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Carspillar – Cizeta-Moroder V16T, l’anti-Diablo

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Immagine Craig Howell (San Carlos, USA) da Wikipedia

Tra sogno e realtà

Dopo la messa in liquidazione di Lamborghini e l’acquisto da parte dei fratelli Mimran, molti collaboratori della casa cercarono strade professionali alternative. Tra essi vi era anche l’ingegnere modenese Claudio Zampolli, che dopo aver fatto parte dell’ufficio tecnico a Sant’Agata si trasferì in California con il compito di organizzare concessionari ed assistenze nel mercato più importante per la casa del Toro. Tra i tanti personaggi famosi che componevano la clientela Lamborghini, Zampolli strinse un rapporto di amicizia con un altro “emigrante” italiano di nome Giorgio Moroder. Ovvero il musicista che rese la “disco music” un fenomeno mondiale e sulle strade di Hollywood circolava con una Countach. Dalla comune passione per le “supercar” i due diedero forma ad un’idea: creare la sportiva dei loro sogni senza compromessi, con la certezza di fare meglio di quanto potesse fare la stessa Lamborghini. Da questo sogno alimentato da sana follia nacque la Cizeta-Moroder V16T.

Solo il meglio

Forte delle sue conoscenze tecniche e di contatti consolidati negli anni, Zampolli volle solo il meglio per dare vita alla sua creatura. Venne quindi contattato un fuoriclasse del design come Marcello Gandini, già padre di Miura e Countach, che sulla V16T poté esprimere le idee più estreme ipotizzate nei primi disegni di stile per la Lamborghini Diablo. Mentre la nuova dirigenza Chrysler (subentrata nel frattempo ai Mimran) aveva richiesto di “addomesticare” le linee dell’erede della Countach ritardandone la presentazione, Zampolli diede libertà di espressione allo stilista. Il risultato fu una coupé biposto che richiamava lo stile della “cugina” (specie all’anteriore) ma con molta più grinta. Le grandi prese d’aria alettate laterali scavavano le fiancate richiamando la contemporanea Ferrari Testarossa, mentre l’anteriore era caratterizzato dagli originalissimi doppi fari a scomparsa. L’enorme cofano motore era costituito da un particolare monolitico che dalle spalle dell’abitacolo si estendeva fino al retrotreno inglobando i parafanghi: aprendosi all’indietro consentiva di scoprire interamente l’enorme vano motore. Il posteriore appariva più massiccio e razionale, con la fascia paracolpi che separava la parte superiore occupata da fanaleria e targa dall’estrattore inferiore. La linearità della superficie era interrotta solo dalla doppia coppia di scarichi che spuntavano giusto al di sopra del fascione centrale.

Un cuore unico

La vera sorpresa della V16T era nascosta sotto il cofano, dove faceva bella mostra di sé un incredibile motore a 16 cilindri disposto trasversalmente in posizione posteriore centrale. La leggenda narra che avesse preso forma dall’unione di due V8 con angolo di 90° di origine Lamborghini Urraco, ma non esistono conferme. Di certo c’è solo che si trattava di un bialbero a camme in testa da 5.995 c.c. di cilindrata e quattro valvole per cilindro capace di scatenare 540 CV a 8000 giri/min con una coppia massima di 542.33 Nm a 6000 giri/min. Ad esso, tramite una frizione monodisco a secco, era accoppiato un cambio manuale a cinque velocità che trasmetteva il moto alle ruote motrici posteriori. La scheda tecnica era completata dal telaio tubolare in acciaio al quale erano ancorate le sospensioni indipendenti a quadrilatero con barra antirollio all’anteriore e molle elicoidali al posteriore. Lo sterzo era a pignone e cremagliera con elettro-assistenza, mentre il sistema frenante prevedeva dischi ventilati da 332 millimetri sulle quattro ruote. I cerchi da 17” erano calzati da pneumatici anteriori 245/40 e posteriori 335/35. Le prestazioni? Ovviamente esagerate: velocità massima di 328 km/h e accelerazione da 0 a 100 km/h in 4”.

Sconvolgente

Il primo prototipo della vettura in colore bianco perlato venne svelato all’hotel Century Plaza di Beverly Hills a dicembre 1988. Costruito da soli tre artigiani specializzati nel montaggio di super sportive (Giancarlo Guerra, Ernesto Barbolini e Luca Schiavo) rubò il tempo alla Diablo lasciando subito senza fiato gli osservatori. La presentazione ufficiale al pubblico arrivò tuttavia solo tre anni dopo, con Moroder che compose un brano per l’occasione. La V16T piaceva e gli ordini arrivarono subito, addirittura due esemplari vennero richiesti dal Sultano del Brunei che non poteva perdersi una supercar da 800.000 dollari. Le prospettive apparivano rosee, ma in realtà nubi minacciose si addensavano sul futuro della Cizeta Automobili. Le severe norme di sicurezza americane facevano allungare i tempi per l‘omologazione sul territorio statunitense, strategico per la rete commerciale. Con una costosissima produzione artigianale e sei miliardi di lire spesi ancora prima di avviare le vendite, i ricavi cominciavano a diventare una chimera per la piccola casa della Motor Valley. Moroder si ritirò dall’impresa (l’esemplare 001 sarebbe rimasto l’unico con il suo nome accanto a quello del produttore) e vennero realizzati solo una decina di esemplari in tre anni. Nel 1994 la situazione economica della Cizeta divenne insostenibile e Zampolli fu costretto a dichiarare bancarotta.

Post scriptum

La produzione in realtà ebbe un seguito: l’ultimo esemplare quasi completato al momento della chiusura viene consegnato nel 1995, mentre nel 1999 e nel 2003 vennero assemblate altre due vetture con particolari rimasti all’interno dello stabilimento. La seconda era una Spyder realizzata su richiesta di un appassionato giapponese svelata al Concorso Italiano di Monterey come “Cizeta Fenice TTJ Spyder”. Ma la storia del sogno di Zampolli e Moroder si era conclusa ormai da tempo. Claudio Zampolli ci ha lasciato nel luglio del 2021, mentre la biposto appartenuta al musicista altoatesino è stata venduta pochi mesi dopo ad un’asta di RM Sotheby’s in Arizona ad un prezzo unico come la sua storia: 1,363 milioni di dollari. E con una “chicca” finale: una compilation scritta apposta per essere ascoltata al suo interno. Come a fondere l’arte del realizzare automobili con quella di comporre musica.

Giorgio Moroder torna accanto alla vettura che portava il suo nome poco prima dell’asta del gennaio 2022 (RM Sotheby’s su YouTube)

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