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Polvere di stelle: LUIS SUAREZ – 10 feb

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L’ARCHITETTO

Da ragazzo aveva esibito il superbo controllo di palla, l’arte del dribbling e il tiro secco e preciso a rete. Poi, il calcio lo aveva chiamato a costruire la manovra più che a rifinirla e lui docile gli si era piegato, diventando il più forte giocatore d’Europa. Luis Suarez Miramontes era nato a La Coruña il 2 maggio 1935, terzo figlio di Augustin, gestore di una macelleria. Tutti i fratelli avevano seguito le traiettorie capricciose del pallone. José, il maggiore, terzino; l’altro, Augustin, ala sinistra. Luisito entra come attaccante nella squadra dei salesiani, la “Perseverancia”, e un sacerdote gli consiglia di… approfittare di più del mestiere del padre, irrobustendosi con una adeguata cura di bistecche. Entra nelle giovanili del La Coruña grazie ad Alejandro Scopelli, vecchio idolo argentino dei tifosi romanisti, che intuisce le caratteristiche del ragazzo: più che una punta, può diventare un grande centrocampista. Due anni in prestito al Fabril, poi il ritorno a La Coruña. Esordisce contro il Barcellona, sconfitto a sorpresa per 4-0, con un gol di Luisito, mediano infaticabile che a fine partita viene avvicinato dai dirigenti blaugrana. Se lo assicurano per una modica cifra. Suarez cresce nel Barça alla scuola del grande Kubala, ma proprio con lui si accenderà il dualismo quando in panchina arriverà Helenio Herrera. Il futuro Mago ha coraggio da vendere. Entra in conflitto (forse per motivi tattici: un mistero mai del tutto chiarito) con l’asso magiaro e lo mette fuori squadra, assicurando di avere pronto in Suarez un nuovo matchwinner. Promosso titolare, Luisito non delude. Sottile e infaticabile, è un eccezionale uomo ovunque: recupera il pallone nella sua area e lo va a recapitare in quella altrui, mietendo gol da attaccante di qualità. Il rivale Di Stefano (che considera il suo punto di riferimento tecnico) lo definisce “l’architetto”. Complessivamente, in sette stagioni in rossoblù colleziona 122 partite e 60 gol in campionato, con 2 titoli nazionali, 2 Coppe di Spagna e 2 Coppe delle Fiere, più il Pallone d’Oro. Quando Herrera va all’Inter, chiamato da Moratti, dopo il fiasco della prima stagione induce il presidentissimo a liberarsi dell’asso Angelillo per ingaggiare a peso d’oro (25 milioni di pesetas, oltre 300 milioni di lire) Suarez. Seppure perplesso, Moratti accetta e nasce la grande Inter. Suarez  dopo una stagione di ambientamento limita l’infaticabile andirivieni, affinando il proprio gioco. Coi lunghi traversoni, con le improvvise aperture a ventaglio è in grado di lanciare in contropiede i veltri Mazzola e Jair. Vota le proprie doti di fuoriclasse alla causa della squadra, se ne compenetra al limite delle crisi isteriche (a base di pianti a dirotto) quando la squadra perde. E l’Inter vola, con 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali. In campionato, 256 partite e 42 reti. Nelle ultime due stagioni, con Foni e poi Heriberto Herrera, si trasforma in libero, quindi a sorpresa il nuovo presidente Fraizzoli lo cede alla Sampdoria senza avvertirlo, mentre è in vacanza. A Genova gioca in tre stagioni 63 partite, per 9 gol, prima di chiudere a 38 anni suonati. A 37, il ritorno in Nazionale, chiamato da Kubala: contro la Grecia gioca una partita superba. Con le Furie Rosse, 32 partite, 14 gol e il titolo europeo 1964 che arricchisce il suo palmares di campione. Diventa poi allenatore di scarso successo in Italia, di migliori fortune in patria, dove guida tra l’altro l’Under 21 al titolo europeo.

Carlo Felice Chiesa

(Calcio 2000 n°26)

 

Foto di apertura: Sampdoria-Bologna – Francesconi e Suarez in azione contrastati da Fedele.

Foto a lato: Luisito Suarez con la maglia della Nazionale.

 

 

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