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Canta che ti passa: Il mio corpo che cambia

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Sara Melotti


3 marzo: ci lecchiamo le ferite dopo una prestazione a metà, contro un’Udinese tutt’altro che irresistibile, ma trascinata da un Pussetto tanto indiavolato quanto decisivo.
10 marzo: al triplice fischio festeggiamo come se fossimo già salvi matematicamente, ma la gioia è troppo grande per ridurla a una semplice vittoria (anche perché è la quarta in ventisette partite).

Fatto sta che la notizia principale è: ci voleva una reazione, e la reazione c’è stata. Dopo il tour de force con le tre grandi, la Torre Garisenda sembrava cedere quasi definitivamente, simbolo di un Bologna discontinuo, che non crescerà mai. Allo stesso tempo, però, il motto “se non si vince la prossima…” è stato ripetuto anche durante l’avvicinamento del match contro il Cagliari: ciò dimostra che un minimo di fiducia c’era, e figurati ora se non c’è, visto che la combo vittoria+prestazione ha sostituito nel migliore dei modi quella dei tortellini+vino rosso dell’ora di pranzo.

È il mio corpo che cambia,
nella forma e nel colore:
è in trasformazione.

La famosa frase detta e ridetta “non eravamo brocchi prima, non siamo fenomeni adesso”, qui, non trova un fondo di verità: secondo le statistiche, prima brocchi lo eravamo, ora siamo una squadra normale.
È il processo di cambiamento che sta portando il sergente Mihajlovic, ormai da poco più di un mese a questa parte, e che era necessario per dare la tanto agognata scossa. Ed è lo stesso processo di cambiamento di cui cantava Piero Pelù: il cantante nativo di Firenze, nella sua composizione, si riferiva al “diventare uomini” (ci siamo intesi…) e – in un certo senso – anche i rossoblù stanno attraversando questo processo. Se prima era “facile” giocare con la testa vuota contro formazioni come Inter, Roma e Juve o affrontare una “rosa” in piena salute com’era quella di Prandelli, è tutt’altra cosa sgranocchiare punti (come non è stato fatto) a Udine od offrire una domenica di sollievo contro un Cagliari in piena crisi di risultati esterni (visto che, dopo la partita di domenica, le sconfitte consecutive fuori casa sono ben sei).

E avete presente quelle frasi demenziali che si dicono gli innamorati, tipo “lontani, ma vicini”? Ecco, seguendo questa linea potremmo trasformarla in “il mio corpo cambia, ma senza cambiare”. Andando oltre allo scontro di neuroni per capire cosa significhino queste frasi, la lettura ideale risiede nel fatto che mentre Inzaghi non aveva mai trovato il suo 11 ideale (anche perché perdere ti porta a cambiare), Miha ha ben delineato in testa quali sono i suoi titolari. Sì, vero che per gli allenatori “nessuno parte svantaggiato rispetto agli altri” e “tutti sono dei potenziali giocatori che possono partire dal primo minuto”, ma già il fatto che Lyanco sia arrivato e sia stato buttato subito nella mischia, Krejci non veda più il campo a discapito di un Dijks straripante, Dzemaili ha giocato due partite molto buone sono segnali che il cambiamento è avvenuto e, sotto questo aspetto, ci si deve fermare. Ah, quasi ci si dimenticava del modulo: il 4-3-3 o 4-2-3-1, come dir si voglia, ha spodestato il poco glorioso 3-5-2. Ecco: guai a proporre un altro cambiamento ai tifosi…

16 marzo: non sappiamo cosa succederà, contro un Torino che non subisce gol in casa da esattamente tre mesi, ma se un corpo – durante la sua esistenza – continua il suo processo di trasformazione…

È il mio corpo che cambia
e cambia, e cambia, e cambia, e cambia.

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