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Carspillar – Lamborghini Islero, Toro da intenditori

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Foto AutoMotorFargio

Doppia personalità

Nel 1970 il thriller-psicologico “L’uomo che uccise sé stesso” analizzava con elettrizzante profondità lo sdoppiamento di personalità. Non a caso il protagonista Harold Pelham, magistralmente interpretato da Roger Moore, vedeva la versione convenzionale di sé stesso alla guida di una compassata berlina Rover inseguita da un sosia alla guida di una velocissima gran turismo fino all’emozionante epilogo. Quella stessa coupè poteva essere la vera protagonista della pellicola unendo un disegno classico ed interni lussuosi a prestazioni da vera sportiva. Veniva ovviamente dalla Motor Valley e si chiamava Lamborghini Islero.

Sobria ed elegante

Al Salone di Ginevra 1968 la Lamborghini presentò una nuova vettura pronta a sostituire la 400 GT, evoluzione della 350 GT che aveva dato il via alla produzione della casa. L’erede doveva dissimulare contenuti tecnici da vera sportiva con un aspetto classico che colpisse con l’eleganza e non con l’aggressività. Ferruccio Lamborghini, orfano della collaborazione con la defunta Carrozzeria Touring, si rivolse alla Carrozzeria Marazzi, realtà in cui si era trasferito lo stilista Federico Formenti insieme a buona parte dei dipendenti della storica azienda milanese. Il risultato fu una coupè 2+2 a tre volumi caratterizzata dalla pulizia e dall’equilibrio del disegno che le donavano un aspetto sobrio e signorile. Unica concessione alla grinta era l’anteriore, spiovente ed affilato, dove la sottile lama cromata del paraurti divideva la griglia inferiore dalla parte superiore dove erano incastonati i fari scomparsa, elemento tipico per le gran turismo dell’epoca. Semplici e lineari le fiancate, spezzate solo da una lunga scalifitura ed un sottile profilo cromato sotto le porte, così come il padiglione, dove i sottili montanti lasciavano spazio agli ampi cristalli che rendevano luminosissimo l’abitacolo. Senza fronzoli anche il posteriore, dove una doppia lama paracolpi cromata sovrastava i gruppi ottici rettangolari incastonati ai lati della targa. La doppia coppia di scarichi che spuntavano inferiormente erano l’unico particolare che lasciava intuire i muscoli nascosti sotto quella carrozzeria gradevole ma tradizionale. Il nome seguiva la tradizione della tauromachia: Islero era il nome del toro Miura che ferì mortalmente il celebre torero Manolete. Curiosamente nella scritta cromata fissata sul cofano baule era riportato il nome Jslero, come inizialmente era stata battezzata la vettura.

La scritta cromata al posteriore riporta la dicitura “Jslero”, la denominazione originaria della vettura (Foto AutoMotorFargio)

Eccellenza meccanica

Sotto la carrozzeria riprendeva interamente la meccanica della vettura dalla quale derivava. Sotto l’ampio cofano anteriore “pulsava” il 12 cilindri a V di 60° da 3929 cc con doppio albero a camme in testa per bancata firmato da Giotto Bizzarrini. Alimentato da sei carburatori doppio corpo orizzontali Weber 40 DCOE, questo propulsore scaricava a terra 320 CV a 6500 giri/min con una coppia massima di 393 Nm a 5500 giri/min. Ed esso era accoppiato, per mezzo di una frizione monodisco a secco, il cambio manuale a cinque marce più retromarcia con sincronizzatori Porsche che demoltiplicava il moto verso l’asse posteriore. Al telaio, tubolare con elementi a sezione quadrata opera dello staff diretto da Giampaolo Dallara, erano installate sospensioni a ruote indipendenti con bracci triangolari, molle elicoidali, barra stabilizzatrice e ammortizzatori idraulici telescopici sia all’anteriore che al posteriore. Lo sterzo era a vite senza fine, mentre l’impianto frenante era a disco sulle quattro ruote con servofreno a depressione. I cerchi in lega leggera calzavano pneumatici di dimensioni 205 / 70 / R15. Con una lunghezza di 4,52 metri ed un passo di 2,65, la Islero denunciava sulla bilancia un peso complessivo di 1315 chilogrammi. Le prestazioni erano da vera gran turismo: la velocità massima era superiore ai 250 km/h, un valore ottimo paragonato alle rivali dell’epoca.

La versione GTS non riuscì a risvegliare gli entusiasmi della potenziale clientela della Islero (Media Lamborghini)

ùSottovalutata e rivalutata

La Islero nasceva per una clientela raffinata ed attenta al lusso. Nei ricercatissimi interni pelle di qualità rivestiva sedili, pannelli porta e plancia, mentre accessori come vetri elettrici, aria condizionata e radio con fonocassetta impreziosivano la proposta. Nonostante gli ottimi contenuti, l’iconica Miura e l’innovativa Espada si presero tutta la scena e la semplicità stilistica della Islero la fece passare inosservata. Nonostante un prezzo più che concorrenziale (veniva proposta a 6.500.000 lire da confrontarsi con i 7.000.000 della Espada e della Maserati Indy e gli 8.000.000 della Ferrari 365 GT 2+2), le vendite non decollarono e nella sua prima versione, la GT, vennero prodotti solo 125 esemplari. Anche l’arrivo nel 1969 della GTS con il propulsore portato a 350 CV, una carrozzeria più aggressiva (parafanghi allargati, presa d’aria laterale) e modifiche interne (plancia rivista, nuovi interruttori), non riuscì a risollevare le sorti del modello, uscito di scena l’anno successivo dopo un altro centinaio di unità prodotte. Dopo decenni la Lamborghini Islero rimane una gran turismo apprezzata da collezionisti dal palato fino e pronti a sborsare cifre prossime a 500.000 Euro per assicurarsi un esemplare in buone condizioni. Una parziale rivincita per una figlia della Motor Valley a cui una bellezza sussurrata e non urlata non ha assicurato un meritato successo.

Come una diva del cinema, la Lamborghini Islero appare anche in un episodio della commedia “Vedo Nudo” firmata da Dino Risi nel 1969 (Lamborghini Scenes su YouTube)

 

 

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