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Il Punto sul Bologna: Risorgimento rossoblu – 9 mag

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Il Risorgimento è stato il momento in cui gli italiani si sono stretti l’un l’altro per amore della propria bandiera. E la parola è, da sempre, evocatrice di coesione, eroismo e resurrezione. Già, risorgere.
Risorgere a dispetto di chi non vuole che questo accada. Riprendere il proprio cammino, quello per cui si è venuti al mondo, ed innalzare contro tutto e tutti i propri vessilli. I colori di casa, quelli a cui i nostri occhi sono abituati sin da bambini. Consolidare ed affermare con forza le proprie tradizioni per costruire il proprio futuro. Essere un contro-potere alle oppressioni che cadono sulle tue spalle e su quelle di un tuo fratello. Quel fratello che lotta con te, soffre e muore con te e per te; perché solo insieme si può ascoltare l’ansia e il vigore di un unico grande respiro che unisce la tua vita a quella degli altri tuoi compagni di strada. E l’ultima partita casalinga della stagione 2015-2016 del Bologna ha rappresentato il nostro Risorgimento. E lo rappresenta con forza anche in un’odiosa sconfitta che verrà dimenticata presto. Anzi, viene dimenticata ora. Quelle di questa stagione, sono state partite che hanno segnato l’inizio di questo processo che nessuno, né Federazione né Asburgici potranno fermare. E neanche la Soprintendenza ai Beni culturali o le burocrazie opprimenti. Quello striscione orgoglioso che scendeva su cuori e lacrime ne è l’emblema supremo.
Sì, è con forza che lo diciamo: Bolognesi siamo noi. E lo siamo, distinguendoci da tutto il resto.
Non c’è violenza, nei nostri atti, ma senso di appartenenza. E la curva Bulgarelli è stata contenitore di ultras e carbonari, di giovani e vecchi, di idee e passione. Di libertà. Perché il rigore negato, giusto per fare un esempio minimo, ci ricorda che noi bolognesi siamo nati liberi e solo gli uomini liberi subiscono le angherie del Potere. O gli errori del Potere. La differenza poco importa a chi subisce ingiustizie ma lotta con denti e passione per riprendersi ciò è suo. Ciò che è sempre stato suo. Tutto lo stadio è stato contenitore di questo orgoglio. Anche tra quelli che, a volte e con sarcasmo, vengono chiamati “milordini”.
La partita contro il Milan, uno dei tanti simboli di questo asburgico fare, è stata la nostra rinascita.
È da qui che si riparte. È da qui che torniamo alla luce. E la conferma di questo, la sicurezza che questo accada l’abbiamo potuta toccare con mano. Tutta l’Italia ha visto il nostro eroe, a fine gara, essere quel collante che ci sprona alla battaglia, per quanto sportiva possa essere. Sì, signor Saputo, lo possiamo dire con forza e certezza: lei è il condottiero di cui avevamo bisogno. Il condottiero che ci indica la direzione. Continueremo a cadere, certo. Continueranno ad esserci i nostri Pellico o i nostri Ricciotti. Ma, per definizione storiografica, il Risorgimento è nato non soltanto per la determinazione di singoli protagonisti, ma come espressione della volontà di emancipazione e progresso di un intero popolo. Ed è quello che sarà per noi. Quello che è per noi.
Sì, mentre quello striscione si srotolava venivano coperti i mille (metonimia di un numero più grande ed esteso) cuori rossoblu. Ma in realtà, al passaggio del tessuto, ogni cuore si univa all’altro e poi a un altro e un altro ancora e così via fino a diventare un’unico grande muscolo, simbolo epico ed erotico nello stesso tempo della nostra Bologna. Sì, lo slancio dell’Epos che rende gli eroi immortali tra i cantori della storia e lo slancio dell’Eros che quegli eroi unisce: carne a carne, occhi ad occhi, canto a canti, battito a battiti, lacrima a lacrime. D’altra parte, noi siamo Uno, We are One. E Bologna l’ha confermato. Domani non saranno “tristezza e noia a recar l’ore”. Sarà il sorriso. Il sorriso di chi è consapevole di essere tornato alla vita. Il nostro Risorgimento. La nostra resurrezione.

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