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Oneri e onori – 7 Dic

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Foto di Valentino Orsini


Agosto 2015, un’altra torrida estate cede lentamente il passo ad un più mite autunno. Ma non è una stagione come le precedenti, questa ha un profumo diverso, il profumo della rivalsa. Si è da poco concluso il Purgatorio rossoblù, promozione in Paradiso, dopo la soffertissima finale playoff contro il Pescara di Massimo Oddo. Tacopina e Saputo lanciano un nuovo ciclo al timone dei felsinei, Bologna sogna. Ma serve un segnale, una prova del nuovo corso, il pezzo da novanta. Dopo un corteggiamento protrattosi per quelle che sono sembrate settimane, ecco il pesce grosso a Casteldebole: Mattia Destro. Attaccante poco più che ventenne, reduce da due stagioni (una a Roma ed una a Milano) con poche presenze ma condite da medie goal convincenti, unite ad una grande voglia di riscatto. La città lo accoglie come il figliol prodigo, l’eroe che riporterà agli antichi fasti il Bologna. Ma Delio Rossi non stravede per l’attaccante marchigiano, che gioca ma non segna, fino all’esonero dell’ex allenatore della Fiorentina, al suo posto Donadoni. La musica cambia, immediatamente: alla prima con l’Atalanta il numero 10 segna subito, fornisce l’assist a Donsah per il 2-0 contro il Verona al Bentegodi e sigla il rigore del pareggio allo scadere contro la sua ex squadra, la Roma (esultando in maniera molto composta per far sapere a tutti quanto ha approvato il trattamento riservatogli nella Capitale). La rinascita di Destro, non si fa che parlare un gran bene di lui, che ripaga gli elogi con una doppietta (la prima sotto le due torri) contro il Napoli, fondamentale per la vittoria. Ma l’11 Febbraio succede il fattaccio: pestone di Miranda sull’attaccante petroniano, costretto ad uscire per la frattura di un dito del piede, stagione finita. Da lì in poi sarà un lungo calvario, fra piccoli stop per problemi fisici, qualche piccolo screzio con i compagni di squadra (eclatante la scenata a Masina nella partita di Coppa Italia l’anno passato contro l’Inter in quel di San Siro) ed un atteggiamento abulico sul rettangolo verde, inframezzato da qualche goal più per appagare il proprio ego, che per la squadra. La love story fra Destro ed il Bologna sembra giunta ai titoli di coda, l’arrivo di Palacio pare spingere l’ex Ascoli verso altri lidi. Ma così non è: il buon Mattia si rimbocca le maniche e decide di svoltare: svincola il proprio preparatore personale e tiene al suo fianco solo un procuratore per consigliarlo, dimostra di voler davvero far parte del gruppo di Casteldebole, lavora di più per migliorarsi. Da fulcro del progetto tecnico ne diventa il collante, un uomo devoto alla causa rossoblù: lotta, sgomita, serve assist ed anche se non segna, va bene così. L’incisività di Mattia Destro diventa tangibile, non solo economicamente. Il centravanti petroniano è infatti il quinto giocatore in Serie A per “incidenza sul fatturato”, con i suoi 3,6 milioni lordi che costituiscono il 6% del fatturato totale dei rossoblù, dietro a Pazzini (7%), Bonucci (7%), Borriello (11,7%) e Cataldi (12%). Non solo onori per il “diez” del Bologna, ma soprattutto oneri, derivanti dalle aspettative che gravano su di lui, che in questa stagione sta rispettando risultando incisivo pur non mettendo la sua firma sulle reti della squadra di Donadoni. Contro il Benevento mette lo zampino nel goal di Donsah, contro il Genoa propizia con un velo d’autore la rete di Palacio, a Verona segna la rete del momentaneo pareggio, contro la Sampdoria propizia il goal del vantaggio di Verdi mentre nell’ultima di campionato ha permesso ai rossoblù di pareggiare con un suo imperioso stacco di testa. Non più emblema del Bologna, bensì un operaio silenzioso, che sta adottando la linea moderata per far si che siano i fatti a parlare per lui. Prima gli oneri, poi gli onori: rendi grande Bologna, Mattia, e Bologna renderà grande te.

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