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MONDAY NIGHT – Storia di Bernd

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foxsports.it

Nato a Brema, nel quartiere occidentale di Walle, il 22 Ottobre 1923, Bernd fin da piccolo dimostra interesse per lo sport e pratica con profitto calcio, pallamano, völkerball (palla prigioniera, che in Germania era considerato un vero sport, n.d.F.) ed atletica leggera. Nel 1934 vince diverse gare di atletica ed un conseguente diploma di eccellenza firmato dal presidente tedesco von Hindenburg, in seguito trova lavoro come apprendista meccanico continuando a coltivare le sue passioni per diletto. Compiuti i 18 anni, si arruola volontario nel 1941, a guerra in corso, nella Luftwaffe come operatore radio ma, data la sua scarsa attitudine, è destinato successivamente al corpo dei paracadutisti. Catturato sul fronte russo, riesce a scappare ed il suo comportamento eroico gli vale la Croce di Ferro: rientrato in patria viene mandato sul fronte francese dove – anche qui – viene fatto prigioniero dalla resistenza riuscendo nuovamente a fuggire. Assegnato ad un’altra unità viene a trovarsi sotto il bombardamento alleato di Kleve, al quale sopravvive per miracolo. Decide che ne ha abbastanza della guerra e si mette in marcia verso la natia Brema stando ben attento ad evitare truppe di entrambi gli schieramenti: è sprovvisto infatti del foglio di congedo e per i tedeschi è un disertore. Nascostosi in un granaio, viene trovato dagli americani e condotto a mani alzate in un campo: terrorizzato da una possibile fucilazione, elude la pattuglia e corre verso una staccionata che salta con grande prestanza. Nel tentativo di rialzarsi nota un paio di stivali e sente una voce querula che domanda: “ciao Fritz, che ne dici di una tazza di the?”. È un soldato inglese, che lo fa prigioniero per la terza volta. Trasferito ad Ostenda e successivamente in un campo in Inghilterra, è interrogato e classificato come prigioniero di “categoria C” (nazista indottrinato) ma verrà declassato poco dopo alla “categoria B” (non nazista). Sa che la fine del conflitto è imminente e non tenta un’eventuale quarta fuga, inoltre la vita al campo è tranquilla e si tengono regolarmente partite di calcio. Bernd gioca come centromediano ma un giorno, infortunatosi nel corso di un’azione, scambia il ruolo con il portiere Günther Luhr: da quel momento non lascerà più i pali. Alla chiusura del campo, nel 1948, gli viene offerto il rimpatrio ma lui rifiuta e resta in Inghilterra lavorando prima come bracciante in una fattoria e poi come artificiere a Huyton, nei pressi di Liverpool. Ribattezzato “Bert”, data la difficoltà degli inglesi a pronunciare “Bernd”, inizia a giocare nella squadra amatoriale del St. Helen Town: qui conosce Meg Friar, figlia del segretario del club, e la sposa poco più tardi. Nel frattempo le sue prestazioni eccellenti alimentano la sua fama fuori dalla cittadina e in molti accorrono a vedere le gesta di quel portiere prodigioso: la finale della Mahon Cup, una competizione locale, si gioca di fronte a quasi 9000 spettatori, cifra incredibile per quel livello. A fine stagione sono molte le squadre che vogliono tesserarlo ma la spunta il Manchester City. Il sentimento antitedesco è ancora molto forte nel paese e l’idea che “uno di quelli” si affacci alla ribalta del loro calcio professionistico poco aggrada ai sudditi di Re Giorgio: la sede del club è sommersa da lettere di protesta e viene tentato un boicottaggio degli abbonamenti. Il capitano del City Eric Westwood, un veterano dello sbarco in Normandia, pur esprimendo riserve su quell’ingaggio in privato, dichiarerà alla stampa: “non ci sono guerre negli spogliatoi” e l’affare va in porto. A complicare le cose c’è anche il fatto che Bert dovrà rimpiazzare Frank Swift, da poco ritiratosi, vera leggenda di società e tifoseria.

Le riserve dei tifosi Sky Blues vengono dissipate dall’esordio casalingo contro il Bolton: le sue parate incredibili fanno ricredere i supporters dei Citizens che cominciano ad accettare la presenza di quel collerico teutone a guardia della loro porta. Fuori casa però le cose non vanno benissimo ed epiteti come “kraut” o “nazi” sono all’ordine di ogni gara. Tuttavia a Londra, contro il Fulham, dopo una campagna stampa curata ad arte per alimentare l’odio della folla, tutto il Craven Cottage, al fischio finale, tributa una standing ovation al guardiano tedesco che a stagione conclusa riceverà addirittura il premio della stampa come miglior giocatore. Carattere introverso e a tratti irascibile (verrà espulso più volte in carriera) permette a pochi di dargli consigli e mal digerisce le critiche. Non avrà mai una nazionale: incontra Sepp Herberger che gli spiega come la DFB sia contraria a convocare calciatori che militino all’estero, per cui non può portarlo con sé in Svizzera. Il City raggiunge la finale di F.A. Cup nel 1956, contro il Birmingham. Sul 3-1 per la sua squadra, ad un quarto d’ora dalla fine, esce basso sull’attaccante Peter Murphy rimediando una violenta ginocchiata al collo che gli fa perdere i sensi. Sono altri tempi: riavutosi, resterà al suo posto, pur lamentando dolore, e compiendo ancora un’intervento determinante sullo stesso Murphy. Il City si aggiudicherà il trofeo e lui parteciperà sia alla premiazione che al conseguente banchetto di festeggiamento. Ma tre giorni dopo il dolore non è ancora sparito e, recatosi in ospedale, gli viene diagnosticato il dislocamento di cinque vertebre del collo, una delle quali fratturata: un’infortunio che avrebbe potuto avere conseguenze letali. Ci vorranno diversi mesi prima che torni sul campo dove rimarrà fino al 15 Aprile 1964, giorno del suo match d’addio in cui capitanerà una mista di City ed United contro una selezione internazionale. 545 le sue presenze con la maglia del Manchester City. Si dedica alla carriera di allenatore prima allo Stockport County poi in patria, per due anni, al Preußen Münster e all’Opel Rüsselheim, infine fa le valigie e gira il mondo: Birmania (che qualificherà per Monaco ’72), Tanzania, Liberia, Pakistan e Yemen del Nord fino all’interruzione dell’attività nel 1988. Verrà insiginito dell’Ordine al Merito tedesco e dell’Ordine dell’Impero Britannico. Per Bernhard Carl Trautmann è il momento della pensione: si trasferisce in Spagna con la terza moglie, dove sarà colpito da tre infarti l’ultimo dei quali gli sarà fatale, il 19 Luglio 2013, nella sua casa di La Llosa, nei pressi di Valencia.

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