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Bologna

Chiamatelo Tomi

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Alle 14 e 30 l’aula bunker di Casteldebole è piena in ogni ordine di posto.

Un fatto balza evidente all’occhio: è pieno di giornalisti del Sol Levante.

Sembra di essere in una succursale di Tokyo.

Come da tradizione, quando un giocatore della Nazionale Giapponese si sposta, ecco di riflesso la carovana di proseliti a seguirlo: come i monarchi illuminati del XVIII secolo. Un fenomeno che qua a Bologna avevamo già visto nel 2004, nei pochi mesi di Hidetoshi Nakata sotto le Due Torri e, saltando da uno sport all’altro, con il giocatore della Fortitudo Baseball Takahiko Sato.

Poi anni di vuoto, col rapporto tra Bologna e Sol Levante interrotto per un decennio buono. Fino a ieri: con la presentazione ufficiale del secondo giocatore giapponese della storia rossoblù.

20 anni, 21 il prossimo novembre, il sorriso spensierato della gioventù, unito allo sguardo ferreo di chi giocoforza dev’essere più maturo della sua tenera età. Perchè quando sei uno dei pilastri della tua Nazionale, devi crescere in maniera obbligatoria. Non sono ammessi sgarri. E la benedizione di Mitchell Dijks (“Ha un animo guerriero”) sta lì a dimostrarlo.

Perchè Takehiro Tomiyasu non scherza per nulla: ha un piano in testa e vuole realizzarlo.

Il secondo nipponico della storia felsinea arriva accompagnato da Claudio Fenucci (eclissatosi presto, dopo una breve presentazione) e l’interprete a far da collante tra l’Italia e il Giappone: perchè Takehiro, ovviamente, non parla una parola di italiano, ma rompe il ghiaccio con una frase provata chissà quante volte (“Sono davvero felice di giocare nel Bologna”), con la promessa di imparare la lingua al più presto.

Chiamatemi Tomi, mette subito in chiaro: dimostrando una certa capacità nel comunicare. La prova? Il ballo sfrenato come biglietto da visita ai compagni nel ritiro di Castelrotto: perchè comunicare oltre la lingua è possibile. E Tomiyasu vuole accelerare i tempi, rompere le barriere linguistiche e culturali, calarsi appieno nella realtà italiana. Diventare un leader. Lo dice più volte. E poi quelle due parole chiave, ripetute allo sfinimento (non si sa se per poca creatività dell’interprete o se per reale pensiero di Tomi, forse entrambe): voglio giocare.

Uno slogan, un manifesto…una minaccia? Nessuna delle tre: solo e semplicemente il Tomiyasu-pensiero. #Vogliogiocare, con hashtag davanti. Denswil e compagnia sono avvertiti: il giapponese è qui per imparare, ma anche per vincere. L’anno prossimo dovrà guidare la sua Nazionale all’evento del secolo, i Giochi di Tokyo 2020. Per questo ha una motivazione fortissima. E in uno spogliatoio ci vuole, quel sano clima concorrenziale che obbliga tutti a dare il massimo.

L’impressione, quest’anno, è che in sede di mercato il duo Sabatini-Bigon, abbiano scelto con cura le personalità da prendere: l’uomo prima del giocatore.Gente con le idee in testa chiare. Chiarissime. Perchè la motivazione è il sale per il successo. E Tomiyasu ne ha da vendere: non parla subito, si prende diversi attimi di riflessione prima di farlo. Perchè un leader deve saper pesare la parole.

E lui,venuto un Italia per “imparare i segreti tattici” e “studiare da condottiero”, sembra già essere sulla buona strada.

 

 

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