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Calcio

Fortitudo, presentato Sacchetti: “Bello essere qui. Vivo di sogni”

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Una location inedita, tanti tifosi e tanti giornalisti, un giorno speciale aperto a tutti per ritrovarsi a parlare di basket alla fine (o quasi) del periodo di crisi sanitaria che ha attraversato anche lo sport. E soprattutto, la prima volta di Romeo Sacchetti come allenatore della Fortitudo: dentro al grande capannone dove nascerà un nuovo centro sportivo targato Effe, l’allenatore della Nazionale entra stringendosi al collo la sciarpa del suo nuovo club. “Ora come allora” è il motto della nuova stagione della Fortitudo Bologna, dopo la sospensione del campionato e gli occhi puntati già sul 2020-21. A fare gli onori di casa e a spiegare il nuovo centro sportivo che nascerà in questo grande hangar di via Giuseppe Giacosa 8, a pochi passi da Borgo Panigale, è il presidente Pavani:

“Devo fare dei ringraziamenti: a Meo Sacchetti, che ha scelto la Fortitudo e portare l’allenatore della nazionale qui da noi non è cosa da poco. Ringrazio la fondazione per il progetto che abbiamo messo in piedi: qui nascerà un centro sportivo con anche un ristorante, una foresteria, una palestra di 700 metri quadri, un luogo per la Fortitudo ma anche per la città. Devo ringraziare Gianluca Muratori e Roberto Belloni, ma soprattutto il direttore della Banca di Cambiano che ha creduto in noi e nel nostro business plan, firmando quasi subito per accompagnarci in questa avventura. Nascerà inoltre un oggetto particolare, che presenteremo durante la campagna abbonamenti e darà respiro a noi, al club e ai nostri tifosi. Abbiamo passato quattro mesi terribili, ci hanno lasciato anche dei nostri tifosi, ed essere qua a parlare di basket è bellissimo”.

Poi, il vero protagonista della giornata, Romeo Sacchetti, allenatore in pectore del club. Sogni, valori e anche un paio di battute sul derby con la Virtus: “Non mi aspettavo una cosa così. Sapevo della passione per il basket qui alla Fortitudo, ma dicevo ai miei collaboratori e ai miei dirigenti che io torno qua dopo quarant’anni, da allenatore. Ero stato giocatore nel Gira ai tempi, e perciò so il valore della pallacanestro per Bologna e l’importanza che c’è su questo dualismo Fortitudo-Virtus che credo sia beneficiario per entrambe. Vivere in una città dedita al basket e avere questo derby, che mi sembra voi viviate in una maniera particolare, sia molto particolare anche per me.  Sono l’allenatore bestia nera della Virtus? Beh, mi avete preso per questo! E’ una parte importante del dualismo sportivo quella tra Virtus e Fortitudo, se si rimane nelle battute è bello, mi piace. Quando giocavo contro la Virtus mi davano dell’obeso, adesso sono un po’ dimagrito… E’ bello tornare in un posto in cui è iniziata la mia carriera di alto livello: io ho avuto tre allenatori bolognesi di cui due hanno origine nella Virtus e due nella Fortitudo, però mi sentirei di ringraziare Ettore Zuccheri che è stato il primo allenatore qui a Bologna che mi ha cambiato la carriera. Ha visto in me qualcosa che prima non era mai stato visto, mi ha impostato come guardia e questo ha cambiato la mia carriera. Un po’ di bolognesità l’avevo già conosciuta, giocando in quella società e avendo avuto questi allenatori. Devo ancora calarmi nel mondo Fortitudo, mi sembra che sia una cosa a parte rispetto a molte situazioni della pallacanestro. E’ una cosa viscerale che ti entra dentro. So da persone che ho conosciuto e che ci sono passate che c’è un attaccamento importante. E’ stato un accordo veloce, sicuramente non avrei potuto dire di no in un momento in cui io non avevo nessuna sicurezza. E una opportunità come quella della Fortitudo non so se sarebbe ripassata. So di venire in una società ambiziosa, come è giusto che sia. Tutti abbiamo ambizione, vogliamo raggiungere risultati importanti, ci sarà pressione ma questo fa parte del ruolo dell’allenatore. L’importante è giocare per vincere. Le parole sono belle, però vogliamo tutti che questa squadra vinca. Stiamo lavorando ancora alla costruzione, non sarà facile. Imparerete a conoscermi per quello che sono, non sono un tipo molto aristocratico in questo, chi mi conosce sa che ho una faccia sola, spero di conoscere bene tutti e so che mi attende un lavoro non facile, perché esaltare questo valore della Fortitudo mi da molti stimoli. Vivo molto di sogni da quando sono bambino, sia da giocatore che da allenatore nessuno mi ha regalato nulla. Da allenatore non credevano che potessi arrivare dove sono arrivato, ho fatto la mia trafila, sono orgoglioso di aver allenato in tutte le serie. Sono contento del mio passato e questo spero che possa esserci ora un futuro radioso”.

Ma che tipo di squadra avrà in mente Sacchetti? “Abbiamo avuto due innesti come Sabatini e Toté, oltre a Banks. Vorremmo avere la possibilità di avere anche dei giocatori italiani che siano felici di venire a giocare qui. Abbiamo dei contatti, ma non diventiamo pazzi sotto questo aspetto. Vogliamo avere della gente entusiasta di venire a giocare qua. Non sarà una cosa facile, c’è un trasporto diverso. Per ora l’idea è di avere tre stranieri, ma siamo aperti anche ad altre situazioni. Se troviamo dei giocatori italiani che fanno al nostro caso, volentieri, altrimenti viriamo su uno straniero”.

Sacchetti entra nel merito delle caratteristiche essenziali per la Fortitudo che verrà: “Non posso entrare nel merito di lavoro di Antimo Martino, penso che abbia fatto un buon lavoro su una squadra neopromossa, ed è ovvio ci siano anche alti e bassi. Vorremmo cercare un giocatore molto atletico e un giocatore che possa ricoprire più ruoli. Non abbiamo comunque fretta di trovare questi giocatori, stiamo cercando di valutare coi miei collaboratori la situazione migliore”. Obbiettivi della stagione? “Non voglio fare proclami, probabilmente non saremo a livello delle prime tre o quattro squadre, però ci piacerebbe essere a ridosso e ogni tanto fare degli exploit. La storia insegna che ci sono dei valori importanti che decidono i campionati, ma non sempre questo succede. Ma alla fine vince sempre la squadra più forte, o magari la seconda o la terza. Poi è chiaro che i sogni bisogna cavalcarli: io anche se ho una certa età, vivo ancora di sogni”.

Chiusura con l’immancabile questione Aradori: “Ne ho già parlato, abbiamo avuto problemi sulle scelte che sapete, ci siamo spiegati e la storia va avanti. Non c’è alcun problema”.

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