultima volta. Si è spento definitivamente poco dopo le nove di quel sabato sera quando sua moglie diede il benestare ai medici per staccare le macchine che tenevano in vita il marito, in quanto non ci fossero più speranze di recuperarlo.

Un’aura iridata 

Fu un campione ma senza corona agli occhi di tutti i tifosi. Il suo stile di guida insieme al suo carattere lo hanno reso mito. Un posto speciale nel cuore di Enzo Ferrari se lo era guadagnato, come testimoniano le lacrime dopo la chiamata ricevuta a Maranello il giorno della sua scomparsa. Un pilota che dava l’anima in pista andando oltre i limiti e oltre il mezzo meccanico. Cercò di imparare a gestire quando la macchina non era all’altezza e lì venne fuori un’altra parte del suo incommensurabile talento. Ma alla fine Gilles rimase e rimarrà tutt’oggi leggenda per le gesta spettacolari in pista che lo hanno iscritto nella storia della Formula 1. In fondo sarà sempre quel pilota che arrivò terzo nel 1981 in Canada tra il boato di migliaia di persone che lo videro guidare sul bagnato con l’alettone che si stava staccando dopo un contatto, ma lui con il rischio nel sangue e con l’incoscienza di chi sfida la morte perché non ne ha paura arrivò al traguardo. Gli appassionati vivono di emozioni e lui sapeva regalarle. Questo il motivo principale per cui nonostante molto spesso trasgredisse le norme di sicurezza e andasse oltre gli si perdonava tutto. Lo stesso Ferrari non gli fece mai pesare le auto distrutte, i pezzi danneggiati o i costi sostenuti per le riparazioni. Gilles godeva di un’aurea speciale, quella che si concede ai campioni che per essere sé stessi e dimostrare il loro valore non hanno paura di incontrare la loro fine.

 

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