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Calcio

Monday Night – Arrivederci Villans – 18 apr

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Birmingham, capoluogo delle Midlands Orientali e seconda città più affollata del Regno Unito.

Di marcate origini industriali ha vissuto il suo massimo splendore attorno alla  prima metà del Novecento, quando grazie alla sua collocazione geografica riuscì a monopolizzare il commercio ferroviario e fluviale. Uscita malconcia dopo i bombardamenti tedeschi e con una forte crisi del settore metallurgico in corso, la metropoli dovette completamente reinventarsi nell’ultimo sessantennio. Dalle fabbriche si passò lentamente al terziario. Dal manifatturiero ai settori assicurativi e finanziari. Va da se che l’odierna  “Brum” (nomignolo dialettale della città) oggi sia un luogo diametralmente opposto a quello che ispirò un giovane Tolkien all’inizio del secolo scorso. Accanto ai vecchi pub d’epoca vittoriana ora sorgono locali alla moda e ristoranti multietnici. Attorno alle vecchie botteghe sono spuntate gallerie d’arte e mostre internazionali.  Solo una cosa è rimasta intatta negli ultimi due secoli: la passione per il Football.

Già, perché i brummies sono da sempre innamorati di questo gioco, a tal punto da vantare due squadre ultracentenarie dal prestigio assoluto: i Bluenoses da una parte, i Villans dall’altra.

Andiamo con ordine.

La fetta dal cuore blu della città è quella rappresentata dal Birmingham City .

Fondato nel 1875 sotto il nome di Small Heath Alliance, adottò l’attuale denominazione “soltanto” a partire dal 1905.  Da sempre agghindato  color cobalto con sfumature bianche, comincia la sua  avventura sportiva giocando nel piccolo impianto di “Muntz Street”, salvo poi trasferirsi nel più moderno e capiente St.Andrew’s, dove tutt’ora risiede. Nonostante gli oltre 140 anni di storia però, i Blues non possono vantare  un palmares particolarmente affollato.  Nella credenza brillano appena due coppe di Lega: la prima vinta nel 1963 in finale proprio contro gli storici rivali dei Villans. L’altra – più recente-  nel 2011 contro l’Arsenal di Wenger, decisa a Wembley da un guizzo dell’ex interista Oba Oba Martins.

A discapito degli alti e bassi sul campo, la tifoseria ha sempre occupato un ruolo di rilievo nel panorama nazionale delle “terrances”.

La banda degli “zulu Warriors” (un soprannome con chiari riferimenti al meltin pot interrazziale della città) fu una firm molto attiva specialmente negli anni ’80, dove non rinunciava mai a partecipare a disordini con altre tifoserie o con la polizia.  Ad oggi gli episodi di violenza sono fortunatamente molto sporadici,  ciò nonostante il derby contro i concittadini è da sempre  ritenuto a “rischio massimo” dalle autorità britanniche, tanto che negli ultimi tempi la partita si è spesso giocata all’ora di pranzo nel tentativo di scongiurare gli eccessi alcolici da parte dei supporters.

Ma adesso spostiamoci tre miglia più a Nord e scendiamo a Witton station, meno di 500 metri di distanza dal meraviglioso Villa Park.

A differenza della vicina Nottingham, da queste parti è il fratello maggiore a dominare la scena.

Si potrebbe semplicemente descrivere l’Aston Villa con l’ausilio di due colori: il claret ( rosso vinaccia) ed il Blu. Francamente è impossibile non esser attratti dal fascino di quella maglia; praticamente una reliquia religiosa irrinunciabile per tutti gli amanti di questo sport.

La mitologia narra che il club venne fondato sotto un lampione di Heathfield Road nel lontano novembre del 1874, dall’idea di quattro ventenni appartenenti alla parrocchia metodista di Wesleyan. Una sorta di passatempo invernale in sostituzione del popolarissimo cricket.

La prima partita fu un evento del tutto singolare: si giocò  contro l’Aston Brook  St Mary’s rugby. Avete capito bene, una squadra di rugby. Un tempo con le regole del calcio, l’altro con quello della palla ovale.

Particolarità a parte la crescita fu esponenziale, praticamente inarrestabile. Nell’ultima decade dell’800 la squadra divenne la più famosa d’Inghilterra. Prima la Birmingham Cup, poi la prestigiosa F.A. Cup nel 1887. Nel 1888 contribuì alla nascita della Football League.  Nel 1897 conquistò il double (campionato e coppa)  e l’anno successivo si trasferì nell’attuale Villa Park, culla di trionfi e gioie ineguagliabili. Il rapporto fra squadra e stadio (l’unico ad aver ospitato almeno un incontro in tre diversi secoli!) fu il segreto dei suoi successi.  L’Aston  Lower Ground – rinominato in seguito Villa park- fu testimone di un inizio Novecento da urlo.  I claret& blue infilarono un successo dietro l’altro e alla fine del 1920 la sua bacheca contava già qualcosa come 6 scudetti e 6 coppe nazionali. Una specie di Barcellona d’altri tempi.

Dopo decenni di predomino sull’isola però, cominciò un lento quanto inesorabile declino, culminato con l’infausta retrocessione del 1936. Esattamente come nella vita, anche nello sport l’importante non è cadere ma sapersi rialzare ed i villans lo fecero. Tornati nella massima serie nell’immediato dopo guerra, ricominciarono inevitabilmente anche ad alzare trofei. Nel 1957 vinse piuttosto inaspettatamente la sua settima F.A. Cup mentre nel 1961 si portò a casa la prima Coppa di Lega organizzata dalla federazione.

Un DNA vincente impossibile da decifrare, che ricondurrà i Villans sul tetto del calcio nel biennio ‘80-‘82.

Nella stagione ‘80-‘81, la squadra guidata da Sauders  è talmente sorprendente da vincere il campionato sotto al naso delle ben più quotate Ipswich e Liverpool, laureandosi campione d’Inghilterra per la settima volta.

L’anno successivo -nonostante le inspiegabili dimissioni di Sauders-  il club pilotato da Tony Barton, riesce addirittura ad alzare la coppa dei Campioni dopo aver decapitato il Bayern nella finalissima di Rotterdam.

Un trionfo epocale che cambiò per sempre la geografia pallonara.

Neanche a dirlo, nel 1992, a distanza di circa un secolo, l’Aston Villa fu  nuovamente tra i membri fondatori della neonata Premier League dalla quale non retrocesse mai sino a quest’ultimo, desolante, weekend primaverile.

Con la sconfitta in casa dello United adesso anche la matematica può certificare la fragorosa caduta della squadra preferita del Principe William. Una stagione strana, inaspettata e per certi versi offensiva. Nell’anno dei poli capovolti, dove il Leicester è ad un passo dal titolo, succede persino che l’Aston Villa retroceda per la prima volta da quando esiste questa categoria.

 Il raggiungimento della finale di F.A. Cup nel Maggio 2016, sembrava aver rispolverato quell’antico ardore vincente, ma fu soltanto un falso allarme.

La cessione di Benteke per una vagonata di sterline mai più reinvestite; il talento ancora troppo acerbo di Grealish; i molteplici problemi societari sottolineati dal triplice cambio di manager (cosa del tutto inusuale a queste latitudini) hanno lentamente assassinato la storia di questo club, pugnalando al petto la sua meravigliosa tifoseria.

Non c’è altra strada che ripartire da zero. Rimboccarsi le maniche mettendo da parte 7 scudetti, 5 coppe di Lega,  7 F.A. Cup ed una Champions League e  ricreando una mentalità degna di questa maglia. Ci sarà da soffrire tra i ruvidi campi di Brentford e Bristol. Ci sarà un St.Andrew’s indemoniato e prontissimo a riabbracciare un “second city derby” che manca da parecchi anni. Ma ci sarà anche la maestosità del Villa Park e soprattutto i decibel della gigantesca Holte End a spingere i Clare&Blu verso la risalita.

Non mi  resta che augurarvi buon viaggio Villans: tanto in cuor mio so già che sarà soltanto un lungo arrivederci!!

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