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Il Resto del Carlino — Come fa il PSG a non violare il Fair Play Finanziario?

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Eurosport.com

 

 

Il cambio di casacca di Lionel Messi è di per sé un evento storico. Per più di un decennio si è fantasticato sull’ipotesi che un giorno Leo potesse vestire colori diversi da quelli blaugrana e albiceleste, senza mai crederci per davvero. Invece è successo.
Le motivazioni che hanno portato a quello che nemmeno lo stesso giocatore avrebbe voluto, come dichiarato personalmente nella conferenza stampa di addio al Barcellona, hanno origini lontane nel tempo e poco hanno a che fare con il campo. Il filo rosso che unisce il divorzio forzato fra il club catalano e la Pulce ed il suo approdo all’ombra della Torre Eiffel è materia per economisti più che per uomini di calcio.
 
Quello che il presidente del PSG, Nasser Al-Khelaifi, ha definito come “un evento globale, una giornata storica” ha portato nuovamente all’attenzione di tutti il dibattito sulle condizioni che hanno permesso al club controllato dallo sceicco di imbastire la campagna acquisti più ricca a memoria d’uomo.
Nel momento in cui è stato chiaro che Messi non avrebbe più vestito la maglia della società che lo ha accolto da bambino e lo ha fatto diventare il più grande di tutti, non vi era alcun dubbio sul fatto che le possibili destinazioni potessero essere soltanto due: Manchester o Parigi. Più che mai nella condizione economica attuale, segnata dalla crisi causata dalla pandemia, fa scalpore come alcune società possano permettersi di spendere cifre assolutamente fuori dalla portata delle concorrenti per allestire la rosa, senza che vengano violate le limitazioni imposte dal Fair Play Finanziario.
 
Lo strumento introdotto dall’UEFA nel settembre 2009, che mira a controllare le spese dei club al fine di esaurire i debiti delle società calcistiche ed a portarle nel lungo termine all’auto-sostentamento finanziario, ha escluso il Milan dalle competizioni europee per irregolarità minime e pare non essere violato dalla faraonica selezione di calciatori tesserati dal PSG. Il club francese verserà nei conti correnti, soltanto degli undici potenziali calciatori titolari, 185 milioni netti all’anno, all’incirca mezzo milione al giorno, a cui vanno aggiunti i ricchi contratti degli altri giocatori.
Abbiamo seguito tutte le regole del Fair Play Finanziario. — dichiara lo sceicco Al-Khelaifi — Prima di fare qualunque passo abbiamo parlato con tutti i soci, con la Ligue 1 e i nostri partner”.
 
A proposito dell’inefficacia del FFP e dell’eventuale necessità di introdurre un nuovo strumento di controllo a difesa della competitività sportiva, si è espresso Karl-Heinz Rummenigge sulle colonne di Sport Bild. “Il fair play finanziario esiste già. Deve solo essere adottato ed utilizzato in modo più rigoroso” ha sentenziato l’ex centravanti di Inter e Bayern Monaco. Della stessa idea è il presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin, per il quale l’imposizione di regole più severe è una necessità assoluta.
 
Viene però da chiedersi se i vertici dell’UEFA, che si sono scagliati soltanto pochi mesi fa con estrema ferocia contro la creazione del campionato dei super ricchi — difendendo il principio per cui la competizione debba essere alla portata di tutti, sono concordi sul fatto che debbano essere applicate delle limitazioni alla possibilità di spesa dei club più abbienti, perché tali vincoli non vengano già applicati. Se non l’UEFA chi dovrebbe farlo?
 
Fonte: ll Resto del Carlino

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