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Calcio

Juventus vs Torino: ma almeno non chiamiamolo Derby – 6 mag

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Ricordo come se fosse oggi i miei primi derby, all’inizio degli Anni Ottanta: quello della rimonta da 0 a 2 per loro a 3 a 2 per noi in treminutiequarantasecondi, quello del gol di Aldo Serena al novantesimo, e tanti altri che ebbero per protagonisti Junior e Platini, Zaccarelli e la buon anima di Scirea, Dossena e Boniek. Ricordo che a quei tempi in settimana non si parlava d’altro a scuola, negli uffici, per strada, nei bar. Ricordo la tensione che si tagliava col coltello nei giorni che precedevano il match. Ricordo la fatica che facevo ad addormentarmi la sera prima della partita, e le notti riempite da sogni granata o da incubi bianconeri. Ricordo la felicità unica ed inspiegabile che provavo quando, dopo ore di coda, riuscivo a tenere finalmente quel biglietto ben stretto nella mano. 

 

Poi arrivava il giorno della  partita. Il viaggio sul 10 con la mia sciarpa al collo. Il tram che si fermava facendo salire persone con le sciarpe diverse che si ignoravano tra loro: perché era così, non poteva che essere così. L’appuntamento con gli amici sotto la Maratona. Il momento in cui salivi le scale, entravi allo stadio, e la prima cosa che vedevi era purtroppo quel muro senza luce e senza colori davanti a te: la Filadelfia. Solo dopo ti voltavi e ti rendevi conto che in realtà eri al sicuro, in Maratona. A quel punto ti sentivi a casa tra sciarpe, tamburi e fumogeni: erano quelli i tuoi colori, erano quelli i tuoi rumori, erano quelli i tuoi odori. Ti sentivi a casa. Chi se ne fregava se di fronte avevi quel muro d’ombra? In fondo era giusto così! Era giusto e persino bello che ci fossero anche loro. Se non ci fossero stati, là davanti, come avremmo fatto ad umiliarli ancora una volta? Come avremmo fatto a surclassarli con la bellezza dei nostri colori, con la genialità delle nostre coreografie, con la potenza dei nostri cori. A quel punto chi se ne fregava di quello che sarebbe successo in campo? Noi avevamo vinto comunque! Noi avevamo vinto nel momento stesso in cui avevamo scelto di non essere come loro. Noi avevamo vinto perché eravamo quelli baciati dal sole, quelli più belli, quelli più colorati, quelli che tifavano anche quando si perdeva. E ‘fanculo a tutto il resto! Noi avevamo vinto comunque e non era una consolazione, ma gloria vera! 

“Un tempo si diceva che noi vincevamo i campionati e voi vi accontentavate di conquistare il derby, ora manco più quello, ora vi basta vincere sugli spalti!” ci dicevano a volte quelli là per nascondere la loro invidia. Oh sì, invidia, perché la vittoria sugli spalti, in quei derby, era l’unica cosa che non poteva mai essere messa in discussione da nessuno. Anche se alla fine erano loro ad esultare. 

Ma in fondo chi se ne fregava?!? La vittoria più importante era comunque nostra. 

Senza dubbi. Senza santi. Senza cazzi. 

 

Da qualche anno non ci resta manco quello. Ci hanno tolto anche la soddisfazione di surclassarli con le nostre idee e con i nostri colori. Ma, visto che non ci potevano riuscire con la fantasia di cui sono privi, per farlo hanno dovuto uccidere il derby. D’altra parte quella era la partita che molti di loro dicevano di voler cancellare dal calendario, mentre noi non vedevamo l’ora di giocarla. D’altra parte  loro sostenevano che quella era una partita come le altre, mentre per noi era sempre stata LA PARTITA.  

Stop. Fine di tutto questo. Mentre a Milano, a Genova e a Roma tutti gli anni si giocano due derby e lo stadio si divide e si riempie di colori come a Torino accadeva un tempo, da noi tutto ciò è stato irrimediabilmente cancellato.  

Senza che facessimo più di tanto per impedirlo e nel totale silenzio delle autorità cittadine e degli organi di stampa, il derby è stato completamente svilito ed eliminato dalla storia del costume della mia città d’origine. D’altra parte cosa ci aspettiamo da una città nella quale per adesso non si trova uno spazio da adibire a Museo che racconti la Nostra Storia e quella degli Invincibili di Superga? Cosa ci aspettiamo da una città che ha concesso loro di fare ciò che han fatto alla Continassa (la zona del loro stadio) e che cerca anche di convincere i meno scafati ed i meno attenti che quella è una cosa buona e giusta? Cosa ci aspettiamo da una città che sta perdendo tutto il suo patrimonio industriale mentre i media cercano di convincerci che è vero il contrario?

Inutile che ce la stiamo a raccontare: ci hanno rubato il derby. E pretendono anche ce ce ne stiamo zitti e che ce lo facciamo piacere! Ci raccontano perfino che è normale che sia così: in tutta Europa funziona così con gli stadi di proprietà, è il calcio moderno bellezza! Ma Genova, Milano e Roma non sono in Europa? Eppure loro il derby con le due curve colorate ce l’hanno ancora eccome! Vivendo a Genova, alcune settimane or sono mi è capitato di trovarmi a poche ore dal derby della Lanterna su un autobus nei pressi del Ferraris ed ho rivisto le stesse situazioni che si verificavano a Torino anni fa: gente che circolava tranquillamente con la propria sciarpa al collo, che magari si guardava un po’ in cagnesco, ma che alla fine si ignorava dirigendosi verso la propria gradinata nella quale tifare liberamente per la propria squadra e per essa palpitare e sperare. A Torino questo è ormai quasi un ricordo.

Ci hanno rubato il derby. E se provi a dirlo, magari sottovoce, ti accusano di essere il solito disfattista antimodernista, anche un po’ superficiale perché “con tutti i problemi che abbiamo, tu ti preoccupi del derby?!”. E hai bel dire che invece il derby è importante. E hai bel dire che il derby era storia del costume della nostra città e che se non ti preoccupi per la perdita dei pezzi piccoli finisci per non dar peso anche al venir meno di quelli grandi. 

Ci hanno rubato il derby. E costringono quei pochi che ci vogliono andare comunque a spendere una cifra che è un insulto alla crisi. Li obbligano ad andare allo stadio “in incognito” senza sciarpe e bandiere, ad essere sottoposti a diecimila controlli, a non poter riempire lo stadio (o almeno una curva di esso) con i propri colori, ad essere trattati peggio di quando si va in trasferta su un campo ostile. Ospiti nella nostra città: ecco cosa ci hanno fatti diventare! Me ne sono reso conto alcuni anni fa quando commisi l’errore di andare in quello stadio che umilia noi granata per il fatto stesso di esistere.  Ospiti, braccati, messi a tacere. Umiliati anche nel caso di improbabile vittoria. 

Ci hanno rubato il derby e nessuno ha mosso un dito. Neppure noi stessi. 

Ma almeno non mi dite che devo farmelo piacere. 

Per me il derby è avere la possibilità di giocarsela con loro fino in fondo e di non essere dei minuscoli topolini allo sbaraglio nella tana di un gatto enorme. 

Per me il derby è libertà di circolare per la propria città con la sciarpa dei propri colori, o anche dei propri non colori.

Per me il derby  sono due curve che si guardano in cagnesco e si urlano di tutto l’una contro l’altra, non uno spicchio colorato circondato da un mare senza colori. 

Sabato, comunque vada, non vedremo nulla di tutto ciò. 

Le televisioni ed i giornali possono raccontarmi tutto ciò che vogliono e parlare di derby fino allo sfinimento, ma non riusciranno mai a convincermi con la loro retorica da quattro soldi. 

Posso chiamarla partita contro l’altra squadra della città.

Posso chiamarla trasferta importante contro il club che sta dominando l’ennesimo campionato modestissimo.

Posso chiamarla partita che sarebbe bello non dico vincere ma almeno provare a giocare, cercando magari di metter loro paura. 

Posso chiamarlo Luca, Giovanni, Marco, Padre, Figlio, Spirito Santo, mia nonna in carriola, me nonu pirata con la gamba ‘d bosch (*). 

Posso chiamarlo come volete. 

Ma per favore non chiedetemi di chiamarlo derby.

 

Detto tutto questo, proviamoci. 

Non sarà per niente facile, lo so, ma almeno mettiamo in campo tutte le risorse in nostro possesso che, quest’anno, non sono neppure poche.  

Vorrei una sola cosa: CHE CE LA GIOCASSIMO!

Fino in fondo. 

Per vincere. 

Senza fare troppi calcoli. 

Senza farcela sotto sul più bello come troppo spesso è accaduto in passato. 

Senza tirarci indietro mai. 

Mister a te il compito di caricare la squadra!

Ragazzi: a voi il compito di regalarci questo piccolo-grande sogno!

Per arginare anche solo per un po’ la loro marcia trionfale. 

Per onorare gli unici veri Invincibili, quelli di Superga, che abbiamo ricordato in settimana.

Per noi. 

Tutti noi. 

 

E viva il Toro! 

 

 

 

(*) In Piemontese: mio nonno pirata con la gamba di legno. 

 

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