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Il Grillo Pensante – Giro di boa – 15 gen

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Il freddo dell’inverno morde ferocemente con le sue gelide zanne ma il fenomeno non stupisce alcuno perché, con sfumature variabili, l’inverno è sempre l’inverno, con la stessa glaciale personalità dell’anno passato; anche il Bologna, in sintonia con l’imperturbabilità della stagione, non muta caratteristiche presentandosi al giro di boa classificato da numeri analoghi a quelli dello scorso campionato: quindicesima piazza della classifica di Serie A con 20 punti racimolati in 18 partite (media effimera di 1,11 punti/partita) a fronte di una stagione 2015-16 in cui, nella medesima posizione a metà del guado, i punti archiviati erano 22 in 19 partite (media 1,16 punti/partita). Non muterà la sostanza a prescindere dal risultato della gara di recupero col Milan, la reale differenza tra i 2 percorsi consiste nei trand intrapresi: lo scorso anno si arrivò a questo punto sulle ali dell’entusiasmo di una striscia vincente originata dall’avvento di mister Donadoni (dopo l’inizio catastrofico sotto la guida di Delio Rossi) mentre, allo stato attuale, la partenza in pompa magna è stata depauperata da una seconda parte vietata ai minori. Peraltro i patemi riconducibili a queste persistenti discontinuità di rendimento trovano similitudini anche nei numeri: la squadra segna poco. Troppo poco. La miseria di 17 gol quest’anno (neppure 1 rete a partita) e 20 la scorsa annata (con 1 gara in più). I propositi del mercato estivo sono rimasti intrappolati tra le buone intenzioni, seppur consci che la strada verso l’inferno ne sia lastricata; l’imminente dipartita di Floccari per lo sbarco dell’indecifrabile Petkovic, blindato a titolo definitivo con un contratto fino al 2021, realisticamente non appare come la panacea di tutti i mali (offensivi) e quindi confidiamo che il gate degli arrivi verso Bologna resti ancora aperto. Sulla carta stampata e sui social il nome di Biabiany è come il prezzemolo, è durato un sussurro il nome di Ricky Alvarez (ipotizzato come pedina di scambio nell’affare che avrebbe dovuto portare Oikonomou in blucerchiato, in quanto la contropartita originaria, Budimir, aveva imboccato la via di Crotone) e sotto la cenere cova sempre l’opzione Cerci che sembra essersi evoluta in un romanzo a puntate. L’unica incontrovertibile certezza risiede nella necessità di fornire alla squadra una bocca da fuoco di comprovata efficienza, in quanto le avanguardie felsinee sparano con polveri addirittura annegate: Destro trotta sulla desolante media della scorsa stagione (4 reti attuali contro le 8 finali del campionato 2015-16) anche se si confida sul raggiungimento della doppia cifra considerando il lungo infortunio del girone di ritorno passato, Krejci non ha mai neppure assaporato la gioia del gol su azione, Di Francesco usufruendo di un minutaggio contenuto ha incastonato il suo primo ed unico sigillo in Serie A. Floccari, Sadiq, Rizzo e Mounier contabilizzano zero tondo, e la sorte avversa ha fermato nell’unico modo possibile lo scatenato Simone Verdi autore di 4 perle (e non solo) in 11 partite.

Tralasciando il centrocampo (unico reparto completo), anche la difesa attuale conta numeri simili allo scorso campionato: incassati pari numero di gol (25) con la solita gara di differenza. In questo caso la differenza staziona nell’atteggiamento, ovvero la passata percezione di solidità ed organizzazione trasmessa dal reparto non traspare più con la stessa nitidezza; la flessione del rendimento di alcuni elementi e l’affollamento di Over 30 in ruoli chiave del reparto richiede l’innesto di forze fresche. Come da tradizione per ogni mercato che si rispetti, il nome di Ranocchia viene accostato al Bologna (anzi, in questo caso viene addirittura insinuato che il giocatore interista sia reticente nel valutare proposte estere in quanto in attesa di avances bolognesi) e la soluzione tende a confondere: se la mente torna al Bari di Ventura allora si parla di un difensore di prim’ordine (vero pezzo forte della coppia Ranocchia-Bonucci) ma da quei tempi sono passati oceani sotto i ponti, e l’ex-capitano nerazzurro ha contemplato molte più ombre che luci. Clamorosamente più convincente l’ipotesi Caceres, per il quale anche solo l’ammiccamento infiamma le Due Torri: sebbene sia riemerso soltanto recentemente dal tunnel di un travagliato infortunio, il peso tecnico ed il curriculum del ventinovenne uruguaiano sono troppo pesanti e convincenti per essere trascurati. Ingaggiare Martin Caceres sarebbe uno squillo di tromba acutissimo, segnale lampante di una direzione di crescita eccessivamente diluita da alcuni mesi; il giocatore è svincolato, Donadoni emanerebbe una bolla papale per allenarlo e rumors indicano che lo stesso Caceres si sarebbe offerta tramite il proprio entourage. Se sussistono le condizioni economiche sarebbe delittuoso tirarsi indietro.

E’ quindi piuttosto limpido che del passetto avanti auspicato dal chairman Saputo, ad oggi, non se ne trovi traccia nei numeri; l’ingrato compito di riallinearsi alla tabella di marcia spetta al prode Bigon, chiamato ad operare tra la selva di illusioni e speranze della platea di una città che Roberto Baggio descriveva come “un abbraccio caldo, forte, che ti rimane dentro”, ma che oggi fatica a mascherare la veemenza con la quale morde il freno di ritrovate ambizioni.

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