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Calcio

MONDAY NIGHT – Der Rest von Leipzig

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Come già spiegato più volte, il pallone non era amato nei palazzi della DDR perché costituiva motivo di pericolose aggregazioni, però era sempre lo sport preferito dal popolo, motivo per cui andava controllato con attenzione maniacale. Le commissioni del regime, quindi, lo usavano secondo convenienza: i trasferimenti erano decisi a tavolino per raggiungere obiettivi che spesso non erano solo sportivi ma anche politici. Se un giocatore entrava nel giro delle nazionali, ad esempio, poteva essere mandato ad una squadra più competitiva per non comprometterne il rendimento, se invece era dissidente capitava che, indipendentemente dal suo valore, venisse relegato nelle serie inferiori in quanto ingestibile. Non era infrequente, inoltre, che intere squadre venissero spostate da una città all’altra per ridisegnare la geografia calcistica in base ai desideri del SED o della Stasi, cosa che – ignorando ogni principio sportivo – poteva anche avvenire a torneo in corso e, letteralmente, da un giorno all’altro. Tra i casi più famosi quello dell’Empor Lauter, trasferito in blocco a Rostock nel 1954, nonostante le proteste dei tifosi che si adoperarono, senza successo, per bloccare il treno: sarebbe diventato Hansa Rostock un decennio dopo, quando un piano governativo decise la creazione di undici “squadre centrali”, site nelle città più importanti, che sarebbero state oggetto di cure particolari al fine di garantire alle nazionali un continuo apporto di talenti. A Lipsia accadde invece un fatto anche più curioso. Il Chemie vinceva mentre il Vorwärts, legato all’esercito, non riusciva ad ottenere risultati e a riscuotere simpatie tra la popolazione per cui il regime decise di “smontare” il Chemie pezzo per pezzo. L’operazione non riuscì tuttavia perché ebbe l’unica conseguenza di indebolire il tessuto sportivo della città: il Vorwärts retrocesse l’anno successivo ed il Chemie non andò oltre un ottavo posto. Il problema era che in casa biancoverde, evidentemente, sapevano come crescere i giovani talenti perché in capo ad una sola stagione la squadra risalì le gerarchie arrivando seconda. Un nuovo intervento governativo cercò di ristabilire l’ordine: vennero cambiati i nomi alle due società, il Chemie divenne Lokomotiv ed il Vorwärts assunse il nome di Rotation. Il torneo successivo parve dar ragione ai tecnocrati ma durò poco perché dopo un anno il gap fu colmato e da quel momento in poi il Lok iniziò a piazzarsi stabilmente (tranne in un’occasione) davanti ai cugini, mettendo anche in bacheca nel 1957 la coppa nazionale. Nel 1963 si optò per un rimedio estremo: la città di Lipsia, seconda solo a Berlino nella DDR, doveva avere un undici di alto livello per cui si decise di creare una nuova società sulle ceneri del Rotation che avrebbe assunto il nome di SC Lipsia e avrebbe raccolto i migliori talenti della città mentre gli altri sarebbero convogliati nel Chemie (tornato alla vecchia denominazione). Una misura che apparentemente non poteva fallire ma qualcuno fece i conti senza l’oste… Il SED mise in moto la macchina della propaganda: al Chemie ci si riferiva come “Rest von Leipzig” (scarti di Lipsia) e venne affidato ad Alfred Kunze, dai discreti trascorsi sportivi ma, soprattutto, fine psicologo che cercò di mettere ordine in quella schiera di giovani, tra i quali figuravano studenti e operai, lavorando sodo e mostrandosi sempre disponibile al dialogo. Kunze li osservò, li studiò, cercò di conoscerli più a fondo. E iniziò a rendersi conto che a Lipsia avevano preso una cantonata clamorosa. Quelli non erano scarti, tutt’altro: Behla era un buon centravanti, Pacholski un’ala particolarmente veloce e Bauchspieß, oltre al vizietto del gol, era ovunque. Senza dir nulla a nessuno iniziò a plasmare la squadra secondo i suoi dettami. Partirono bene, i Verdi, i cugini “bravi” invece un po’ meno e si arrivò al derby della sesta giornata con lo SC due punti più indietro: quale migliore occasione per un aggancio e per ristabilire le gerarchie come ipotizzate? Invece la batosta fu di quelle che non si dimenticano, un 3-0 che non ammetteva scusanti: Scherbarth, Pacholski e ancora Scherbarth umiliarono i rivali e iniziarono a gudagnarsi i favori della città che provava sempre più simpatia per quell’Elf dal gioco britannico e spregiudicato. Il primo scivolone arrivò due giornate dopo, contro i diretti rivali dell’Empor Rostock da cui vennero anche scavalcati in classifica e la concomitante vittoria del Vorwärts Berlino li fece ruzzolare in terza posizione. Poi, a cavallo del giro di boa, una serie di risultati negativi sembrò far sfumare definitivamente le ambizioni del Chemie. La sofferta vittoria interna contro il Lokomotive Stendal restituì morale perché quel giorno Vorwärts ed Empor fecero entrambe la frittata: la vetta ora era nuovamente a soli due punti. Altri sei punti in tre gare riportarono i ragazzi di Kunze davanti a tutti ma nel frattempo anche i dirimpettai si erano ripresi e alla vigilia del derby di ritorno la situazione vedeva nuovamente le concittadine separate da due soli punti. Facile immaginare la reazione del Zentralstadion al vantaggio di Werner Gase ma a metà della prima frazione Pacholski pareggiò i conti. Fu il solito Bauchspieß a siglare il gol-partita al 62° e da quel momento il Chemie non avrebbe più lasciato la testa della classifica, andando a vincere il massimo torneo della DDR. Poco importa un premio di soli 2000 marchi da dividere tra tutta la squadra: der Rest von Leipzig era entrato nella leggenda.

La squadra sarà privata dei suoi elementi migliori e scenderà nelle categorie inferiori, poi il cambio di nome in Sachsen Leipzig ed infine, a riunificazione avvenuta, addirittura il fallimento. Poi la rinascita, grazie ad un gruppo di appassionati, ma ancora oggi quei ragazzi sono ricordati, all’ingresso dello stadio, da undici sagome a grandezza naturale. Stadio intitolato, naturalmente, ad Alfred Kunze.

Per approfondimenti e curiosità potete venirmi a trovare su FUSSBALL, BITTE!

Friedl25

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