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I racconti del Commissario – Mario Poltronieri, la voce

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Disegno di Giorgio Serra - Copyright to the author

Non è facile schivare le banalità quando si affrontano argomenti che abbracciano le epoche passate. A volte sembra che sia stato detto tutto, mescolando i luoghi comuni sul “caro estinto” simbolo di professionalità e signorilità con due belle passate di nostalgia insaporite dalle frasi fatte del “si stava meglio quando si stava peggio”. Volendo evitare tutto questo vorrei raccontare un personaggio amatissimo nell’unico modo che mi è possibile, cioè partendo dal mio punto di vista. Quello di un bimbo che fino ai dieci anni di età non ha sentito altra voce a raccontare il fantastico mondo della Formula 1.

Ottanta voglia di Formula 1

Gli anni Ottanta del secolo scorso sono stati un periodo fantastico per nascere. Anni un po’ superficiali ma che nell’automobilismo coincidono con l’esplosione dei rally, dei velocissimi prototipi Gruppo C e delle Formula 1 con le potenze sfrenate dei turbo. Per noi imolesi erano quelli delle invasioni di tifosi rossi con la “febbre Villeneuve” ancora altissima. La stessa che incollava tutti ai televisori per altre quindici domeniche all’anno per seguire ogni Gran Premio del mondiale, un rito laico al quale i nostri genitori ci avrebbero fatto partecipare dalla nascita. Di quei pomeriggi davanti allo schermo ricordo una voce calda e pacata, come quella di un parroco che accompagnava alla scoperta delle scritture, accompagnata da un faccione pacioso, quello del nonno che tutti avremmo voluto. Per me bimbo una voce indiscutibile, fonte di sapere e conoscenza che raccontava gli oggetti dei miei sogni e le gesta dei miei eroi. Quella stessa voce ogni tanto ne richiamava all’ordine un’altra, semplicemente “EzioZermianidaibox“, che usciva sotto un paio di baffetti furbi che correvano da un garage all’altro. Era bello sentire quelle due voci ed era bello sentire i commenti dei grandi che interloquivano. Mi sembra ancora di sentire le risate alle battute sagaci della voce dai box e le bonarie prese in giro per le frasi del “sacerdote”. Quest’ultimo procedeva nel suo racconto senza variazioni di tono, senza lasciarsi mai prendere dalla foga ma sempre prodigo di spiegazioni tecniche e digressioni storico-culturali. Ero piccolo, non potevo accorgermi di queste piccolezze, il mio affetto per il “reverendo” era sconfinato. Egli era la sola ed unica verità, con l’immenso privilegio di poter raccontare il magico mondo delle corse.

Mario Poltronieri in versione pilota visto da “Matitaccia” (Disegno di Giorgio Serra – Copyright to the author)

Parroco” ma non troppo

Crescendo ho scoperto che il “Don” si chiamava Mario Poltronieri ed era stato un pilota ufficiale Abarth negli anni Cinquanta. Non sembrava avere il fisico adatto, eppure aveva stabilito ben 112 record mondiali sull’anello di alta velocità di Monza. Era uno specialista del girare in solitaria per ore intere, addormentandosi sui rettilinei e svegliandosi con gli scuotimenti all’ingresso delle sopraelevate come raccontò una volta in televisione. Non era un amante delle lotte ruota a ruota e non era un vincente perché, come diceva Carlo Abarth, «Poltronieri non inca**a mai». Ma era un grande tecnico ed una persona di cultura, il cui valore mi diventò chiarissimo con il ritorno dei Gran Premi in diretta sulla TV di stato accompagnato da una nuova voce, strepitante ad ogni partenza. L’amato parroco era andato in pensione dopo avermi fatto capire che i piloti non erano eroi immortali il primo maggio del 1994 nel cuore della Motor Valley.

Soggetto mai smarrito

Lo ritrovai con sorpresa nell’estate del 2000 in una trasmissione di un circuito televisivo privato dove un giornalista bolognese specializzato sul calcio affrontava i temi dei motori contornandosi dei migliori esperti del settore. Ero adolescente e vedere tra loro anche il faccione gentile di Poltronieri mi faceva stare incollato alla televisione nelle serate domenicali. Fu una gran gioia sapere due anni dopo che quel mitico “Processo al Gran Premio” si era trasferito armi e bagagli nella sala stampa dell’Enzo e Dino Ferrari e i quei personaggi erano a soli dieci minuti da casa. Diventai una presenza fissa ma restava un piccolo cruccio per me: “Don” Poltronieri non faceva più parte dello staff della trasmissione. Negli anni ci sono stati tanti eventi capaci di attrarre grandi nomi sulla nostra pista di casa ed “EzioZermianidaibox” è diventato una presenza sempre piacevole e disponibile in ogni incontro nel paddock, ma passando gli anni erano sempre meno le possibilità di ascoltare dal vivo la voce che accompagnava le gare della mia infanzia. Poi, una sera di gennaio del 2017, un semplice SMS di un amico comune mi dette la notizia: “Morto Poltronieri”. Due parole secche prima che tv, siti e giornali ci coprissero con frasi fatte e luoghi comuni. Sono certo che il “parroco” sia rimasto lo stesso sino alla fine, disponibile a parlare del mondo che amava e che ha raccontato, a me bimbo, come un nonno racconta le favole ai nipoti. Di sicuro era sereno e felice della vita lunga e ricca che ha avuto. A me invece ha lasciato la consapevolezza che un altro pezzo della mia infanzia sarebbe entrato per sempre nel mondo dei ricordi. Grazie Mario.

Mario Poltronieri racconta la sua esperienza da pilota Abarth in una breve intervista (Auto Classica TV su YouTube)

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