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Chiacchiere da Bar…bieri – Gli 82 anni del dottorcosta

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clinicamobile.com


In tutti i giorni che sono scesi in Terra sono nati uomini e donne che hanno fatto la storia, che sia di una piccola comunità o di un intero ambito. Anche oggi, 20 febbraio, non fa eccezione. Nel 1969, nell’allora Jugoslavia, nacque Siniša Mihajlović, che tanto ha dato al calcio e al Bologna FC. Vent’otto anni prima, a 840 km di distanza da Vukovar, nacque da Francesco Costa, detto Checco, Claudio Marcello Costa. Lui è il primo figlio di colui il quale intuì la genialità del progetto di un circuito permanente sulle colline imolesi, lo prese in mano e ne fece un capolavoro.

Il giovane Claudio, qualche anno dopo, era su una curva di quello che si può chiamare “suo fratello”, l’allora Auto-motovelodromo Prototipo CONI di Imola. Nel 1957, infatti, durante la Coppa d’Oro Shell, eludendo la sorveglianza e dopo aver corrotto con un sorriso il guardiano del cancello delle Acque Minerali, entrò in pista, nascondendosi dietro un pino. Davanti a lui, durante la corsa, cadde Geoffrey Duke. Il futuro dottorcosta, senza pensarci due volte, si lanciò in pista, portando al sicuro il pilota e recuperando la moto. Si sentì un eroe e il giorno dopo lo scatto che lo ritraeva durante il suo salvataggio finì sul giornale. Checco Costa non fu contento e lo sgridò portandolo alle lacrime. Poi, profetico e visionario come sempre, gli disse: “Questo è quello che farai tutta la vita”.  E così fu, diventando prima il responsabile del soccorso medico a Imola, a partire dalla prima 200 Miglia del 23 aprile 1972 e poi esportando, non senza difficoltà, il modello di servizio medico che oggi è lo standard richiesto sulle migliori piste del mondo.

Come suo padre prima di lui, è un eretico. Suo padre mise a rischio tutto il patrimonio di famiglia per le corse, mentre il dottorcosta operò con la sua Clinica Mobile sempre sul filo del giuramento di Ippocrate. In un’intervista rilasciata nel 2022 a Paolo Ianieri per la Gazzetta dello Sport disse di sé: “Sono un eretico. Lo sono perché la mia medicina non ha guardato la scienza, le sillabe della ragione, ma l’emozione, il sogno, il desiderio. Il desiderio è un interruttore che tutti gli esseri umani hanno, e se lo sanno girare dalla parte giusta, possono andare a conquistare tutti i mondi che vogliono”.

Si è allontanato dalle piste, oltre che per l’età, perché la scienza odierna ha fatto forse un passo indietro, rendendo più difficile per i piloti tornare in pista prima della completa guarigione. Non sarà più possibile vedere un Jorge Lorenzo in pista due giorni dopo aver subito un intervento per la riduzione di una frattura della clavicola.

Io c’ero, a Imola, quel 27 giugno 2013. Era un giovedì e il dottorcosta era in prima fila per l’apertura in anteprima del museo dell’Autodromo, che porta il nome dell’amato padre e che sarebbe stato inaugurato ufficialmente l’anno dopo. Ricevette una telefonata e poco dopo, in maniera decisa, quasi brusca, fece allontanare tutti coloro i quali erano in fila, in attesa di entrare. “Via, via, fatemi passare, devo andare via. Il Museo chiude”. Io, come altri, fui quasi stizzito da questa foga, ma proprio in quel frangente mi arrivò all’orecchio una notizia: “Lorenzo ha avuto un incidente ad Assen, secondo me il Dottore deve partire per andare a vederlo”, disse accanto a me un appassionato presente.

Gli occhi del dottorcosta erano quello di una persona che in quel momento aveva un’altra missione da compiere. Non quella di celebrare Checco, figlio di Imola e padre spirituale di tantissimi imolesi, ma quella di fare correre il campione MotoGP in carica, impegnato nel suo confronto in campionato con il debuttante Marc Marquez. In quegli occhi traspariva la voglia di aiutare un pilota che aveva un solo desiderio, quello di tornare a correre il più in fretta possibile. Claudio Marcello Costa volò da lui, assistette all’operazione e due giorni dopo Lorenzo arrivò miracolosamente quinto in gara, limitando la perdita di punti in campionato.

Quel giorno, quel 27 giugno 2013, il dottorcosta mise da parte sé stesso e un momento di profonda celebrazione della sua famiglia per mettersi al servizio del motociclismo, come ha sempre fatto in vita e come continua a fare ora, a ottantadue anni di età, raccontando storie che continuano a far ardere il fuoco della passione nel cuore di milioni di persone in tutto il mondo.

Il dottorcosta è colui il quale ha preso per mano i piloti accompagnandoli sul sentiero degli eroi, ma è anche chi ha preso per mano gli analfabeti delle emozioni e ha insegnato loro che sopra a quei cavalli d’acciaio non ci sono dei folli, ma dei sognatori.

Auguri dottorcosta e grazie, per tutto.

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