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Calcio

100 storie del Football dei pionieri: 67-Brown Mitchell, 66-Tull, 65-Watson

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67 – Thomas BROWN MITCHELL
Fin dai suoi albori il calcio fu in continua evoluzione dal punto di vista tattico: il primo modulo riconosciuto, paragonabile oggi ad un 2-3-5, fu praticato in modo vincente ad alti livelli dal Blackburn Rovers capace di vincere ben 5 volte la Coppa d’Inghilterra dal 1884 al 1891, con addirittura tr vittorie consecutive. Per tutti il “maestro della Piramide”, Thomas Brown Mitchell fu uno dei primi manager a tutto tondo che il calcio ricordi: scozzese di Dumfries, con la sua sagacia tattica confermò che se era vero che gli inglesi avevano inventato il calcio erano gli scozzesi ad averlo compreso e codificato. La sua squadra appariva invincibile, e in breve tempo le sue numerose vittorie portarono i rivali cittadini dell’Olympics a sparire: dopo essersi imposti per due volte sconfiggendo in finale il Queen’s Park di Glasgow (a riprova del dominio scozzese negli anni ’80 del XVIII° Secolo, confermato anche dalle vittorie dell’Aston Villa del duo scozzese Ramsay-Hunter) i Rovers vinsero il terzo trofeo consecutivo sconfiggendo il West Bromwich Albion nel 1886 e ricevendo per questa “tripletta” un vassoio d’argento dalla Football Association. Mitchell rimase 12 anni sulla panchina dei Rovers (vincendo altre due FA Cup) per poi passare al neonato club del Woolwich Arsenal, il moderno Arsenal FC, di cui è considerato il primo manager di sempre: non andò bene, e dopo soli sei mesi tornò in città per viverci fino alla scomparsa, avvenuta nel 1921 all’età di 78 anni.


66 – Walter TULL

Figlio di un padre originario delle Barbados, alla morte dei genitori fu affidato insieme al fratello Edward ad un orfanotrofio, dove crebbe grazie alla generosità dei volontari dell’organizzazione oggi nota come “Action for Children”. Mentre Edward diventava dopo la scuola un rinomato dentista, il primo di colore in tutta Inghilterra, Walter aveva conosciuto il football e ne era rimasto incantato. Dotato di notevole talento, velocità e grande coraggio, si mise in mostra nei puri dilettanti del Clapton e quindi, dopo una tournée in Sudamerica a cui andò in prova, fu aggregato al Tottenham Hotspur, diventando di fatto il primo calciatore di movimento di colore a giocare come professionista ad alti livelli: il club non aveva fatto i conti con i diversi razzisti già allora presenti nella società, che non mancavano di offendere Tull durante le gare, e fu per questo motivo che dopo una decina di gare fu messo nella Squadra Riserve. Da qui lo avrebbe ripescato Herbert Chapman, vero e proprio santone della panchina e figura fondamentale nella storia del calcio, che lo volle nel suo Northampton Town: nei “Cobblers”, come interno di centrocampo, si mise in mostra giocando più di un centinaio di gare con buon profitto, guadagnandosi attestati di stima unanimi e il rispetto di chi prima di allora lo aveva offeso. In procinto di passare ai Rangers di Glasgow, la sua carriera fu interrotta come quella di tanti dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale: arruolatosi con entusiasmo nel “Football Battalion”, il Reggimento composto da giocatori e dirigenti dei club calcistici, morì nei dintorni di Calais nel marzo del 1918 durante “l’offensiva di primavera”. Nei tre anni di battaglie tra Francia e Italia si era distinto per bravura e coraggio, primo soldato di colore a raggiungere il grado di ufficiale. Il suo corpo non fu mai trovato, ma ovviamente il suo nome è restato immortale.

 

65 – Andrew WATSON
Se Walter Tull è stato il primo giocatore di movimento a giocare da professionista, il primo a giocare a livello internazionale fu Andrew Watson, imponente per l’epoca (183 centimetri nel 1880) difensore nato in Guyana, allora protettorato britannico, e distintosi in tutti gli sport fin da giovanissimo. Divenuto venditore, noto per il suo fascino e la sua parlantina fuori dal campo (ebbe due matrimoni con due ricche donne e quattro figli) giocò con la Scozia una partita contro l’Inghilterra nel 1881. Le cronache dell’epoca, più che soffermarsi sul colore della sua pelle, raccontano delle inusuali scarpette marroni e delle ineguagliabili qualità tecniche: “Dotato di grande velocità e capace di splendidi contrasti, dal tiro sicuro e potente, capace di ben figurare in qualsiasi club.” E Watson di club ne girò, alternandosi tra Scozia e Inghilterra: fu una delle stelle del Queen’s Park, degli Swifts e della miglior squadra dilettantistica di sempre, il Corinthian, prima di diventare professionista con un club di Liverpool dalla breve vita, il Bootle, con cui giocò appena una gara prima che un infortunio ne terminasse la carriera agonistica all’età di 36 anni.

 

Puntate precedenti:

– 100 (Morley), 99 (Gardner), 98 (Duarte)
– 97 (Thorpe), 96 (Ramsay), 95 (Doig) 
– 94 (Delaunay), 93 (McCrum), 92 (Brodie)
– 91 (Koch), 90 (Poole), 89 (Hutton)
– 88 (Hanot), 87 (Hermanos Céspedes), 86 (Massa)
– 85 (Bosio), 84 (Fuchs), 83 (Laurent)
– 82 (Savage), 81 (Unzaga), 80 (Powell)
– 79 (Pasteur), 78 (Luigi Amedeo di Savoia), 77 (Ottaway)
– 76 (Alcantara), 75 (Sami Yen), 74 (Kilpin)
-73 (Fossati), 72 (“Pichichi”), 71 (“Fratello Walfrid”)
– 70 (Mosforth), 69 (Onzari), 68 (Ben Barek)

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