Avete notato quanto ci è sembrato strano che negli ultimi anni, al via di un mondiale di Formula 1, non partecipasse un italiano, un brasiliano o un giapponese? Bene, se per italiani e brasiliani la storia, fin dagli albori, è ricca di aneddoti e campioni, l'avventura dei piloti del sol levante comincia solo nel 1975 quando Hiroshi Fushida si iscrisse con il team Maki al Gran Premio d'Olanda di quella stagione. Fushida nonostante la qualifica ottenuta il sabato non riuscirà poi effettivamente a partecipare alla gara del giorno dopo per problemi al motore alla sua vettura, ma la sua esperienza ispirerà altri, e l'anno dopo, nel 1976, quattro piloti giapponesi (Masahiro Hasemi, Kazuyoshi Hoshino, Noritake Takahara e Masami Kuwashima) si presentano alla direzione di gara per partecipare al Gran Premio di Giappone, l'ultimo appuntamento del calendario di Formula 1 di quella stagione. Kuwashima riuscirà a mettersi al volante della propria Wolf, con modesti risultati, solo nelle prove libere del venerdì, mentre gli altri si qualificheranno alla gara. Davanti al monte Fuji i giapponesi non sfigureranno con Takahara che chiuderà la gara in nona posizione e Hasemi in 11°.
Nel 1977 si presenteranno ai nastri di partenza del solo Gp del Giappone ancora una volta tre piloti nipponici, Takahara, Hoshino ed il pilota del motomondiale Takahashi. Proprio quest'ultimo, che nel decennio precedente aveva viaggiato in tutto il mondo competendo per la Honda nelle classi 50,125 e 250 del motomondiale, arriverà primo tra i connazionali conquistando il nono posto con Hoshino 11° e Takahara costretto a ritirarsi al via per una collisione con l'austriaco Binder.
La prima ondata di piloti giapponesi in Formula 1 si dissolse qui e, nonostante le qualità dimostrate dagli stessi in altri eventi motoristici, bisognerà aspettare altri dieci anni prima di vedere un pilota giapponese militare stabilmente in Formula 1. L'ingaggio di Satoru Nakajiama del 1987, un'icona del motorsport Giapponese, aprirà di fatto le porte ad una florida generazione di piloti di origine nipponica e ad una tradizione in Formula 1 che negli anni conquisterà prestigio e abbatterà i pregiudizi occidentali.
In Ordine di apparizione, sono questi i piloti giapponesi che possono contare almeno un punto guadagnato in Formula 1:
Sato e la miglior stagione di un giapponese in F1, Kobayashi il più costante.
Sato, Kobayashi e Suzuki si dividono il primo posto come miglior posizione mai conquistata in carriera per un giapponese, ma per scegliere il più vincente, basandoci sulle semplici statistiche, si potrebbero usare diverse scale. Se scegliessimo il pilota con il miglior rapporto tra gare disputate e podi la decisione ricadrebbe su Suzuki che però dall'altra parte è quello con il minor numero di punti conquistati. Se guardassimo solo alla statistica dei punti realizzati invece la scelta ricadrebbe su Kobayashi che però è l'unico dei tre ad aver vissuto tutte le stagioni sotto il corrente regime a punti che premia i primi 10 arrivati (dal 2003 al 2009 erano 8, prima 6) con punti assegnati da 1 a 25 invece che da 1 a 10. Valutando le medaglie di legno (4° posti) ne contiamo 2 per Sato, 1 per Kobayashi e 0 per Suzuki, e anche come miglior posizione finale è ancora Sato a farla da padrone con un 8° posto quale miglior risultato in carriera a cospetto dei 3 dodicesimi posti consecutivi di Kobayashi.
La vita è come un sentiero avvolto dalla nebbia: devi avere il coraggio di cercare e prendere delle deviazioni.
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