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Monday Night – La Coppa delle Coppe ’98 del Chelsea

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Negli anni Novanta era ancora quello italiano il campionato più bello del mondo. Tutte le squadre, e anche per più volte, in finale di una coppa europea, o spesso di tutte e tre. I Mondiali del 1990 e del 1994 che videro la Nazionale sul podio, gli stadi pieni, l’ultimo calcio ancora delle partite alla stessa ora e di radioline e borghetti allo stadio. Oggi è sopravvissuto certamente il borghetti (carissimo, però), e la radiolina è stata sostituita dall’app che dà i risultati in diretta. Ma qualcosa stava cambiando. L’Inghilterra mortificata dagli hooligans, da una Nazionale che ne fomentava la fama in giro per il mondo, della conservazione di un’anima british ancora figlia dei padri fondatori, si stava trasformando. Nel 1992 nasce la Premier League, che diventa un campionato e una Lega a parte e inizia una rivoluzione che, come tutti i cambiamenti, col tempo ha dato i suoi frutti in un ventennio di costante crescita. Andrea Pressenda, di questo cambiamento e di questa evoluzione, ne ha fatto un libro: il giornalista romano ha dato alle stampe “British Experience”, un manuale di come il calcio in Inghilterra sia cambiato da tutti i punti di vista. Calciomercato, allenamenti, approccio psicologico, persino la cucina. Un manuale per vivere il calcio nella terra d’oltremanica.

E, venendo alla nostra storia, il capitolo “Magic Box” fa al caso nostro. Prima regola: un’esperienza all’estero, a prescindere dai risultati, fa sempre bene. L’Italia, porto d’approdo per tutti i più grandi calciatori, stava perdendo l’esclusiva. Gianfranco Zola e Gianluca Vialli, dopo le fortunate esperienze con Parma e Juventus con le quali avevano fatto incetta di trofei, sbarcano in Inghilterra. Pionieri come coloro che inventarono il fottoball, sono altresì pionieri di un altro football, quello del nuovo millennio che vedrà la Premier League al centro del sistema solare. “Quando nel 1996 arrivò la chiamata del Chelsea, sapevo di andare in una Lega che per quanto affascinante non era allo stesso livello di quella italiana. Gianluca Vialli e Roberto Di Matteo erano già lì, mi parlavano molto bene di questa realtà. Ho accettato con grande apertura mentale. Mi sono ritrovato come chi apre un contenitore pieno di sorprese, e fortunatamente per me l’Inghilterra è stata una bellissima sorpresa”. Una scatola, box, appunto. Magica.

Quella fu l’Inghilterra di fine Novecento. Eranio, Galli, Ravanelli, Pistone, Carbone, e altri, oltre a Vialli, Di Matteo e Zola, iniziano a colonizzare il paese dal punto di vista calcistico. Il Chelsea non è quello di Abramovich, ma ancora quello di Ken Bates, imprenditore che fece fortuna coi trasporti e comprò il club a una sterlina, poiché retrocesso in Second Division e con gravi problemi finanziari. Nel 1994 il Chelsea perde la finale di FA Cup contro il Manchester United, ma nel 1996 la svolta: con l’arrivo di Gullit in panchina, e dei due ex pupilli di Parma e Juve, i destini cambiano. La FA Cup viene conquistata nel 1997 a Wembley contro il Middlesborough, e Zola è nominato miglior giocatore del campionato. Ma è la stagione 1997-98 a consacrare il club. Il 12 febbraio 1998 Ruud Gullit si dimette, e Bates decide di affidare a Vialli il doppio ruolo di allenatore-giocatore, non inusuale in Inghilterra: Kenny Dalglish aveva giocato e allenato il Liverpool nella seconda metà degli anni Ottanta. Il Chelsea, che in Premier arriva quarto, è un asso di coppe: vince la Coppa di Lega buttando fuori Blackbourne, Southampton e Ipswich Town in tre confronti sofferti (due finiti ai rigori e uno ai supplementari) e vince in pratica replicando la finale di otto mesi prima contro il Middlesborough, sempre per 2-0. E’ il Chelsea con in campo Leboeuf, Le Saux, De Goey in porta, e i galloni di capitano affidati all’ex della crazy gang, Dennis Wise, tipetto niente male che con quel Wimbledon di pazzi aveva vinto una FA Cup.

In Europa il Chelsea non alza un trofeo dal 1971. Dalla Coppa Coppe, alla Coppa Coppe: il club marcia spedito nella terza competizione europea, alla sua penultima stagione prima della abolizione del 1999. Il Chelsea entra dai sedicesimi, eliminando Slovan Bratislava (doppio 2-0), i norvegesi del Tromsoe, che vincono 3-2 all’andata ma vengono spazzati via per 7-1 a Stamford Bridge; nei quarti di finale il Betis Siviglia: due vittorie per 2-1 e 3-1. E in semifinale il nostalgico incontro con il Vicenza di Guidolin, che la stagione precedente aveva vinto la Coppa Italia. I veneti vincono al “Menti” per 1-0 con una rete di Zauli, e vanno addirittura in vantaggio anche al ritorno con una rete di Luiso. Poi, pareggia Poyet dopo una conclusione di Zola, e la premiata ditta italiana confeziona poi il gol del sorpasso: cross di Vialli, incornata del sardo, seppur piccolo di statura, e 2-1. Il terzo gol di Hughes che spezza i sogni vicentini, manda il Chelsea al Rasundastadion di Stoccolma per la finale. E qui Zola parte dalla panchina. Di fronte c’è lo Stoccarda di un certo Low, che nel 2014 porterà la Germania sul tetto del mondo. Con il risultato inchiodato sullo 0-0 fino al 70°, Vialli decide di mandare il suo connazionale in campo. Non passano che pochi secondi e il fendente di Zola dal basso verso l’alto buca Wohlfahrt e rompe il ghiaccio, segnando il quarto gol personale nella manifestazione. Il Chelsea vince un trofeo europeo dopo 27 anni. Grazie a “Magic Box”, come i tifosi soprannominarono Zola. E anche il calcio inglese non fu più lo stesso.

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