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Il Corriere dello Sport – Mutatis Mutandis

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Foto di Valentino Orsini


Artista del goal, per SuperPippo l’area di rigore è molto più che una zona di campo: è il suo habitat. Duecentottantotto le volte che ha gonfiato la rete, emblema di quel fiuto che l’ha da sempre contraddistinto. Attestati di stima non sono mancati, come l’ammirazione del leggendario Sir Alex Ferguson, per quella sua capacità di danzare sulla linea del fuorigioco, ma anche qualche stoccata velenosa da parte di chi, nonostante quanto di buono fatto da Inzaghi, non ha mai apprezzato le qualità tecniche del calciatore. Come da giocatore, da allenatore la mentalità è rimasta la stessa: un complesso di gioco fatto di reattività, intuizione, elasticità nel leggere le trame di gioco. Ma alla guida di una panchina pesante come il Milan ha incontrato le prime difficoltà, avendo però il coraggio di rilanciarsi con un progetto ambizioso come quello del Venezia. Con i lagunari il tecnico ha dapprima dominato la Lega Pro, grazie ad un 4-3-3 che ha fatto dell’agilità e del lavoro sulle fasce il suo marchio di fabbrica, raggiungendo al primo anno di Serie B un risultato egualmente importante: bissare la promozione dell’anno precedente e chiudere il campionato con la difesa meno battuta“Bisogna fare il proprio lavoro sempre nel migliore dei modi, credendoci, non lasciando niente di intentatp. Io ero così: arrivavo alla partita senza rimpianti, sapendo di averla preparata al meglio. Alla lunga i risultati ti premiano”, così parlava Inzaghi alla rivista “Undici”. Modus operandi cardine per una formazione intenzionata a non farsi schiacciare sotto la pressione delle offensive avversarie, organizzando letali ripartenze con il centrocampo, per ritrovarsi sin da subito dall’inizio del contropiede con almeno quattro giocatori nella trequarti campo avversaria. Il suo Venezia incarnava appieno lo spirito inzaghesco, una voglia smodata di lottare su ogni pallone per trovare il goal, con Stulac a dirigere la sinfonia lagunare in mezzo al campo, mentre Litteri e Marsura si occupavano di finalizzare al meglio la manovra. La sua idea è quella di un calcio verticale e posizionale, che non cerca di creare densità nella zona del pallone e non effettua contro pressing in maniera aggressiva. Nonostante ciò, la fase di transizione è curata nei minimi dettagli, con i laterali che vanno in anticipo, sempre pronti a tornare per dare una mano sulle palle inattive. Una grande cura per ogni aspetto del gioco, tipica della persona di Inzaghi, uno che di vittorie e di goal ne sa qualcosa.

Fonte: Il Corriere dello Sport

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