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Bologna

I migliori anni

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È strano, me ne rendo conto, parlare della bellezza della vita al termine della settimana che ha visto soccombere una donna giovane, brillante e combattente, Nadia Toffa, di fronte al crudele avversario che la vita gliel’ha strappata. È strano, me ne rendo conto, ma oggi più che mai credo che sia giusto, soprattutto per offrire a chi è in difficoltà lo spunto per una speranza, l’appiglio da cui ripartire magari dopo una Grande Paura. Perché la vita è anche questo, solo che troppo spesso ce lo dimentichiamo. A me, per esempio, è capitato di andare a letto immaginando chissà quali progetti di rilancio e di risvegliarmi tetraplegico: dimostrazione inequivocabile della differenza che passa tra il dire e il fare. Non mi divertii, quel giorno, perché mi piombarono addosso tutte le paure di questo mondo: mi sentii inutile, addirittura di peso. Un rifiuto ingombrante da smaltire in fretta, per dirla con Hera. Come avrei potuto accompagnare la crescita dei miei figli, di cui la più piccola nata appena sei mesi prima? Che utilità avrei avuto, nell’ambito della vita? Pensieri tristi, che circolano nella testa di molti ed è proprio per questo che li tiro fuori oggi. Perché avrei potuto abbattermi definitivamente, completando a mio discapito il lavoro iniziato dall’ictus; invece m’incazzai. Non con qualcuno o qualcosa, ma con me stesso, incapace di immaginarmi diverso da quello che ero stato fino ad allora. Vi risparmio il tragitto, perché tredici anni son lunghi, e arrivo a oggi. La crescita dei miei figli? Matteo ha saputo venir fuori con le sue forze da un tunnel in cui io mi sarei smarrito (complimenti!), Pietro è andato a Bruxelles per trovare la sua strada (cazzo, che coraggio: complimenti!) e Martina cresce che è uno spettacolo (complimenti anche a te!). Non mi riconosco meriti nelle loro imprese, ma io c’ero ad ammirarli, a spronarli, a confortarli quando necessario. Punto due: l’utilità nell’ambito della vita. Ho amici e amiche per i quali mi sveglierei pure di notte (e lo farebbero anche loro, credo), ho amato riamato, ho riso, pianto, imprecato ed esultato. Ho vissuto sino in fondo ogni singolo minuto che mi è stato regalato. Come se non bastasse, la vita ha voluto stupirmi anche sul piano professionale, il che non era facile perché un vecchio trombone come me, arrivato alla mia veneranda età, è più incline a pensare al passato piuttosto che al futuro. E invece, bang, la vita mi propone proprio oggi, a 60 anni, una nuova sfida. Domani, in edicola, Stadio si presenterà con otto pagine in più dedicate a Bologna e zone limitrofe. E così capiterà tutti i giorni, escluso il lunedì (tranne domani, appunto…), fino a quando la gente mostrerà di gradire questo ottavino in aggiunta. Lo curerò io, ben supportato dal fantastico gruppo di 1000CuoriRossoblù, ragazzi in gamba che mai si sono cimentati sulla carta stampata. Un vecchio sciancato e un manipolo di debuttanti per ribadire che Bologna ha un suo giornale sportivo ed è ora di rinsaldare il rapporto: non è divertente la vita? Se me lo aveste ipotizzato tredici anni fa, vi avrei preso per pazzi. Oggi magari i pazzi siamo noi, che crediamo nel nostro lavoro e faremo di tutto per contagiarvi con il nostro entusiasmo. È strano parlare della bellezza della vita mentre una giovane donna è costretta ad andarsene e tante altre persone soffrono, ma è giusto farlo: Nadia, ne sono sicuro, sarebbe d’accordo.

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