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MONDAY NIGHT – L’uomo del chiavistello

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Catenacciari!”. Ecco. Con questo appellativo, che suona quasi un’ingiuria, da ormai troppo tempo si apostrofa una compagine dall’atteggiamento difensivistico esasperato. In realtà scopriremo che si tratta di due cose ben diverse: il vero “catenaccio” è un modulo molto più dinamico ed offensivo di quanto si pensi.

Ma andiamo con ordine…

Negli anni ’20 e ’30 a dominare la scena erano le nazioni dell’Europa centrale – Austria, Ungheria e Cecoslovacchia – più l’Italia e, seppur “da lontano”, l’Inghilterra che però non partecipava alle competizioni internazionali, ritenendo il proprio livello eccessivamente superiore a quello degli altri.

Non esisteva la TV, le uniche occasioni di confronto erano i campionati del mondo e, nel vecchio continente, la Coppa Internazionale in cui si affrontavano le tre danubiane oltre ad Italia, Svizzera e – limitatamente all’ultima edizione – la Jugoslavia.

Le squadre si arrangiavano con le amichevoli o si misuravano nella Mitropa Cup, una sorta di Coppa Internazionale per club, che però di rado vedeva i rispettivi campioni nazionali ai nastri di partenza.

Quel che si sapeva sul calcio era dovuto prevalentemente alla stampa e, in seguito, alla radio e per ampliare il proprio bagaglio tecnico-tattico gli allenatori erano erano costretti a lunghe e scomode trasferte per vedere con i propri occhi i vari metodi di allenamento e gioco messi a punto dai colleghi. Inoltre, la forbice tra i vari Paesi poteva ampliarsi ulteriormente perché alcuni consentivano il professionismo mentre altri lo vietavano e persino all’interno degli stessi confini c’erano sodalizi che potevano permetterselo mentre altri si basavano unicamente sul dilettantismo.

Questa doverosa premessa per spiegare in quale contesto cresca ed operi Karl Rappan.

Nato a Vienna il 26 Settembre 1905, entra presto nelle giovanili del Donau, dove viene notato da alcuni osservatori dell’Admira Wacker che gli offrono, nel 1924, il primo contratto da professionista. È un centrocampista esponente modello della scuola danubiana, basata sul possesso palla e corti e frequenti passaggi: una sorta di tiki-taka ante litteram. Le sue doti non passano inosservate al leggendario Hugo Meisl che, nel 1927, lo convoca con il Wunderteam in due occasioni: la prima, a Vienna contro l’Ungheria, diventa un incontro leggendario nella storia del calcio austriaco perché i fortissimi ospiti ne prendono sei senza mai andare a segno ed il punto del 2-0 è proprio opera di Karl. Meno fortunata invece la seconda, a Praga, dove gli austriaci cedono 2-0 ai padroni di casa. Si trasferisce all’Austria Vienna nella stagione 1928-29 ed al Rapid l’anno successivo, con cui vince il campionato e la Mitropa Cup poi, nel 1931, accetta la proposta del Servette Ginevra che lo vuole come allenatore-giocatore.

L’impatto con la squadra del lago Lemano lo obbliga a diverse considerazioni.

Da subito si rende conto che il livello tecnico del calcio svizzero è molto più basso di quello austriaco, inoltre i giocatori del Servette sono dilettanti a cui spetta solo un rimborso-spese, il tempo per allenarsi è poco e sovente arrivano all’allenamento spossati dalle loro occupazioni quotidiane. Il divario con le squadre professionistiche, come ad esempio il Grasshoppers Zurigo, si può colmare solo con una soluzione tattica.

Nel 1925 una modifica del regolamento ha stabilito che per essere considerato “in gioco” un calciatore non debba più avere almeno tre avversari tra sé e la linea di porta ma ne bastino solo due e ciò ha portato all’abbandono della cosiddetta “piramide” (2-3-5), quindi i due moduli più in voga all’epoca sono il “metodo” (2-3-2-3), reso famoso dall’Italia di Vittorio Pozzo, ed il “sistema” (3-2-2-3), architettato dall’inglese Herbert Chapman per il suo Arsenal, vero mattatore del campionato inglese, con 4 titoli conquistati in 5 anni tra il 1930 ed il 1935.

Rappan si basa proprio su quest’ultimo ma toglie un centrocampista per schierarlo alle spalle della difesa (1-3-2-1-3) in modo che con un movimento orizzontale – proprio come lo scorrere di un chiavistello, da cui il nome (verrou, in francese, la lingua che si parla a Ginevra) – vada a chiudere sugli attaccanti avversari che hanno saltato il proprio marcatore, dando la possibilità ai difensori superati di ritornare sulle proprie posizioni. Inoltre il maggiore spazio creato a centrocampo favorisce l’inserimento delle mezzali in ripartenza, che possono andare al tiro o appoggiare la palla sugli esterni. Di fatto il “catenaccio” schiera sempre tre giocatori in attacco e non può certo essere definito un modulo difensivista.

L’idea funziona: il Servette conquista il campionato svizzero nel 1932-33 e nel 1933-34. Nel 1935 cede alle lusinghe del Grasshoppers con cui centra 5 campionati e 8 coppe svizzere tra il 1936 ed il 1946. In terra elvetica diventa una vera leggenda e la federazione gli consegna la panchina della Nazionale, che qualifica al mondiale francese del 1938, eliminando con un 2-1 il Portogallo in una gara giocata a Milano. Il sorteggio però è da brivido: ai Rossocrociati capita la Germania, che sta scalando rapidamente il Gotha del calcio ed è rafforzata dai giocatori austriaci dopo l’Anschluss imposto da Hitler. Rappan non si scompone ed al gol di Gauchel alla mezz’ora risponde Ableggen sul finire di frazione ma non bastano altri 75 minuti per stabilire un vincitore, così la gara è ripetuta cinque giorni dopo. Una rete di Hanemann ed un autogol di Lörtscher nei primi 20′ sembrano l’inizio di un goleada per i tedeschi ma Rappan ricompatta i suoi che accorciano con Walaschek, pareggiano con Bickel e vanno a vincere con una doppietta di Ableggen: la Svizzera cederà solo alla fortissima Ungheria, futura finalista, al turno successivo. Siede initerrottamente sulla panchina della Nazionale fino al 1949, quando la qualifica nuovamente ai mondiali ma per la spedizione brasiliana gli viene preferita una commissione tecnica.

Intanto, però, il suo modulo trova estimatori anche oltreconfine, soprattutto in Italia dove il primo allenatore a proporlo è l’istriano Mario Villini, che guida la Triestina alla salvezza tra il 1941 ed il 1943, seguito dal genovese Ottavio Barbieri che vince con i VV.F. Spezia il campionato Alta Italia nel 1944.

Nel 1948 lascia il Grasshoppers e torna al Servette con cui mette in bacheca un altro campionato ed un’altra coppa ma la federazione, in vista del mondiale casalingo, lo richiama nel 1953. Inserito in un girone di ferro con Inghilterra ed Italia, si fa beffe proprio di quest’ultima, che può contare su atleti di fama internazionale come il portiere Ghezzi e gli attaccanti Lorenzi e Boniperti, sconfiggendola due volte con i punteggi di 2-1 e 4-1. Sarà eliminato ai quarti di finale dalla “sua” Austria, in una gara pirotecnica, finita 7-5, che a tutt’oggi è la partita dei campionati del mondo in cui sono stati segnati più gol. Dopo una parentesi allo Zurigo torna, per la terza volta, sulla panchina della Nazionale che elimina nientemeno che i vice-campioni in carica della Svezia e va a gaiocarsi il modiale cileno, pur con scarsa fortuna: con lui la Svizzera ha sempre centrato l’obiettivo qualificazione alla fase finale del massimo torneo.

Nel 1961, con l’ex-presidente della federazione Ernst Thommen, istituisce la Coppa Piano Karl Rappan, antenata del futuro torneo Intertoto, per permettere alle squadre minori di confrontarsi a livello internazionale.

Quattro anni a Losanna poi, nel 1968, l’addio al calcio ma ormai la sua geniale invenzione è una realtà consolidata: Nereo Rocco ed Helenio Herrera fanno tesoro dei suoi insegnamenti e con Milan ed Inter siedono, complessivamente, 5 volte sul trono d’Italia, 4 su quello d’Europa e 3 su quello del mondo.

Per un’idea nata da un giovane austriaco, durante interminabili pomeriggi di allenamenti sulle rive del lago di Ginevra.

Karl Rappan si spegne novantenne, il 2 Gennaio 1996 nella sua casa di Berna, senza aver mai rinunciato alla propria cittadinanza, nemmeno negli anni più bui vissuti dal suo Paese.

È considerato uno dei più importanti tecnici ed innovatori dell’intera storia del calcio.

Friedl25

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