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Football Knowledge #5.1: La numerologia nel calcio

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Portiere col numero 1, terzino destro 2, sinistro 3, centrali difensivi 5 e 6; esterno destro 7, sinistro 11, centrali di centrocampo 4 e 8; seconda punta 10, prima punta 9. Il mantra della numerologia calcistica classica prevedeva, in uno schieramento basato sul più tradizionale dei 4-4-2, che ad un determinato ruolo si associasse un’omologa cifra sulle spalle, da 1 ad 11, con i numeri superiori destinati a coloro che si accomodavano in panchina.

Nel tempo, però, gli abbinamenti numero/ruolo sono andati via via perdendosi, sia per l’introduzione dei numeri fissi per i giocatori (obbligatori dalla stagione 95/96 in Serie A e B e dal 16/17 in Serie C, con la possibilità di utilizzo introdotta quest’anno anche per i campionati dilettantistici), sia perché l’evoluzione del gioco e l’eccentricità di alcuni tecnici ha portato alle più svariate soluzioni. Anche per principi educativi: se il 10 è tradizionalmente il numero che tutti i bambini sognano, alcuni allenatori dei settori giovanili lo hanno attribuito per meritocrazia, impegno o anche in maniera del tutto casuale, basandosi sull’ordine alfabetico dei cognomi. Così, può capitare che uno sgraziato esterno di centrocampo, il cui cognome inizia per L, abbia più volte avuto la fortuna di essere il decimo dell’elenco (ogni riferimento al redattore è puramente casuale, ndr).

Abilità, classe e maestria: è questo il motivo per cui, solitamente, la dieci finisce sulle spalle dei campioni più conclamati. E tra i Baggio, Totti e Del Piero spunta la sagoma, meno ingombrante ma comunque importante, di Igor Protti: il calciatore riminese la indossò a Livorno, negli ultimi sei anni di carriera (1999-2005) nei quali fu protagonista della scalata dalla C1 alla A. Con ottimi risultati, tanto da convincere la società labronica a ritirare il numero. L’assenza della 10 sulla maglia amaranto, però, durò solo due stagioni, in quanto fu lo stesso attaccante a convincere la società a fare un passo indietro con una lettera strappalacrime, che richiama il concetto sopra riportato: “Non posso togliere ad un bambino di Livorno il sogno di vestire il numero 10 all’Ardenza”. Chapeau.

Altre volte, invece, la prima doppia cifra è stata assegnata ad un giocatore che non rappresenta il dogma del talento puro, ma semplicemente per alleggerirne il peso derivante dai fasti dei predecessori. Così William Gallas, appena approdato all’Arsenal dal Chelsea, nel 2006, ottenne il 10 appena lasciato da Dennis Bergkamp su indicazione del tecnico Arsene Wenger, che riteneva opportuno fosse un difensore a vestirla affinché su nessun attaccante potesse pesare l’opprimente paragone con The non-flying Dutchman, capace di scrivere numerose pagine di storia con i Gunners. Episodio che succedette di pochi mesi quanto accaduto all’Argentina in occasione del Mondiale: nelle qualificazioni la Selecciòn non assegnò a nessuno la 10 in tributo a Diego Armando Maradona, e tentò lo stesso espediente nella spedizione in Germania, trascendendo la regola della numerazione da 1 a 23 e assegnando la 24 al terzo portiere Bonano. Fu il presidente della FIFA Blatter a bloccare il tutto, dichiarando non transigibile la suddetta norma e impartendo d’ufficio il numero mancante proprio a Bonano. Per evitare di sporcare il valore simbolico del diez, l’Argentina ritenne opportuno invertirne l’assegnatario con il titolare della 23, l’ex Parma Ortega, ritenuto maggiormente idoneo.

Genio e sregolatezza: sono i portieri ad essere, tradizionalmente, i più istrionici del gruppo. Così può capitare che, nell’epoca attuale della numerologia senza regole scritte né consuetudinarie, i numeri tradizionalmente vestiti dai giocatori di movimento finiscano sulle spalle degli estremi difensori. E viceversa: capostipite della “1” in campo fu il nazionale argentino Ardiles, che lo vestì ai Mondiali del 1978 e del 1982. Più recentemente, per la precisione la scorsa stagione, è stato il trequartista del Chievo Jonathan De Guzman a fregiarsi del medesimo numero sulle spalle.

Proprio la squadra della Diga fu protagonista di uno dei primi casi opposti. Così, nel 2001, nella prima storica stagione dei gialloblu in A, il portiere Cristiano Lupatelli indossò la più volte citata casacca numero 10, aggiudicandosela in un’asta indetta dai giocatori clivensi. Suo ideale successore è stato Stefano Sorrentino, attuale titolare della società veronese, che invece veste un più anonimo 70. I motivi, come svelato dalla sua autobiografia “Gli Occhi della Tigre”, sono da ricercare nei giorni di nascita delle sue quattro figlie. Al 54 indossato fino al 2012/13, somma delle cifre 28, 20 e 6, si è infatti aggiunto il 16, corrispondente al giorno di settembre 2013 in cui è nata Viola, ultima arrivata in casa Sorrentino.

 

Decisamente ironica, invece, è la scelta del numero di maglia indossato in passato da Marco Fortin: 14, come da assonanza col suo cognome con la lingua inglese, mentre fece discutere e non poco la maglia numero 88 che avrebbe dovuto indossare Gigi Buffon a Parma nel 2000/01. Reduce dall’infortunio che gli fece saltare l’Europeo in Belgio e Olanda, il portiere carrarese chiese alla FIGC di poter vestire la maglia 00, simbolo della tenacia e del coraggio. Per usare un francesismo, mostrare di avere due palle così . Dato il rifiuto, puntò sull’88, così che le sfere  fossero quattro. Indispettendo, però, la comunità ebraica italiana: l’88, infatti, è riconducibile al motto nazista “Heil Hitler”, in cui i due 8 simboleggiano l’ottava lettera dell’alfabeto, le due H. A scanso di equivoci, Buffon virò sul 77, numero col quale difese la porta parmigiana nell’ultima stagione di militanza in Emilia. Dodici mesi dopo, infatti, per la cifra record di 105 miliardi di lire, sarebbe passato alla Juventus…

(CONTINUA)

 

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SECONDA PUNTATA: Mamma ho perso l’aereo 

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QUARTA PUNTATA: Questions & Answers, risposte alle domande dei tifosi rossoblu

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