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Moduli del calcio: dalla Piramide alla Clessidra

Moduli del calcio; in principio furono Piramide e poi Clessidra…

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Come detto nell’articolo di lancio di lunedì scorso, oggi iniziamo un piccolo viaggio all’interno dei moduli del gioco del calcio. In questo articolo parleremo quasi esclusivamente di moduli ormai in disuso, che appartengono alla storia del calcio, ma che hanno gettato le basi per il calcio moderno, e che passo dopo passo, sono stati modificati fino ad arrivare ai moduli più consueti, delle partite che vediamo solitamente. In questi moduli “iniziali” molto rigidi dove il ruolo era molto ben definito e dove le marcature erano a uomo in tutta la grandezza del campo, una grande importanza avevano anche i numeri, oggi ormai anacronistici, che individuavano in modo inequivocabile il ruolo e la propensione di ogni singolo giocatore. Abbiamo volutamente tralasciato questa parte, forse interessante, che però non aggiungeva (ne toglierà) nulla alla “storia” dei moduli.

Prima di lasciarvi alla lettura dei moduli di cui discutiamo oggi, eccovi i link per recuperare tutti gli articoli di questa rubrica:

  1. Moduli: dalla Piramide alla Clessidra
  2. Moduli: il 3-4-3 moderno e le sue varianti
  3. Moduli: Catenaccio, Forcone e Zona Mista
  4. Moduli: il 4-4-2 e le sue varianti
  5. Moduli: il 3-5-2 e le sue varianti
  6. Moduli: 4-3-3 o 4-5-1?
  7. Moduli: Il Calcio Totale e il Tiki-Taka

 

Il 2-3-5 o Piramide

Piramide (rovesciata)Quando il calcio iniziò a muovere i suoi primi passi, tattiche e strategie non esistevano ancora, ed i pochi giocatori difensivi, si limitavano a contrastare l’avversario e lanciare in avanti il pallone, dove un numero elevato di attaccanti cercava di segnare, quasi sempre in modo solitario visto che non esisteva neppure un concetto di gioco corale. In Inghilterra il metodo più in voga utilizzato nel calcio era definito “kick and run”: calcia e corri, nome che tradisce le origini in comune con il rugby. Nei primi anni di vita del calcio, infatti, non era neanche permesso passare il pallone se non all’indietro – regola traslata dal rugby – e questa non era l’unica stranezza nel calcio dei pionieri.

“Le squadre generalmente si limitavano a rincorrere il pallone. Si dovette aspettare fino agli anni Settanta del diciannovesimo secolo perché il portiere venisse riconosciuto ed accettato universalmente come un ruolo vero e proprio. E fu solo nel 1909 che il portiere stesso iniziò ad indossare una maglietta di colore diverso rispetto ai suoi compagni di squadra. E solamente dal 1912 venne ristretta alla propria area la zona del campo dove poter toccare la palla con le mani, un cambiamento di regola che venne messo in atto per contrastare l’abitudine del portiere del Sunderland, Leigh Richmond Roose, di portarsi la palla fino alla linea di metà campo.“
(Jonathan Wilson, “La Piramide Rovesciata”)

Leigh Richmond RoosePassare il pallone in avanti non era permesso, ma anche quando questa regola venne tolta nella conservativa Inghilterra le cose cambiarono di poco: passare il pallone era infatti visto come atto di debolezza, una scelta da codardi. Il vero calciatore, infatti, o caricava a testa bassa la difesa avversaria tentando di penetrare abbastanza da avere la possibilità di segnare, oppure supportava il compagno che tentava questa azione ma solo per eventualmente raccogliere il pallone perso in seguito ad un contrasto e continuare l’azione. Il che rendeva ovviamente inutile avere troppi difensori.
Curiosa è la definizione del numero di giocatori in campo per squadra, che leggenda vuole derivi dal fatto che le primissime sfide di “football” si svolgevano tra le diverse camere dei dormitori scolastici inglesi: ogni camera conteneva 10 studenti, ai quali si aggiungeva un “maestro”, l’antesignano di quello che sarebbe poi stato il “capitano”.

Primo Match InternazionaleLa prima partita internazionale (Inghilterra-Scozia) si disputò con due moduli che oggi sembrano assurdi: 1-1-8 e 2-2-6 (per la cronaca la partita finì comunque 0-0). Va notato che la differenza tattica tra le due squadre non fu casuale: mentre gli inglesi si affidarono al loro tradizionale modulo con un difensore, un mediano e otto attaccanti, gli scozzesi infatti furono gli autori del primo cambiamento tattico della storia. La loro squadra era infatti composta interamente dai giocatori del Queen’s Park, che ai tempi dominava in Scozia, ed aveva iniziato a giocare con una fitta serie di passaggi corti mentre si avvicinava alla porta avversaria. Il tutto era nato per ovviare all’evidente differenza fisica che correva tra loro e i vicini inglesi, che di media pesavano 7 chili di più – anche se ai tempi la cosa fu ingigantita fino ad una media di 13-15 chili.
Per ovviare alla maggior potenza atletica degli inglesi, dunque, gli scozzesi scelsero di rinunciare a due uomini della linea offensiva per rinforzare il reparto arretrato ed avere anche più possibilità di passaggio: in questo modo si passò, in fase di attacco, dal “dribbling game” tradizionale al “passing game di matrice scozzese, che poi lentamente si diffuse anche in Inghilterra in quanto senz’altro più logico e redditizio. Si può quindi dire senza timore di essere presi per “eretici” che se è vero che il calcio lo hanno inventato gli inglesi, sono gli scozzesi ad averlo affinato, dandogli la prima forma dello sport che oggi conosciamo.

Il primo vero schema catalogato nella storia del calcio, e da ormai un secolo in disuso, è comunque un più “difensivista” 2-3-5, detto anche “Piramide”, ovviamente per la forma che vanno a disegnare i giocatori schierati, la cui base sono gli attaccanti ed il cui vertice è la difesa: questo schema venne inventato e utilizzato dall’Università di Cambridge (ed è infatti anche noto anche come “Piramide di Cambridge”) e poi diffuso in Inghilterra soprattutto dal Nottingham Forest sin dai primi anni ottanta del diciannovesimo secolo.

Quando infatti – come detto – si iniziò ad utilizzare il “passing game”, ovvero il passaggio, e quindi il gioco corale, si rese necessaria una disposizione più logica dei calciatori in campo. Questo fece anche nascere il “ruolo”, con i forwards (avanti) ed i backs (indietro), divisi tra half-backs e full-baks (mezzo-indietro e tutto-indietro). La disposizione al centro o sulle fasce, fece poi nascere il centre-foward (centrattacco o centravanti) le wings (ali) e gli inside-forward (interno-attacco, che in Italia chiamammo mezzala oppure mezzapunta). La disposizione poi su tre linee, attacco, centrocampo e difesa, fece anche nascere il nome di terzini, che richiamano la terza linea di gioco, ovvero la difesa, e che a differenza di oggi, dove possiamo vederli operare più o meno avanzati sulle fasce, ai tempi occupavano il centro della difesa come i moderni difensori centrali.

Come dice il nome in inglese, gli half-backs, i centrocampisti, avevano soprattutto ruolo di rottura, riequilibrando un po’ lo schema.

La prima squadra ad alto livello ad usare la “Piramide” furono i Blackburn Rovers, e grazie ai loro successi la tattica prese piede e durò incontrastata (o quasi) per oltre 30 anni, fino all’avvento del “Metodo”, che comunque non soppiantò subito la “Piramide”, dato che venne usata fino agli anni 30 del 900, soprattutto dall’Uruguay e dell’Argentina. Questo cambiamento fu dettato anche dal cambio di regola del fuorigioco (1925) per il quale ora bastavano 2 giocatori per tenere in gioco l’avversario e non più 3; in questo modo i due terzini della “Piramide”, si trovarono in difficoltà nel caso che i centrocampisti non fossero rientrati repentinamente ad aiutarli, mentre con il “Metodo”, la squadra riusciva a stare più corta.

Il 2-3-2-3 o Metodo o WW

Metodo o WWIl “Metodo”, detto anche “WW” per la sistemazione tattica dei giocatori, è un modulo inventato da Vittorio Pozzo, nei secondi anni 20 del 900, a seguito del cambio sul regolamento del fuorigioco. Anche l’Austria diede un enorme contributo al “Metodo”, con le idee di Hugo Meisl, grande amico e rivale di Pozzo e creatore del “Wunderteam”, un’Austria così forte che solo il fascismo prima (ai Mondiali del ’34 in Italia) ed il nazismo poi (con l’invasione del paese da parte della Germania di Hitler) poterono sconfiggere.

Pozzo e Meisl strinsero molto i due terzini, fecendoli anche avanzare leggermente e portandoli a ridosso dei 3 di centrocampo. A questo punto un difensore (terzino di posizione) presidiava l’area ed il centravanti, mentre l’altro terzino (di volata) aiutava il primo e marcava il portatore di palla. Le ali erano poi seguite dai due centrocampisti laterali, che vennero leggermente allargati proprio per questo compito, e che comunque potevano a volte sostenere anche i compagni in fase di attacco. Il perno del “Metodo” era poi il “centromediano metodista”, il centrocampista centrale che stava davanti ai terzini: il ruolo richiedeva eccellenti doti fisiche e tecniche, in quanto in fase difensiva questi si trasformava in una sorta di difensore centrale arretrando molto mentre in fase d’attacco era da lui che partivano i lanci per le punte e non era raro che si spingesse in attacco personalmente. Il centromediano, insomma, era il vero “uomo-squadra”.
Vennero poi leggermente arretrate le due mezzali, facendole diventare un raccordo tra i tre centrocampisti “arretrati” (che potremmo definire “mediani”) ed i tre attaccanti (due ali ed un centroavanti). Disegnando sul campo il classico schema “WW” il centrocampo era spesso in superiorità numerica, la difesa era più compatta e difficile da penetrare e gli attacchi erano comunque sostenuti bene dai tre attaccanti e dalle due mezzali e quindi efficaci. A quel punto l’interpretazione offensiva di ogni squadra cambiava in base agli interpreti dei due ruoli cardine, ossia il centromediano ed il centravanti: l’Italia di Pozzo, ad esempio, aveva un centromediano con ottimi piedi ma dalla spiccata aggressività come l’oriundo Luis Monti ed un centravanti “finalizzatore”, potente e coraggioso, come il bolognese

Angelino Schiavio

Angelo Schiavio, mentre l’Austria di Meisl, che prediligeva un gioco più raffinato tecnicamente proprio della “scuola danubiana”, aveva nel centromediano Joszef Smistik l’esatto contraltare di Monti ma differiva dall’Italia nel ruolo del centravanti: alla potenza e atleticità di Schiavio infatti veniva preferita la classe e la capacità tecnica di Matthias Sindelar. Si può quindi senz’altro dire che se il “Metodo” era sempre lo stesso, questo poteva benissimo essere interpretato in modi diversi a seconda di chi poi effettivamente scendeva in campo nelle posizioni stabilite.

Nello stesso periodo in Inghilterra nacque il “Sistema” (o “WM“), “figlio” del grande allenatore dell’Arsenal Herbert Chapman e questo fu il primo grande dibattito tattico della storia del calcio.
Il Metodo” infatti era meno spettacolare del “Sistema”, perché era fatto soprattutto di lanci lunghi del “centro-mediano” e di passaggi rapidi delle ali e delle mezzali che servivano il centravanti che doveva solo fare gol, spesso di rapina e di opportunismo. In pratica il gioco che Pozzo richiedeva, era disegnato sulle caratteristiche degli italiani: difesa robusta e rapidi contropiedi.  Ma proprio grazie alla sua maggior concretezza, divenne un modulo molto vincente, e lo provano i due allori mondiali (1934 e 1938), l’oro Olimpico (1936) e due Coppe Internazionali (1930 e 1935) (l’equivalente del Campionato europeo per nazioni negli anni tra le due guerre).  Il “Metodo”, come accennato prima, era lo schema del grande Bologna, quello che “tremare il mondo fa”. Difficile pensare a modulo più vincente in quel momento storico, ma la riprova non poteva esserci dato che l’Inghilterra, vera patria del “Sistema”, non partecipò alle Coppe vinte dai “metodisti”.

Il 3-2-2-3 o Sistema o WM

Sistema o WMCome già accennato il “Sistema”, detto anche “WM” per la sistemazione tattica dei giocatori, è coevo al “Metodo” e praticamente  “figlio” della “Piramide”; rispetto a quest’ultima, nel “Sistemaviene arretrato il centrocampista centrale, fino a renderlo un difensore creando così una linea a 3, mentre in avanti succede come nel “Metodo”, ovvero le due mezze ali sono arretrate per servire da raccordo tra i centrocampisti difensivi e gli attaccanti. Si veniva quasi a formare un 3-4-3 “moderno”, anche se i quattro centrocampisti qui formano una sorta di quadrato invece che essere posizionati in linea, ed i compiti di uomini di fascia era lasciato in difesa ai due terzini ed in attacco alle due ali.

Come accennato prima, “Sitema” e “Modulo” sono praticamente coevi e molto simili, ma si basavano su due concezioni di gioco molto differenti. Qualche riga sopra abbiamo spiegato l’idea che stava dietro al “Modulo” e veniamo ora al “Sistema”, che si basava su una fitta rete di passaggi tra i quattro centrocampisti e le due ali, ed un giocatore di grande potenza come attaccante centrale. I due terzini e le due ali, avevano compiti molto dispendiosi a livello di corsa, dato che dovevano presidiare le fasce e contemporaneamente aiutare rispettivamente il difensore e l’attaccante centrale.

Il “Sistema” rendeva il gioco più arioso e più spettacolare, ma era però estremamente dispendioso in termini fisici, il che ovviamente rendeva meno efficace la manovra, soprattutto con il passare dei minuti e l’aumentare della stanchezza. Il “Sistema” era il gioco prediletto in Inghilterra, usato dall’Arsenal come modifica della “Piramide”.

In Italia vista la grande praticità del “Metodo”, e nonostante fosse usato già dagli anni trenta dal Genoa, iniziò a prendere piede solo negli anni ’40 grazie al Grande Torino ed all’uscita di scena di Pozzo su cui pesavano sia i successi ottenuti in epoca fascista sia la riluttanza ad abbandonare il modulo che lo aveva portato al successo e che era oramai obsoleto: nel ‘48 Pozzo si dimise da C.T. della Nazionale ed il “Sistema” arrivò al suo apice di successo in Italia.

Il 3-2-3-2 o MM

3-2-3-2 o MMNegli anni 50 il C.T. dell’Ungheria, Gusztav Sebes, modificò il “Sistemainvertendo le posizioni delle mezzali con quelle del centravanti e delle ali. “Graficamente” quindi si passò da un “WM” ad un “MM”.

Era la prima volta che una squadra schierava solamente due attaccanti e nasceva un ruolo nuovo, quello del “Centravanti Arretrato”, o “Centravanti alla Hidegkuti”, dal nome del centravanti magiaro che per primo interpretò quel ruolo che oggi potremmo tranquillamente definire di “mezzapunta”.

Questa modifica, che potrebbe sembrare a prima vista una modifica difensivistica, era invece una sagace mossa tattica per avere la meglio sulla difesa del “Sistema” (“WM”), perché in un sistema di gioco dove le marcature sono rigorosamente a uomo, l’arretramento del centravanti permetteva di risucchiare il centrale difensivo a centrocampo e rendeva difficoltosa la marcatura di ali e mezze ali, in quanto o i due centrocampisti arretrati marcavano le due punte (ma non erano difensori) lasciando ai terzini il compito di bloccare i due esterni di centrocampo avversari, oppure i due centrocampisti arretrati dovevano allargarsi in fascia ed i due terzini stringere al centro: in entrambi i casi, in un calcio molto più “rigido” di quello attuale, la squadra schierata a “Sistema” contro una schierata con un “MM”, poteva essere in difficoltà in fase difensiva, visto anche che all’arretramento del centravanti corrispondeva il contemporaneo avanzamento dei due interni offensivi, che diventavano vere e proprie punte mentre le ali arretravano e si accentravano in modo da poter coprire il centrocampo, mossa resa necessaria dal suddetto avanzamento dei due interni, che diventavano a tutti gli effetti punte.

Il 4-2-4

4-2-4L’unico modulo di quelli di cui parliamo oggi, che ancora viene utilizzato ai giorni nostri, è quello a “Clessidra” ovvero il 4-2-4 (ad esempio è stato utilizzato in Serie A  2013/14 dal Torino di Ventura).

Nato come il modulo “MM” per contrastare il “Sistema” (“WM“), è un’evoluzione del “Modulo” (“WW“) ed è un modo per arrivare ad avere una forte difesa ed un forte attacco. Il 4-2-4 è il primo modulo in cui appaiono quattro difensori.

Pare che il 4-2-4 venne schierato per la prima volta da Marton Bukovi, anche se la creazione del modulo è divisa tra Flavio Costa (allenatore del Brasile nei primi anni 50) e l’ungherese Bela Guttman. Nel libro “La Piramide Rovesciata”, però, Jonathan Wilson spiega che probabilmente l’invenzione del 4-2-4 va ascritta all’ungherese Izidor “Dori” Kürschner, che introdusse questo modulo quando allenò il Flamengo prima di essere “fatto fuori” proprio da Flavio Costa, che egli aveva sostituito come allenatore e che a sua volta si riprese il posto, perfezionando le idee del tecnico magiaro. Il 4-2-4 comunque fu perfezionato in Brasile, nei secondi anni 50, ed il modulo era adatto, infatti, alle caratteristiche tipiche del calcio carioca.

Izidor “Dori” KürschnerIl perno del 4-2-4 sono infatti i due terzini (destro e sinistro) che non devono solo difendere, ma anche uscire palla al piede impostando l’azione, vista la carenza di centrocampisti, alzandosi in fase d’attacco all’altezza, appunto, del centrocampo. La difesa era stata rafforzata con l’arretramento praticamente stabile del centromediano, che diventava a tutti gli effetti un difensore abile ad impostare: il primo grande interprete del ruolo fu il brasiliano Volante, e da allora ci si riferisce in Sudamerica a quello che è il ruolo di chi difende e imposta come appunto quello di “volante”.
I due centrocampisti poi dovevano essere in grado di rompere il gioco ma anche di intessere passaggi con i terzini che avanzavano e con le punte, sia quelle laterali che le due centrali. Allo stesso modo, i due attaccanti laterali assistivano le punte centrali. E’ un gioco in cui i giocatori chiave devono avere corsa ma soprattutto grande tecnica e senso dell’inserimento, altrimenti il modulo rischia di far perdere fluidità al gioco della squadra.

Fonte: Wikipedia; Jonathan Wilson “La Piramide Rovesciata” (2011)

 

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