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I racconti del Commissario – La scimmietta di Amedeo

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Agence de presse Meurisse, Publico dominio, via Wikimedia Commons


I piloti sono esseri umani dalle mille sfaccettature, votati alla razionalità della tecnica ma spesso irrazionalmente superstiziosi. Amedeo Ruggeri non faceva eccezione. Bolognese classe 1889, crebbe in una città che stava diventando la capitale italiana delle due ruote a motore, venendo ben presto contagiato dalla febbre per la velocità. Una “malattia” che lo portò ad esordire come pilota da corsa facendo affidandosi sulle sue doti: un fisico robusto che lo supportava nella guida e un coraggio che rendeva il suo stile spettacolare. Eppure anche il coraggioso “Leone di Bologna” aveva un suo amuleto. Si chiamava Gigina, una scimmietta che Amedeo portava con sé ad ogni gara per svolgere un rituale molto particolare: un giro sopra il suo casco. E vista la carriera di Ruggeri, Gigina sapeva davvero il fatto suo.

Anni RUGGEnti

Appena terminata la prima guerra mondiale, Amedeo debuttò il sella ad una Saroléa cogliendo vincendo nella sua Bologna, al velodromo del Giardino della Montagnola. Non pago di essere profeta in patria si iscrisse al massacrante Raid Nord-Sud, corsa a tappe su strada che univa Milano a Napoli tagliando la penisola per circa 880 chilometri. Avrebbe partecipato sei volte: dopo il ritiro nella prima esperienza fu terzo nel 1921 su Indian, trionfatore nel 1922 su Harley-Davidson e quarto nel 1924 di nuovo su Indian. Il fisico corpulento lo aiutava con i mezzi di grossa cilindrata e divenne uno specialista delle moto anglosassoni. Con una Harley-Davidson 1000 c.c. fece suo il Circuito del Lario nel 1921 e l’anno dopo il Gran Premio delle Nazioni che inaugurò l’anello di Monza. Nel 1923, in squadra con Biagio Nazzaro e Miro Maffeis, divenne campione italiano su strada della categoria 1000 in sella alla Indian. Ma Amedeo non si limitava alle “taglie forti”: nel 1925 trionfò anche a Berlino nel primo Gran Premio di Germania con una G.D., felsinea come lui. Colse la seconda piazza a Monza tra le 250 c.c. con una Garanzini-J.A.P. nel Gran Premio delle Nazioni valido come campionato europeo. Ovviamente, sempre con Gigina accanto prima del via.

Il logo della G.D. sul serbatoio di una 70A Normale. Con il marchio Bolognese Ruggeri colse la vittoria in Germania (Foto Claudio Fargione)

Raddoppio di ruote

Un’altra vittoria gara a Bologna con una Moto Guzzi chiuse idealmente il cerchio iniziato nemmeno un decennio prima. Era il 1926 ed Amedeo decise che fosse il momento di cambiare obiettivi, passando all’automobilismo. Non avrebbe dovuto fare molta strada per ottenere un volante: nella città natale poteva contare sull’attivissima Maserati che gli permise di mostrare il suo talento anche con le quattro ruote. Nel 1929 venne preceduto dal solo Biondetti nella Coppa della Collina Pistoiese per ripetersi l’anno dopo nella cronoscalata Bobbio-Passo Penice e a Senigallia, dietro l’Alfa Romeo 6C 1750 GS di Luigi Arcangeli. Al Circuito delle Tre Province con la Maserati Tipo 26 fu terzo, sempre dietro alle vetture del Portello condotte da Arcangeli e Tadini. Non mancò nemmeno al Gran Premio d’Italia iscrivendo privatamente una Talbot-Darracq 700 con cui, insieme a Balestrero, giunse settimo nella 10 ore. Finalmente arrivò anche l’ingresso nella squadra ufficiale Maserati che partecipava al Campionato Europeo Grand Prix dove trovò il fratello Arialdo. Con la 8C 2800 fu ottavo a Monza, mentre al Nürburgring venne fermato da un guasto al motore: si sarebbe consolato con il terzo posto tra le 1500 c.c. su una 4CM insieme a Ernesto Maserati. Non mancò nemmeno alla Targa Florio, dove fece sua la quinta piazza nuovamente con la 8C 2800.

La Maserati Tipo V5 che Ruggeri condusse nel tentativo di record dell’ora a Montlhéry (Foto AutoMotorFargio)


Perdere la fortuna

La nuova nata del Tridente, la possente Tipo V5, non si era rivelata l’arma totale per sfidare alla pari l’Alfa Romeo. Accantonata per l’uso in gara, venne destinata ad un programma di tentativi di record. Uno di essi vedeva la Maserati impegnata il 7 dicembre all’Autodromo di Linas-Montlhéry, prestigioso impianto nei pressi di Parigi. Fu proprio Amedeo a scendere in pista quel giorno sull’ “Anneau de Vitesse” di 12,5 chilometri per battere il primato ora di categoria sull’ora. Nel corso del tredicesimo passaggio in uscita dalla curva ovest, il pilota perse il controllo della vettura, ribaltandosi più volte e venendo sbalzato fuori dall’abitacolo per ricadere sulla pista con un impatto fatale. Aveva quarantatré anni. Impossibile stabilire se fu un problema tecnico o un suo errore a causare l’incidente. Sicuramente quel giorno in Francia mancava Gigina: era morta una settimana prima. Oggi Amedeo Ruggeri riposa al Cimitero Monumentale della Certosa insieme alla moglie Vittoria in una tomba monumentale dedicata anche all’altro pilota bolognese Olindo Raggi, mentre il Moto Club della città natale è intitolato a lui ed al figlio Jader, vittima di un incidente mortale a Berna con la Gilera 500 c.c. nel 1947. Mentre della sua scimmietta resta solo un curioso ricordo in una pagina da riscoprire nella grande storia della Motor Valley

Un filmato dedicato alla gara di Monza del 1930 a cui Amedeo partecipò con una Talbot-Darraq privata. (sagitt76 su YouTube)

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