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Il Punto sul Bologna – Il governo del cambiaLento

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“È intelligente, ma non si applica”. Più o meno, ce lo siamo sentiti dire tutti. Un mantra professorale che si muove da secoli e che si identifica nel classico 5 in pagella. Ma è anche un escamotage per “dire e non dire”, per permettere all’insegnante di non essere troppo severo nei confronti di chi potrebbe avere delle potenzialità ma non fa nulla per metterle in pratica.
Ecco, il Bologna è intelligente ma non si applica. Se poi, al termine “intelligente” diamo un’estensione più larga, potremmo dire che il Bologna ha delle facoltà. Qualcuno malizioso potrebbe aggiungere “facoltà economiche”; anche fosse, presuppongo comunque una scaltrezza nel gestire le stesse. Una scaltrezza, dunque. Ma sì, un’intelligenza di gestione che abbia come unico beneficiario il Bologna: dal Presidente ai tifosi, dai solerti dirigenti ai solerti giocatori. Insomma, per tutti quelli che si trovino racchiusi nell’unico spazio possibile e condivisibile: l’effigie del Bologna. Che poi sarebbe anche uno dei biglietti da visita della nostra città. La città di Bologna: non Toronto o Rieti, per dirne due a caso, chilometro più chilometro meno.
Da oggi, in classe, ci sarà un giocatore in meno. Il buon Simone ha scelto un’altra scuola, un ambizioso istituto che ha un preside simpatico come una ginocchiata nei testicoli ma che, per certo, ha velleità ben differenti dalle nostre. È comunque giusto e rispettoso salutare con affetto chi, per coscienza peculiare, ha preferito portare il percorso al termine piuttosto che divenire un novello Marco Polo ed esplorare il Catai.
Quindi, grazie Verdi! E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò.
Ma altri saluteranno queste sponde. E altri ne arriveranno. Ci sarà un nuovo maestro (Pippo Inzaghi) davanti a nuovi studenti (Dijks, Paz…?). Ma, alla fine, ci saranno migliaia di genitori “adottivi” che aspetteranno di capire come andrà la stagione dei propri “bimbi”.
Sarà quindi un’estate più importante di quello che ci possiamo immaginare. Perché, a questo giro, sembrano esserci questioni che sono ancora da districare come, ad esempio, il rapporto con la città. Una città che non è fatta solamente dai ragazzi che sono in balaustra e con i quali, più o meno, i dirigenti potrebbero avere un rapporto colloquiale senza che ci sia nulla di male. Anzi. Ma in questo caso, i tifosi a cui mi riferisco non sono loro. Perché gli stakeholders fenucciani non sono tra quelli. Gli stakeholders sono quelli che hanno il portafoglio con i dindi dentro. I dindi veri, non i miei o dei ragazzi della curva. Perché gli stakeholders sono: “tutti i soggetti, individui od organizzazioni – spiega l’enciclopedia Treccani – attivamente coinvolti in un’iniziativa economica (progetto, azienda), il cui interesse è negativamente o positivamente influenzato dal risultato dell’esecuzione, o dall’andamento, dell’iniziativa e la cui azione o reazione a sua volta influenza le fasi o il completamento di un progetto o il destino di un’organizzazione”.
Il destino dell’organizzazione che equivale al destino degli organizzatori. È anche attraverso la determinatezza di investimento degli stakeholders che si parrà la nobilitate degli “organizzatori”. Non riguarda noi semplici tifosi che di “organizzatori” ne abbiamo visti passare assai. In fin dei conti, noi “siam sempre qua!”
In conclusione, delle scelte vanno fatte. Con una certa alacrità. Comunque, prima che si diventi “il governo del cambiaLento”.

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