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La scelta di Verdi denota maturità e conoscenza della propria storia – 17 Gen

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Chiedo venia, ma oggi mi lascio prendere la mano ed abuso della nostra testata giornalistica per aggiungere il mio pensiero a quello del resto dell’Italia su Simone Verdi. Partiamo col dire che per chi scrive qualunque sua scelta sarebbe stata lecita e coraggiosa: andare a Napoli era un salto nel vuoto perché poteva esserne la consacrazione o la rovina della carriera, ma restare a Bologna è sicuramente perdere un treno ed inimicarsi persone.

Quello che mi interessa sottolineare però non è il “no al Napoli”, ma il “si al Bologna”, come d’altra parte detto dal giocatore e come sottolineato in modo decisamente intelligente da Marco Nosotti nella diretta di Sky.

Dietro ogni decisione c’è un presunto guadagno ed una sicura rimessa. Sicuramente avrà giocato un ruolo importante la fidanzata bolognese, così come una parte importante l’avrà giocata la gratitudine verso una società che ha creduto in lui ed il dolce vivere di Bologna. Ma possiamo davvero credere che siano queste le uniche motivazioni per restare a Bologna? Davvero la crescita professionale di una persona e la propria ambizione può essere accantonata, in modo molto romantico da queste motivazioni?

Si, certo, in parte sicuramente si. Però a me piace la storia e voglio quindi fare un ragionamento collegato alla storia di Verdi. Quale ragionamento? Quello che non ha capito (o finge di non capire) Caressa, ad esempio. Eccovi la carriera di Verdi, qui sotto ne vedete l’immagine tratta da www.transfermarkt.it qui a lato… 8 stagioni (nell’immagine manca il dato 2017/18) per 13 cambi di maglia.

Poco importa che poi i nomi siano quasi sempre Torino, Empoli e Milan, e cioè che alla fine un minimo di continuità forse la si possa individuare, il dato certo è che la vita professionale di Verdi è stato un continuo chiedersi a cosa l’avrebbe portato la fine del prestito. Senza contare gli infortuni. Ecco il valore aggiunto di Bologna: la continuità. Quella continuità che invece il rendimento di Simone non ha avuto e, mi scuserete, non ha ancora oggi… e che a Napoli sarebbe potuta costare molto al giocatore.

Nella situazione di Verdi io leggo questo: un giocatore con una tecnica da top club italiani, che vanta il record di due punizioni segnate con due piedi differenti nella stessa partita, che però a 25 anni non ha visto ancora decollare la propria carriera (forse non solo per suoi demeriti).

Ed allora perché attendere ancora rifiutando il Napoli? La domanda è legittima. E la risposta giace incompresa nelle parole di Caressa: a 26 anni si è ormai uomini. E infatti Simone lo è diventato, anche se non tutti l’hanno capito. Verdi è cresciuto come uomo e per questo ha capito i suoi pregi ed i suoi difetti, ed anche con questa consapevolezza (che non è da tutti) ha preso la propria decisione.

Restare a Bologna per continuare un percorso di crescita professionale, perché solo giocando ed iniziando ad avere più pressione addosso, si può migliorare la propria continuità di rendimento ed abituarsi ad essere quello che si aspettano ora i tifosi bolognesi e si sarebbero aspettati a Napoli: un giocatore sempre determinante, che possa essere un leader in campo ed un punto di riferimento per i tifosi. Diventare insomma quello che oggi ancora non è ancora, ma che ha tutto il potenziale per essere.

Superare questo esame nei prossimi 5 mesi lo renderebbero pronto a trasformare un eventuale passaggio al Napoli non più un salto nel vuoto come lo abbiamo definito ad inizio articolo, ma semplicemente il passaggio normale per la sua consacrazione.

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