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Calcio

Racconti Mondiali – 2002, il mondo scopre il nuovo millennio dinanzi al torneo nippo-coreano (1/3)

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È il 2002. L’inizio del nuovo millennio, immaginato da chi sperava di affacciarsi in un futuro migliore, si schianta un anno prima, contro le Torri Gemelle di New York. È un brusco risveglio per il mondo, e, se possibile, anche peggiore è quello del Belpaese nell’annata successiva: dodici mesi sanguinosi, percorsi dalle tragedie famigliari, quella di Cogne su tutte. E poi c’è un rigurgito brigatista con l’omicidio Biagi, la bomba al Viminale, il crollo della scuola a San Giuliano e l’aereo contro il Pirellone a Milano, che riporta tremendamente nelle menti gli eventi newyorchesi.

Ma è anche periodo di grandi mutamenti, forzati e non. Cambiano improvvisamente le modalità per prendere un aereo e i relativi controlli di sicurezza, cambia anche la modalità per pagare il biglietto, con l’addio alla Lira. In Italia e in altri undici Paesi entra in circolazione l’euro, la moneta unica europea che permette definitivamente di compiere quel processo di unificazione economica-monetaria iniziato con il Trattato di Maastricht del 1993. Nel 2002 prende forma anche la “guerra al terrorismo”, indetta dagli Stati Uniti e da George Bush; quindi, si assiste alla sempre maggior diffusione di Internet e, in televisione, all’esplosione della bolla dei reality show con il Grande Fratello. In Formula 1 spadroneggia la Ferrari, con Schumacher che conquista il quinto titolo mondiale di fila. La Juventus vince lo scudetto, il ventiseiesimo, schierando Trezeguet, Thuram, Del Piero e Nedved, pallone d’oro l’anno successivo. Infine se ne vanno Schiaffino, Carmelo Bene e Joe Strummer dei Clash.

Nel 2002, tuttavia, prende anche vita la più grande edizione mai realizzata fino ad allora della Coppa del Mondo, organizzata congiuntamente da due nazioni quali Giappone e Corea del Sud, che si apprestano a regalare uno spettacolo performativo, televisivo, mediatico mai visto prima e a inaugurare definitivamente l’ingresso del continente asiatico nelle dinamiche del calcio globale.

Siamo nell’avvento dell’era Blatter, susseguito nel 1998 all’onnipotente Havelange e in procinto di dar vita, come detto, all’edizione dei record, che porterà il ricavo dei diritti televisivi dai 112 milioni di Francia ’98 all’impressionante cifra di 970 milioni per l’edizione asiatica, oltre che a una serie di altri dati clamorosi, tra cui la copertura televisiva che raggiunse 213 Paesi per un totale di 41.324 ore di trasmissioni e una audience complessiva di 28,8 miliardi di spettatori.

L’edizione della coppa del mondo 2002 divenne, insomma, la punta di diamante dell’intero progetto di rivoluzione, intentato dall’ex segretario FIFA, in nome del principio di “universalità” da lui teorizzato.

Già partire da Francia ’98 la fase finale fu ampliata da 24 a 32 squadre, per aprire il torneo alle confederazioni meno rappresentate, ma con la scelta del Giappone e della Corea del Sud come paesi ospitanti della una Coppa del mondo la volontà di Blatter si tradusse in una vera e propria scommessa per la FIFA, dipanabile su due fronti diversi; il primo, di tipo prettamente politico-diplomatico, poiché il passato dei due paesi racconta di un legame turbolento e travagliato, costellato di episodi storici contraddittori. Tra questi, si può citare l’occupazione giapponese della penisola coreana, tra il 1910 e il 1945, e la più recente contesa delle Olimpiadi del 1988, in cui Seoul venne preferita a Nagoya. Fecero eco le polemiche sulle schiave sessuali di guerra alle quali il Giappone non voleva riconoscere nessun tipo d’indennità, e quelle sulla cancellazione dai libri di storia dei riferimenti all’invasione nipponica.

Contestualmente, la scommessa sportiva, ossia quella di affidare l’organizzazione del massimo torneo internazionale a un binomio di paesi tipicamente privo di grandi tradizioni calcistiche, per la prima volta in una nazione non europea o americana, oltretutto aggirando il regolamento che imponeva storicamente l’assegnazione ad un’unica nazione.

L’opinione pubblica dei due paesi reagì in modo differente: dal relativo stato di indifferenza del paese del Sol Levante al fervore nazionalistico coreano, che si strinse attorno ai propri diavoli rossi, sostenendo la candidatura del paese con numeri quasi plebiscitari. A tutto ciò si sommò per qualche mese l’ipotesi del coinvolgimento della Corea del Nord, poi accantonata per evidenti difficoltà storico-politiche.

Dopo ampie fasi di negoziati, i due Paesi riuscirono infine nel dividersi i momenti chiave della competizione: tra gli altri, il Giappone si aggiudicò la finale, mentre la Corea la partita d’esordio e la precedenza nella denominazione ufficiale dell’evento («2002 FIFA World Cup Korea / Japan»).

La competizione spinse entrambi i Paesi a investire ingenti somme per cercare di primeggiare sull’altra a livello d’immagine, e si tradusse nella Coppa del mondo più costosa della storia, con la costruzione di infrastrutture, aeroporti e 20 nuovi stadi (10 per ciascun Paese), che costarono alla sola Corea più di due miliardi di euro (il triplo rispetto a Francia ’98).

Nel frattempo le qualificazioni impegnarono quasi 200 nazionali (numero record), vedendo come sorprese l’eliminazione preventiva dell’Olanda, il necessario spareggio per la Germania contro l’Ucraina al fine di passare il turno, e infine l’impresa dell’esordiente e giovane Slovenia così come della Turchia, che mancava dal 1954.

Il girone sudamericano vide invece come novità la qualificazione di un’altra esordiente, l’Ecuador, e il dominio dell’Argentina. Nella zona CONCACAF a spuntarla fu clamorosamente la Costa Rica ai danni delle favorite USA e Messico. In Africa la matricola fu il Senegal, mentre in Asia la Cina, seguita da più di diecimila tifosi nei vicini paesi orientali.

Il 31 maggio, nella sua ultima versione recante la regola dell’esordio obbligato da parte dei campioni in carica (e non come accade ora della nazione ospitante), iniziò ufficialmente la diciassettesima edizione del Campionato mondiale di calcio FIFA 2002. A scendere in campo fu quindi la pluridecorata Francia, campione d’Europa e del mondo, che aprì le danze del gruppo A affrontando il Senegal. La previsione della vigilia, che vedeva la squadra allenata da Roger Lemerre cimentarsi in qualcosa di poco di più che un’esibizione di stile, si rivelerà clamorosamente errata. E lancerà la seconda sorpresa del mondiale dopo la Turchia di Hakan Sukur, ossia quella dei Lions de la Teranga, i giovani e scalmanati ragazzi allenati – ironia della sorte – da un altro francese. Per l’esattezza, da un uomo dai capelli lunghi, che in futuro assumerà il nome di Abdoul Karim, ma che all’epoca dei fatti in questione dalle parti di Dakar conoscevano ancora come Bruno, Bruno Metsu.

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