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I racconti del commissario – Il giro del Mondo in Ducati (1a puntata)

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Esortazioni oppure ordini?

«Tenete duro!». Era di poche e semplici parole il direttore generale della Ducati Giuseppe Montano nei telegrammi che inviava ai due avventurieri che avevano deciso di intraprendere un’impresa che poteva fare la storia della casa di Borgo Panigale. Nella seconda metà degli anni Cinquanta dello scorso secolo le comunicazioni rapide e le localizzazioni satellitari appartenevano ancora alla fantascienza: Un giro in motocicletta intorno al globo terrestre appariva come un’avventura folle per personaggi coraggiosi (o incoscienti) ma desiderosi di mettersi alla prova per regalarsi una passeggiata in zona mito. O semplicemente per due individui straordinari come i bolognesi Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti.

Dove andiamo noi non servono strade!

Era il 1957 e Tartarini era giunto ad un bivio non solo professionale ma anche esistenziale. Figlio di un rivenditore di motocicli e pilota di sidecar, Leopoldo o come dicevan tutti “Poldino” non poteva che crescere con l’odore dell’olio di ricino nelle narici ed i motori nel sangue come solo nella Motor Valley poteva succedere. Nessuno si sorprese quando a soli vent’anni esordì nella mitica Milano-Taranto, più sorprendente fu la sua vittoria di classe davanti a piloti e mezzi ben più blasonati. Da lì iniziò una breve e bruciante carriera di stradista, che lo portò nel 1955 a diventare pilota ufficiale Ducati (oltre che concessionario della casa) per formare un binomio tutto bolognese, un sogno per lui e per gli appassionati all’ombra delle due torri. Nemmeno un grave incidente fermò la sua attività, ci volle la legge. Nel 1957, dopo il drammatico incidente del Marchese De Portago alla Mille Miglia automobilistica, le corse di velocità su strada vennero bandite in Italia. Tartarini vide così preclusa ogni possibilità di proseguire con la sua specialità. A quel punto si mise in testa un’idea meravigliosa: «Avevo ancora un anno di contratto con la Ducati, così abbiamo pensato di esaurirlo con qualche iniziativa propagandistica, magari a sfondo avventuroso. Prima ho pensato al periplo africano, poi ho alzato il tiro: perché non il giro del mondo?».

Due moto per due amici

Negli anni del “boom” economico post-bellico la motocicletta non era un mezzo di trasporto ma un simbolo di emancipazione, crescita e libertà sognato da tutti i giovani. In quel contesto la Ducati, rilanciatasi con il “Cucciolo” e le motoleggere da 60 c.c., stava entrando nel mondo delle moto sportive grazie ai progetti di un tecnico sopraffino come il romagnolo Fabio Taglioni. In particolare la “175”, spinta dal collaudato monocilindrico a coppie coniche in versione potenziata, telaio a monoculla aperta in tubi d’acciaio, forcella anteriore teleidraulica e sospensione posteriore a forcellone oscillante, appariva perfetta per viaggi su lunghe distanze. Quale migliore veicolo pubblicitario poteva esserci se non l’impresa proposta da Tartarini? Il reparto prototipi Ducati si mise al lavoro per modificare una coppia di esemplari dedicata all’avventura. Vennero saldati tubi paracolpi per proteggere la meccanica da eventuali contatti imprevisti, mentre altri supporti metallici si trasformarono in telaietti di trasporto per i bagagli. All’epoca non esistevano bagagliai per moto ma solo normali valigie da viaggio dove stipare bagagli, ricambi ed attrezzi. Tutto era pronto tranne un particolare: Tartarini aveva bisogno di un compagno di avventura. Raccontò l’idea ad un amico di infanzia, fresco di laurea in giurisprudenza e grande appassionato di moto. Si chiamava Giorgio Monetti ed era ultimo di quattro fratelli rampolli di una famiglia della buona borghesia bolognese. Poco incline alla agiata vita casalinga, Giorgio non si fece pregare per cogliere al volo l’opportunità di lanciarsi nell’impresa a fianco di Poldino. Come andarono le cose? Scopritelo venerdì prossimo con “I racconti del Commissario”!

Un breve filmato che ricorda l’impresa di Tartarini e Monetti (POPCult DOCS su YouTube)

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