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Il Personaggio Della Settimana – Ricardo Rodriguez De La Vega

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Formula1.com - Sutton Motorsport Images

Il minore dei fratelli Rodriguez in realtà pare, per chi li seguisse al tempo, fosse anche il più veloce tra i due e il più talentuoso. Legato al fratello Pedro fin dagli inizi della sua carriera arrivò giovanissimo in Formula 1 per poi incontrare solo poco tempo dopo la sua fine proprio mentre faceva ciò che più amava. Ieri ricorrevano sessanta anni esatti dalla sua scomparsa, un giovane talento portato via troppo presto.

Da due a quattro ruote

Ricardo nasce a Città del Messico nel 1942 e seguendo le orme del fratello maggiore, fonte di ispirazione per il piccolo Rodriguez cominciò a gareggiare nelle competizioni di ciclismo. Debuttò poi anche sulle moto cominciando a correre ma sviluppò nel tempo una sana e feroce passione per le automobili. Essendo di famiglia facoltosa suo padre gli regalò una Porsche 550 RS con la quale prese parte alle sue prime gare automobilistiche. Vinse all’esordio a Torreón e poi a soli 17 anni sconfisse tutti i partecipanti nella sua prima gara internazionale a Riverside. Audace quanto il suo talento provò ad iscriversi alla 24h di Le Mans che però ritenendolo troppo giovane non gli accettò la candidatura. Nel 1959 si ripresentò per correre con la Osca nella classe 750 cc e riuscì a gareggiare, niente in confronto a quanto fece l’anno successivo in coppia con André Pilette su una Ferrari 250 TR59 concludendo secondo. Fu il più giovane a conquistare un podio nella gara regina dell’endurance.

Pronto Subito

Il passo verso la Formula 1 fu breve. Enzo Ferrari non può lasciarsi scappare un talento come Ricardo. Nel 1961 venne invitato dal Drake a correre il Gran Premio d’Italia. Ma lui nel piede aveva già tanto da dare e nella testa la voglia di farsi vedere e mostrare ciò di cui era capace. Si qualificò secondo in griglia e come se non bastasse quello come record durante la gara si mise a battagliare per la vittoria con Phil Hill e Richie Ginther, fino a quando un problema tecnico lo portò al ritiro. Fu il pilota più giovane a prendere parte ad un gran premio valido per il mondiale di F1. La stagione successiva Ferrari lo ingaggio come titolare ma decise di gestirlo con parsimonia vista la sua giovane età e la poca esperienza. Ricardo però aveva fame. Quando gli veniva data l’occasione di correre lo faceva mettendosi in gioco e portando la vettura al limite, forse anche oltre. Forniva prestazioni di altissimo livello, considerata l’età anagrafica e quante gare aveva corso fino a quel momento. Nel 1962 chiuse quarto a Spa e sesto al Nurburgring oltre al secondo posto conquistato al Gran Premio di Pau, gara che non contava per il mondiale di Formula 1. In quella stagione non essendo a tempo pieno nel circus iridato prese parte anche alla Targa Florio e la vinse in squadra con Gendebien e Mairesse oltre a competere nel mondiale endurance.

Tragedia in casa

Solitamente la gara di casa è un suolo amico, pronta a cullarti tra le sue dolci curve come la mamma. Normalmente per un pilota è come correre nel giardino dietro la propria dimora. Ci sono i familiari, gli amici e il pubblico per una grossa percentuale tifa per te che sei l’idolo locale. Bene per Ricardo il Gran Premio del Messico del 1962 non fu così. In quella stagione la Ferrari non fu particolarmente competitiva e di conseguenza decise di non prendere parte alle ultime due gare del campionato e soprattutto la gara a Città del Messico che non dava punti per il mondiale. Ma Ricardo no, lui quella gara voleva correrla e doveva portarla a casa. Così a Monza prese accordi con Rob Walker per correre con il suo team a bordo di una Lotus. Purtroppo il destino è beffardo e la Dea Bendata a volte sembra vederci benissimo. Il piccolo Rodriguez non vedrà mai la bandiera sventolata prima della partenza così come quella a scacchi. Nel primo giro di prove libere si buttò in pista cercando di battere il tempo fatto segnare da Surtees ma il cedimento di una sospensione causò una carambola alla curva Peraltada nella quale lui fu sbalzato fuori dall’abitacolo e riportò lesioni e ferite così gravi che lo portarono alla morte pochi minuti dopo.

Capivo che la bramosia del successo lo divorava. Un’ambizione nobile, da uomo, ma pericolosamente in agguato. E sapevo che, in famiglia, egli non trovava acqua per il suo fuoco, ma benzina. Dovetti leggere sul giornale che, per eccesso di velocità, per battere un record rubatogli minuti prima da un concorrente, durante le prove del Gran Premio del Messico, era uscito di pista con una Lotus. Questa volta il destino non era stato generoso. Aveva vent’anni, ed era un così buon ragazzo, sempre allegro, con quella faccia innocente di bambino terribile “.

        – Enzo Ferrari, Piloti Che Gente

I fratelli Rodriguez a Le Mans in coppia nel 1961 – Copyright: YouTube, Luc Ghys

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