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Pop&Sports – Cosa si cela dietro la maglia?

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Un’altra stagione che passa e un’altra maglia che arriva. Lo sappiamo benissimo, è la divisa a trasmettere l’identità della squadra. Il vestito è da sempre un aspetto della cultura di un popolo e di un’epoca. C. Marmo, professore di semiotica all’Università di Bologna, insegna nel suo manuale come esso porta con sé delle significazioni ulteriori, diventando parte di una sorta di linguaggio che comunica qualcosa e che può essere usato per comunicare qualcosa. Credo che questo possa valere anche per le divise: dietro alla maglia e il suo colore ci sono non solo la storia del club, ma anche la missione e gli obiettivi che si fissano per la squadra.

Prendiamo alcuni esempi, partendo da quello più recente: la nuova divisa del Paris Saint-Germain. Due settimane fa è stata presentata da Nike il nuovo kit home, stagione 21/22, firmata Jordan per il club parigino. La nuova maglia non presenta alcun riferimento al design Hechter, considerata un’istituzione stilistica e un simbolo imprescindibile del PSG, tant’è che ha già scatenato le polemiche dei tifosi più conservatori: “Scopriamo con rabbia e indignazione la maglia ufficiale del nostro club per la stagione 2021-22. È chiaro che questa non è la maglia del PSG. Siamo visceralmente attaccati ai nostri colori storici, alla maglia home “Hechter” – stilista-presidente del Paris che introdusse, nel 1973, l’iconico stile del club – e alla maglia bianca away con strisce verticali rosse e blu. Crediamo che l’identità di una società passi attraverso il rispetto dei suoi colori tradizionali che la fanno risaltare tra mille. Non siamo nel marketing, ma sappiamo che questo rispetto è necessario per un’istituzione forte come i tifosi. Sogniamo di vedere i nostri giocatori vincere tanti titoli indossando questi unici colori che ci fanno battere il cuore…” 
Un caso analogo ci fu anche l’anno scorso, in Italia, col kit 20/21 dell’Inter. Sia la maglia home, tributo al tribal pop, una delle principali correnti artistiche degli anni ’80, sia la maglia away, ispirato al collettivo Memphis, movimento artistico fondato da Ettore Sottsass, avevano destato molte lamentele da parte dei tifosi. Tutto viene visto in maniera negativa, poiché diverso da quello che siamo abituati a vedere, però questi sono segnali che il tifoso deve decifrare per capire in quale direzione sta andando il club. Per esempio, con l’arrivo di Zhang all’Inter, il club ha puntato molto di più sullo stile, andando a dare un’ulteriore valore ad un’estetica radicalmente diversa rispetto a quella utilizzata nelle ultime 20 stagioni. L’obiettivo è semplice, quella di creare uno stile riconoscibile ai successi ottenuti e con quale proprietà. In futuro, la tanto criticata maglia a strisce zig-zag sarà sicuramente riproposta, poiché è quella con cui l’Inter ha vinto il 19° scudetto. 

Bisogna evolversi. E’ giusto che la divisa sia congrua allo statuto che ogni squadra ha, ma è anche giusto sapersi rivoluzionare. Come ha scritto A. Pagano su nssmag.com, il Milan, la Juve e l’Inter hanno deciso di rielaborare le strisce, elementi storici delle loro maglie, rendendole più moderne o, addirittura, eliminandole per far spazio a pattern che siano più vicini alla “vestibilità” fuori dal campo. L’evoluzione delle strisce rielaborate è andato di pari passo con l’ascesa nella moda dello streetwear, dove le grafiche hanno dominato l’estetica per anni. L’industria della moda ha trainato quindi quella del calcio verso una rielaborazione dei canoni storici che infatti spesso e volentieri i tifosi non hanno gradito.

Questo concetto manca alle squadre di medio-bassa classifica. Puntare ad evolversi, rompere i canoni, gioverebbe a tutte le squadre, portando non solo più soldi nelle tasche dei club, ma anche notorietà al di fuori della penisola. Inoltre l’abito fa il monaco, quindi avere una maglia moderna, “cazzuta”, porterebbe anche una maggiore autostima a chi la indossa, oltre a far capire veramente quale è l’obiettivo futuro della società, se rimanere in zona ignoto oppure, in futuro, a puntare alle stelle. Sono tutti piccoli segnali, alcuni direbbero inezie, ma che in una società come questa, nel 2021, non si possono più ignorare. 

 

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